26 ottobre 2016

LA FONDAZIONE FELTRINELLI: UN GIUDIZIO

Un intervento molto impattante dagli esiti lontani dalle premesse


L’area dei bastioni di Porta Tenaglia tra i viali Crespi e Pasubio, è stata occupata da modesta residenza dopo la demolizione delle mura spagnole, edifici distrutti dai bombardamenti del ’43. Il PRG del 1953, attento alle aree demolite lungo i bastioni, la destinava con molta coerenza a verde pubblico, come altri terreni simili lungo la circonvallazione: destinazione non si sa perché non attuata per 60 anni, quando l’esproprio di un’area demolita senza edificabilità poteva essere fattibile.

06favole35fbNel 1992 il concorso per l’area Garibaldi Repubblica (consiglio di rivedere il catalogo dei progetti per rendersi conto del disastro dei progetti ispirati al disegno post razionalista e al disegno urbano intellettuale) non la comprendeva, ma il progetto Battisti vi si estendeva prevedendo un doppio filare alberato e la tagliava dando uno sbocco a via Bonnet. Quello Grassi riproponeva il progetto della biblioteca comunale posta in mezzo a piazza Baiamonti interrompendo l’asse Volta-Ceresio, modificando la circolazione, e lungo i bastioni prevedeva un basso edificio rettilineo

Con una variante urbanistica si è prevista l’ edificazione per quest’area e per quella comunale tra le vie Montello e Bastioni di Porta Volta che oltre lo spazio della porta tra i caselli, ne è la storica prosecuzione sul tracciato delle mura.  Il risultato è un enorme edificio, che si inaugura a breve, denominato “fondazione Feltrinelli” che però ne occupa solo un terzo – e questa è un’ottima iniziativa-, finanziato da un’operazione immobiliare per il resto dell’area che verrà occupato dalla Microsoft. Non è dato sapere se senza l’operazione immobiliare ci sarebbero state delle alternative, ma si possono immaginare.06favole35

L’edificio ha caratteristiche molto forti: è lungo 188 metri e alto 32, sviluppato linearmente, con una forte accentuazione dei marcapiani molto sporgenti che ne sottolineano la lunghezza e la monoliticità. Ha una sagoma “nordica” con due falde inclinate, a triangolo molto acuto sopra una base quadrata e facciate totalmente con vetrate di grandi specchiature intervallate da una maglia strutturale molto marcata. Ha facciate lunghe, testate e tetto con disegno omogeneo a campiture di vetro alte un piano, tutte caratteristiche fuori scala e fuori contesto: il Duomo, che è un unicum urbano è lungo 158 metri e più lunga è solo la Ca’ Granda che però è alta meno di 10 metri e ha un’architettura storica. Non ci sono edifici paragonabili in tutto il centro storico.

Se l’architettura moderna giustifica la bigness e l’autonomia formale, deve attuarla fuori dal contesto consolidato storico con cui è comunque contraddittoria. Un avvertimento lo aveva scritto Gregotti temendo un edificio “nord germanico “ come infatti è. Inevitabile è la rilettura oggi, delle frasi elogiative e giustificative pre-opera che cito “frammento di qualità” (frammento di 188 metri?), “ispirato alla semplicità e imponente scala urbana dell’architettura storica milanese” (vorrei trovare gli esempi), ”serialità di Aldo Rossi” (forse in edifici non urbani), “modernità milanese di Gardella, Figini e Pollini, BBPR” (che avevano ben altra scala di intervento e attenzione al contesto). Giudizi a opera finita che mi sembrano incredibilmente immotivati, contradditori con gli esempi citati, senza aggiungere altri commenti, che sarebbero facilmente polemici, ma che lascio al giudizio dei lettori.

Tutto giustificato – a priori – perché gli autori sono Herzog e de Meuron, notissimi architetti di Basilea, di cui sono incondizionatamente ammiratore, per altre opere, la cui firma, posso permettermi di sospettarlo, avrà facilitato la variante urbanistica, come succede spesso per le cosiddette archistar, e le necessarie approvazioni, di cui non conosco contestazioni.

Una nota: gli autori hanno progettato un edificio con le caratteristiche di cui sopra, ma non è una novità, perché hanno ripetuto a Milano la forma della torre St Jakob di Basilea, con la stessa sagoma nordica, tutto vetro, ma con i marcapiani arretrati, solo con altre dimensioni, più alta e corta, ma la strettissima parentela formale è molto evidente e di questo nessuno ha parlato, non penso perché non si conoscesse l’opera.

Operazione con diversi aspetti mancanti o non finiti. L’edificio è stato reclamizzato come trasparente, ma l’esigenza imprescindibile a sud di tende grigie a tutto vetro, la impedirà, e le prove in corso lo dimostrano. Il fabbricato gemello sull’area comunale non sarà edificato (non si doveva operare contemporaneamente?), il grande distributore di benzina resta, e l’area rimarrà a lungo allo stato di campo incolto (!!), per cui non ci sarà l’impatto del doppio corpo ai lati della strada, come porta urbana. Il giardino pubblico – non chiamiamolo parco – da 15.000 mq non c’è e per essere realizzato pare necessiti di una bonifica che deve fare il Comune. Si inaugura senza il percorso ciclo pedonale e il giardino previsti a sud che non ci sono ancora.

In testa ci sono i casellini, in verità modesti, del Berruto. Quello est è sommerso dalla dimensione della testata che lo sovrasta, e in convenzione mi sembra si sarebbe dovuto prevedere, come minimo, di restaurarli entrambi o almeno di pulirli dallo smog che li deturpa, per dargli un minimo di dignità adeguata al nuovo palazzo.

Infine l’intervento è totalmente a se stante e non prevede una soluzione ai problemi viabilistici della zona, molte volte discussi in tutti questi anni, tra diverse soluzioni, di cui la minimale era il taglio in corrispondenza all’uscita della via Bonnet e la gestione con alcuni sensi unici della viabilità al contorno.  Ci dovrebbe essere un parcheggio pubblico, di non so quali dimensioni: quello previsto da Grassi ventiquattro anni fa, era per 750 auto.

Pare saranno messi in evidenza alcuni lacerti delle mura spagnole, comunque modestissimi, bene, ma nel disegno si poteva lasciare traccia planimetrica dell’ antico tracciato e del cavaliere che fronteggiava via Maroncelli, percorso storico (via della Boscaiola, per Affori) che usciva dalla corrispondente pusterla, come si fa, direi normalmente, nel disegno degli spazi pubblici. L’opera ce la terremo per i prossimi secoli: nel breve vedremo almeno se l’impatto sociale sarà positivo.

Paolo Favole



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