9 novembre 2016

VOLONTARI EPISODICI? UNA RISORSA, SE BEN IMPIEGATI

Ce lo dice una ricerca: il caso Expo


L’ISTAT ne aveva tratteggiato la massa numerica. Parliamo di oltre tre milioni di italiani, per la cronaca si chiamano “Volontari Episodici”. Mancava però una visione qualitativa per un fenomeno nemmeno troppo sotterraneo, un incontro insomma, un’occasione per seguire con metodo scientifico e accademico un campione ben preciso di volontari “di questo tipo”. La soluzione? È arrivata da Milano Expo 2015 e dai suoi volontari attraverso un’idea d’analisi proposta da Ciessevi – Centro di Servizi per il Volontariato Città Metropolitana di Milano e da CSVnet – Coordinamento Nazionale Centro di Servizi per il Volontariato.

03bizzini36fbPrima di citare qualsivoglia aspetto “qualitativo” di questa ricerca, durata oltre due anni e pubblicata con il nome “Un nuovo approccio al volontariato: grandi eventi e partecipazione attiva”, è però importante dare un’occhiata veloce ai dati diciamo “quantitativi”.

Lo studio, curato dal professor Maurizio Ambrosini, docente dell’Università Statale di Milano, con un’équipe afferente alle Università di Verona, Università di Pisa e Università Cattolica del Sacro Cuore, ha incontrato e analizzato ex ante, ex mentre, ex post 2376 volontari Expo, il 48% del totale dei 5797 candidati che hanno effettivamente prestato servizio sul Sito (4.975 del Programma Volontari Expo e 822 del Programma Volontari Padiglione Unione Europea), rivelando, tra le tante sfaccettature, che il profilo tipo del “Volontario Episodico” è donna, esattamente il 66% del totale, con un’età media pari a 27 anni e mezzo. Spiccano i risiedenti al Nord (72,6%). Il loro livello di istruzione è medio-alto, infatti la percentuale dei diplomati e laureati è pari al 91,5%. Oltre il 60% dei volontari è studente.

Per quanto riguarda l’analisi della collocazione politica del campione possiamo notare che il 46% ha espresso un atteggiamento non partecipativo nei confronti della politica, solo il 2,5% si considera, infatti, politicamente impegnato e il 25,5% si tiene al corrente e vorrebbe poter dare un suo contributo positivo per migliorarla. A ciò si aggiunge un 22% di volontari che dichiara di avere un atteggiamento politico di forte distacco e si colloca o nella categoria “Non la seguo, non mi interessa” (12%) o nella categoria “Mi disgusta” (10%). Per quanto riguarda invece il tasso di religiosità dei Volontari Expo, il 38% pratica saltuariamente, per esempio solo in occasioni particolari o per le feste comandate, mentre il 22% dichiara di non essere credente ma di partecipare per vicinanza umana a riti religiosi come funerali e matrimoni.

Una successiva fase di rilevazione del gradimento dell’esperienza (Follow-up) ha riconfermato il grado di soddisfazione soprattutto “per aver potuto partecipare a un grande evento”. Un dato che sottolinea quanto sia stata trascinante questa motivazione in particolare. Il 25,3% dichiara di aver inviato la domanda per partecipare a un altro evento nel ruolo di volontario, mentre il 16,9% di aver già partecipato come volontario in uno o più eventi. Quindi oltre un quarto si è concretamente mosso per realizzare l’intenzione espressa in precedenza.

La ricerca, ovviamente, è molto più ampia e questo è solo un piccolo assaggio di un affresco caleidoscopico consultabile fin da subito grazie al relativo libro appena uscito intitolato “Volontariato post-moderno. Da Expo Milano 2015 alle nuove forme di impegno sociale” (edizioni Franco Angeli, a cura di Maurizio Ambrosini). Ma sono proprio le riflessioni dei ricercatori quelle che ci spingono a una necessaria analisi per trovare una collocazione “utile ed efficace” di questo fenomeno sullo scacchiere dell’impegno civico nazionale.

La ricerca, infatti, evidenzia alcuni elementi utili per capire le strategie di avvicinamento e di mantenimento dei “volontari episodici”. In particolare emerge che ci sono nuovi ambiti, rispetto a quelli tradizionali, che intercettano le motivazioni, atteggiamenti e stili di vita di questa categoria. Un motivo di attrazione è, ad esempio, l’attaccamento al proprio territorio e la volontà di fare qualcosa di utile per esso.

Questi dati, però, mettono anche in guardia dal trattare i volontari episodici come un blocco monolitico: non cogliere questo elemento significa perdere la ricchezza del mondo del volontariato, mortificarne le risorse e non valorizzarne la differenza e la creatività. In secondo luogo, i dati ci dicono che i messaggi per promuovere la partecipazione delle persone devono essere diversificati per poter “parlare” alle diverse sensibilità e configurazioni motivazionali, consentendo a ciascuno di “dar voce” ai propri desideri e alle proprie aspirazioni.

Il volontariato episodico, comunque sia, ed è forse il messaggio più importante che esce da questo studio, non si pone in contrapposizione alle forme di volontariato tradizionale, forme indispensabili per garantire interventi sociali duraturi sui territori di riferimento, leggendone le evoluzioni, intercettando bisogni, così capaci come sono di migliorare tanto la società quanto i volontari stessi in azione, ma come una risorsa che, affiancandosi a queste forme, può allargare l’impegno e la cittadinanza attiva a tante altre persone che non si avvicinerebbero facilmente al mondo del Volontariato. Insomma, una risorsa da proteggere, da capire, da valorizzare, non una minaccia da “convertire” in favore a forme stabili d’impegno civico.

 

Francesco Bizzini

 

 



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