19 ottobre 2016

la posta dei lettori_19.10.2016


Scrive Giovanni Simonis su via De Amicis 31 – L’edificio di via De Amicis 31 (articolo di Pierfrancesco Sacerdoti) non era una importante opera di architettura, solo una dignitosa e preziosa testimonianza dell’understatement della Milano dell’epoca di poco successiva al Porta ed allo Stendhal, epoca del Manzoni, dei moti di indipendenza… “Nissun ascolta / quele vose disperse / le vose perse / che ricorda una volta” (Biagio Marin citato da Guido Bezzola ne “La vita quotidiana ai tempi di Stendhal“). Milano distrugge la propria memoria con architetture presuntuose ed arroganti.

Scrive Walter Monici su via De Amicis 31 – Grazie a Pierfrancesco Sacerdoti che sottolinea questo ennesima distruzione della memoria storica di Milano. Non riesco più neppure ad accusare la speculazione edilizia perché agli imprenditori è chiaro che il tessuto storico valorizza gli immobili, ma a questo punto accuso proprio gli architetti, la cultura dello spettacolo, il culto della personalità che ha consegnato pezzi di città in mano a cosiddette archistar diventate famose proprio per la loro protervia. Anche quelli che forse si pentono delle proprie scelte passate, come Piano il cui Beaubourg di Parigi, visto oggi appare per quello che è: un ammasso di cemento e forme sgraziate, un pugno in un occhio, un insulto al paesaggio urbano in cui il preesistente edificio delle Halles si inseriva invece benissimo e che sarebbe oggi se si fosse salvato, un punto di attrazione meraviglioso. Compito degli architetti oggi dovrebbe essere quello della salvaguardia, della mimesi, della riscoperta dei modi e degli stili classici, dell’adeguamento al contesto, perché è solo nella conservazione del passato che le città europee trovano il loro motivo di interesse per il turismo internazionale, non certo riproponendo squallidi edifici modernisti all’interno del tessuto storico. Questo è stato ben capito dalle città europee che hanno ricostruito i propri centri storici “come era e dove era”. Londra ha scelto una strada diversa, ma ne pagherà le conseguenze nel tempo l’essersi trasformata in un parco divertimenti. Tornando a Milano noto che operazioni di questo tipo stanno invadendo tutta la città, con architetti disposti a tutto pur di affermare la propria smania di protagonismo. Io riconosco la mia impotenza ma dico vergogna.



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