12 ottobre 2016

QUANDO I CITTADINI SANNO COME VOGLIONO LA LORO CITTÀ

I desideri semplici e gli addetti ai lavori


Gentile ArcipelagoMilano, siamo le signore Pina e Tina evocate durante l’incontro del 4 ottobre da voi organizzato alla Sala del Grechetto Palazzo Sormani sul futuro degli scali ferroviari milanesi. È stato Stefano Lo Russo, ex assessore all’urbanistica di Torino, e ora presidente della Commissione politiche abitative, urbanistica e lavori pubblici dell’Anci nazionale, a introdurre, anche se troppo brevemente, il difficile tema della partecipazione di cittadini e cittadine alle scelte che riguardano il futuro delle città. Chiamando in causa la “signora Pina” quale esempio dell’incapacità della persona qualunque di venire coinvolta in progetti complessi.

06grazzini_bradolin33fbA questo punto ci siamo sentite noi le Pine e le Tine di turno. Cioè le cittadine attive che vorrebbero essere messe in grado di partecipare con i loro sogni e le loro proposte a inventare una città diversa. Che fino a qui è stata programmata, come ripetuto in vari interventi, in genere secondo le logiche clientelari e immobiliaristiche. Con il “pubblico” piegato agli interessi del privato.

In particolare siamo le signore Pina e Tina del Comitato la Goccia, interessato soprattutto ma non solo allo scalo Farini, uno dei luoghi al centro del dibattito alla Sormani. Non siamo né architette né urbaniste né paesaggiste, ma non per questo siamo sprovvedute. Da quattro anni a questa parte ci siamo impegnate, abbiamo continuamente studiato e approfondito. Fino al punto di decidere di partecipare al ricorso al Consiglio di Stato, per bloccare la distruzione del primo lotto della Goccia conseguente alla “bonifica”, che abbiamo impugnato, perché non era stata attuata la indispensabile analisi di rischio. Il Consiglio di Stato ha infatti sospeso i lavori.

Pur non essendo professioniste dunque non siamo analfabete, e quando ci è stata data la possibilità di seguire un corso al Politecnico sui “brownfield” ci siamo utilmente impegnate. Ma non c’è bisogno di lauree o dottorati per scandalizzarsi quando qualche illustre professionista dice, come abbiamo sentito nel suddetto incontro, che Milano non si può permettere grandi spazi verdi perché se no gli immigrati se ne impossessano. Discorso da lasciare alla destra populista.

Noi che siamo Pina e Tina di altro tipo, attente al bene comune, alla solidarietà, all’ambiente, abbiamo imboccato la strada costruttiva della partecipazione quando finalmente, su pressione dei cittadini di Zona 8 e 9, il Comune di Milano ha lanciato un workshop sul futuro della Goccia durato diversi mesi del 2015. Siamo quasi alla fine del 2016: che ne è dei risultati di quel lavoro?

Eppure è stato un periodo appassionante che ha permesso a noi, associazioni, comitati, gruppi e singoli cittadini, di esprimere la scelta di mantenere a parco tutta l’attuale estensione di verde della Goccia (grande quasi come il Parco Sempione!) tranne l’archeologia industriale delle ex Officine del Gas da recuperare, dove spicca il gasometro, detto Torre Eiffel della Bovisa. Permettendo di ricostruire esclusivamente sulle piattaforme di cemento rimanenti.

Zero consumo di suolo! È qualcosa che le Pine e le Tine sembrano capire meglio di troppi architetti e urbanisti. Nel nostro piccolo, insieme al Comitato la Goccia, abbiamo in mente un Central Park che metta in comunicazione il verde a nord di Milano, attraverso la Goccia e lo Scalo Farini, con i grattacieli di Porta Nuova.

Perché Pina e Tina vorrebbero poter andare e tornare, dalla periferia al centro, in bicicletta o a piedi per respirare ammirando la successione delle stagioni, per correre, per giocare a palla con figli e nipoti e partecipare a eventi all’aria aperta, e … e … e … .

Certo le signore Pina e Tina possono sentirsi indifese nei confronti degli esperti azzeccagarbugli che spiegano tutto per non spiegare niente, e della burocrazia che ostacola la trasparenza necessaria. Mentre sono perfettamente in grado di capire e condividere ragionamenti di buon senso quale quello, a chiusura dell’incontro del 4/10, che illustrava il progetto delle Rotaie Verdi.

Infatti Tina e Pina hanno viaggiato, e visto coi loro occhi le trasformazioni a verde, spesso anche spontaneo e mantenuto tale, attuate a New York, a Parigi e a Berlino di ex tratti delle ferrovie e di aree ex industriali. E osano non solo suggerire, ma pretendere da chi ha in mano le sorti di Milano altrettanta simpatia per la natura, altrettanta creatività, competenza e lungimiranza.

Francesca Grazzini e Luciana Bordin

 



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