19 ottobre 2016

AREXPO. QUEI 2,8 MILIONI E LA STRATEGIA DELLO “STOP-DOWN”

Un’occasione di crescita per le professionalità del Paese


Giuseppe Bonomi, amministratore delegato di Arexpo, la società proprietaria delle aree di Expo, nel corso di una Commissione Consigliare in Comune la settimana passata ha detto di voler bandire una gara internazionale del valore di 2,8 milioni di euro per la scelta di un “advisor” per supportare Arexpo nella redazione del “masterplan” relativo al Parco della Scienza, del sapere e dell’innovazione che dovrà nascere su quelle aree secondo linee guida già individuate. La notizia merita qualche riflessione che vorrei offrire ai nostri lettori.

01editoriale34fbInnanzitutto cosa è un masterplan. Si tratta di un documento che riguarda l’utilizzo di un territorio, documento del quale si dota un soggetto generalmente pubblico per definire il panorama degli altri soggetti coinvolti, di quelli interessati, delinea possibili o auspicabili utilizzi, descrive le procedure amministrative necessarie, individua le grandi linee progettuali, i costi, i ritorni, il tutto con l’obiettivo di ottenere l’assenso e l’approvazione delle autorità competenti.

Non è uno strumento cosiddetto “prescrittivo”, non ha dunque valore nel confronto di terzi, è assolutamente volontario e potremmo classificarlo come strumento di consolidamento e di descrizione di una strategia di politica urbanistica.

Per queste sue caratteristiche particolari non ne troviamo traccia né nel Codice degli appalti né nelle norme concernenti le tariffe professionali e dunque i compensi da corrispondersi a chi provvede alla redazione di un masterplan sono del tutto discrezionali. Per giudicare se il compenso ipotizzato sia equo o meno bisognerà  aspettare la pubblicazione del bando e capire meglio di che tipo di advisor si è alla ricerca e che compiti gli si vuole assegnare.

Sulle ipotesi di utilizzo delle aree ex Expo già alcuni advisor o società di ingegneria si erano fatte avanti offrendo spontaneamente a titolo gratuito prime ipotesi e in qualche modo candidandosi. Caliamo un pietoso velo invece sull’incarico affidato a seguito di un bando vinto  nel 2015 al Gruppo Arcotecnica Spa e F&M Ingegneria Spa, incarico dato e poi maldestramente revocato.

Chi salterà adesso fuori dal cilindro del bando Arexpo? Dipenderà da quanto alta sarà l’asticella delle condizioni per essere ammessi a partecipare al bando e l’altezza dell’asticella diventa un discrimine che nella maggioranza dei casi favorisce grandi gruppi internazionali: scelta poco coraggiosa – mi copro le spalle ed evito decisioni scabrose – e contraddittoria rispetto alla politica di sviluppo del Paese.

La legislazione vigente nel settore dalla pubblica amministrazione prevede che prima di affidare incarichi all’esterno si debba accertare che non vi siano risorse interne utilizzabili e per analogia credo che questo debba anche essere il criterio di chiunque utilizzi denari o risorse pubbliche a qualunque titolo e in qualunque occasione, ovviamente nel rispetto delle norme comunitarie in materia di spesa pubblica. Il problema si sposta dunque sull’altezza dell’asticella, determinata dai requisiti di partecipazione a un bando, per non escludere, di fatto, risorse locali. Anche se non si vuole seguire questo criterio mutuato dalla pubblica amministrazione, vi è una ragione di politica economica.

Così come avviene nell’appalto di opere pubbliche, l’innalzare i requisiti di partecipazione ai bandi – spesso artificiosamente o definirli precostituendo un vincitore, casi finiti nella cronaca giudiziaria – va contro la legge ma soprattutto contro gli interessi della crescita economica generale. Questo riguarda anche le attività professionali e impedisce la nascita e la crescita di società di professionisti o di raggruppamenti momentanei, anticamera di una futura strutturazione societaria. Questo genere di politica è esattamente all’opposto di quello che si cerca di fare oggi con le start-up: siamo di fronte a una politica che chiamerei di “stop-down”.

Ci dobbiamo allora aspettare inesorabilmente l’arrivo di un advisor multinazionale? Tanti ne abbiamo visti arrivare e poi appoggiarsi quasi esclusivamente a risorse locali, dotate di migliore conoscenza delle realtà e delle condizioni nelle quali si deve operare ma relegate al ruolo di manovalanza intellettuale.

Un’ultima notazione tanto per completare il quadro. Pare che la valutazione dell’incarico all’advisor sia fatta per analogia alle tariffe professionali per incarichi di pianificazione territoriale sulla base di una percentuale del valore delle aree interessate. Ma qual è il valore delle aree di Arexpo? Certo non quello attorno ai 300 milioni che vide andare deserta un’asta e probabilmente oggi è vicino allo zero, sia perché, per esempio, l’Università Statale le vorrebbe gratis sia perché ci sono ancora da conteggiare gli oneri delle demolizioni e del completamento delle bonifiche a prescindere dalla pretesa di addebitarle agli originali proprietari, tra i quali anche Fiera Milano. La vicenda poi dell’acquisto di quelle aree l’abbiamo già descritta: un caso di danno erariale per insipienza.

Quando tra qualche lustro la vicenda Expo e post Expo sarà finita, bisognerà che qualcuno ne scriva la storia: il tanto biasimato passato forse insegnerà qualcosa ai futuri amministratori.

Luca Beltrami Gadola

 



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