14 dicembre 2009

PIAZZA FONTANA. MILANO VECCHIA E VIOLENTA


Che cosa sta succedendo a questa città, sabato in Piazza Fontana e domenica in Piazza del Duomo? Stiamo chiudendo l’anno nel peggiore dei modi e non bisogna lasciarsi tentare da giudizi a caldo: solo qualche considerazione. Milano è una città anagraficamente troppo invecchiata e in questo invecchiamento si è aperta la forbice tra giovani e vecchi: meno giovani ma molto irrequieti e molti vecchi sempre più attaccati ai loro stili di vita, insicuri e refrattari al cambiamento ma anche pieni di rancore.

In Piazza Fontana, un episodio breve ma drammatico, si è visto di tutto: da un lato una manifestazione ufficiale di poche centinaia di persone prevalentemente di mezza età e dall’altro un corteo di qualche migliaio per lo più di giovani. Una sola cosa li univa: la rabbia verso i rappresentanti del potere, verso i rappresentanti della politica. La cronaca non è ancora completa e i punti di vista divergono come sempre ma non è questo il problema. Le risposte da città vecchia per Milano non sono una cosa nuova: quel poco che si sa sull’esito del sondaggio sull’Ecopass – uno scarso gradimento dei Milanesi se non addirittura un’aperta ostilità – sono una risposta da vecchi, sono la risposta di chi non crede e non pensa al futuro, al destino dei propri figli e nipoti, di chi non vuole fare qualche rinuncia o sacrificio a favore di nessuno.

I popoli più giovani, vediamo oggi India, Cina e Stati Uniti, con fatica si stanno avviando verso la strada difficile di salvare il pianeta: se questa politica avrà successo i benefici non toccheranno i vivi di oggi, chi l’ha promossa, ma i loro figli, i loro nipoti. Il continuo tentennamento – un passo avanti e due indietro – ogni volta che si deve prendere una decisione in materia di tutela ambientale scoraggia i giovani. Il disprezzo e la cieca animosità verso gli immigrati e la decisione di adottare una sorta di numero chiuso: un’altra decisione non da giovani. Anche la personalizzazione della politica, con il vano tentativo di emersione di leader che si rivelano modesti, non è un aspetto da giovani, non ha fascino, non scalda gli animi ma questa è la Milano di oggi.

Da tutte le parti e in ogni occasione si agita lo stesso fantasma: odio. Odio evocato con la paura, odio evocato col disprezzo degli altri. E anche qui ci bisogna guardare in faccia la realtà. Quando i leader politici indicano se stessi come solitari uomini del destino, come unici decisori delle sorti collettive, in conclusione come uomini della provvidenza, devono sapere che questa medaglia ha il suo rovescio: concentrano su di sé anche il dissenso in tutte le sue forme, purtroppo anche quelle violente e non ammissibili nel consesso civile. Quel che è successo al Presidente Berlusconi non è giustificabile perché, nonostante l’irruenza delle sue parole e i toni di continua minaccia e di scherno nei confronti dell’opposizione e del dissenso, così va di là da qualunque forma di lotta politica civile: noi non possiamo non riconoscerci nella Costituzione e nella garanzia in essa contenuta di libertà di espressione.

La violenza, però, non è solo appannaggio di chi dissente fuori dalle regole della democrazia ma è anche purtroppo manifestazione del poter costituito nelle forme della sua devianza e ne sono piene le cronache, un pessimo precedente: passare dalla violenza delle parole alla violenza dei fatti è un tragitto breve e gli esempi sono sotto gli occhi di tutti. Siamo alle prime battute di una campagna elettorale partita male a Milano e destinata a scavare un solco profondo nella città dove poco si parlerà del futuro e molto del passato, sopratutto del passato ideologico; in tanti, guardando la società di oggi, hanno parlato di scomparsa delle ideologie ma le parole che circolano oggi e che sono gridate dai palchi milanesi sono sempre quelle: comunismo e sinistra, destra e fascismo. Che cosa è scomparso?

L.B.G.



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