5 ottobre 2016

MILANO: GLI ERRORI COSTANO. NON FARLI È GRATIS

Quel poco o forse tanto che manca alla città “smart”


Un lettore mi ha criticato, e non è né il solo né sarà l’ultimo penso, dicendo che sono un pessimista ipercritico (o supercilioso dico io, aggettivo ormai desueto) e più incline a dire di no che di sì. Ripensandomi direi che quasi sempre sono invece “rammaricato” perché vedo in città cose che non vanno, inspiegabili, irritanti e me ne domando la ragione, ovviamente non della mia irritazione ma pensando a quanto poco ci vorrebbe perché tutto filasse liscio. Mi ritrovo dunque spesso d’accordo con molte delle “lettere al giornale” pubblicate sulle pagine milanesi dei principali quotidiani e, però, l’essere in numerosa compagnia non mi rallegra, anzi.

01editoriale32fbQualche giorno fa un giornalista milanese di lunga lena, al quale confessavo questo mio malumore, ha aggiunto una considerazione: “Fino a qualche anno fa, quando un giornale criticava l’amministrazione, la risposta, o per meglio dire la reazione, era quasi immediata.“. Oggi invece ci si trova spesso di fronte a un muro di gomma. Come dicono i francesi ”fin de non-recevoir”. Questo delude e indispettisce.

Veniamo però al dunque, all’episodio più clamoroso, cominciando dalla sconcertante vicenda della M4, vissuta dalla città prima con entusiasmo poi come un’inesorabile sciagura alla quale conviene rassegnarsi. Quello che però la gente non capisce proprio è perché alcune aree transennate, cintate e sottratte al traffico automobilistico e alla sosta dei residenti non vengano immediatamente interessate da lavori o da concrete e inderogabili opere di cantiere ma lentamente diventino solo ricettacolo di sporcizia o deposito di modeste attrezzature e di manufatti dei quali evidentemente non c’era grande urgenza di impiego.

I disagi per i cittadini aumentano di giorno in giorno malgrado e nonostante l’attività di comitati le cui richieste non sempre possono essere accolte, vista le sciagurate scelte fatte sia nel modificare il percorso previsto dal primo progetto (minor coinvolgimento delle aree di San Babila) sia dal punto di vista della tecnologia impiegata. E di questo parleremo ancora. Tuttavia le richieste dei comitati accolte dimostrano come sino a quel momento non si fosse cercata la strada del minor disagio e del minor danno.

Alcuni lavori, anche non contigui ai cantieri, riguardano spostamenti delle cosiddette sottostrutture (acqua, gas, fognature e reti di tutti i tipi) collegati ai lavori della M4. Alla fine del 2011 – vinte le elezioni – la giunta Pisapia, l’assessore e i tecnici comunali, la MM, l’AEM e l’Atm sapevano che ci sarebbero stati i lavori della M4: perché aspettare sino ad ora per predisporre gli spostamenti dei sottoservizi, il tutto in attesa dei veri lavori di scavo?

01_edit-foto-101_edit-foto-2Già che ci siamo parliamo dei lavori sotto i marciapiedi: una leggenda metropolitana. UNARETI, la nuova società messa in piedi da A2A per la gestione delle sue reti, sta facendo molti lavori in città. La società sarà tutta nuova ma le vecchie abitudini rimangono: del disagio dei cittadini nessuno si preoccupa.  Scavi che rimangono aperti per mesi senza che nessuno ci lavori se non per poche ore e a distanza di settimane. Si poteva organizzare meglio? Fare più in fretta? Non saprei dire ma certo si possono coprire provvisoriamente tutti gli scavi con le stesse lastre metalliche che sono usate per mantenere agibili i passi carrai, senza costringere i pedoni a tornare sui propri passi quando incontrano, in quel poco spazio che resta sui marciapiedi, un passeggino o un disabile in carrozzella. Non parliamo poi dei negozianti che vedono difficile l’ingresso ai loro negozi e le vetrine penalizzate.

Che qualcosa resti scoperto però non è male, così posiamo vedere come questa città affronti il problema delle reti nel suo sottosuolo, non avendo mai voluto affrontare seriamente il problema dei cunicoli per sottoservizi: marciapiedi sottosopra e sicurezza delle reti pari a zero.

Per tornare alla M4, l’intero traffico della città è sconvolto; il traffico è canalizzato verso vie già cariche o dove la sosta consentita lungo i marciapiedi non si può togliere per non suscitare la rivolta dei residenti. Qualcuno aveva fatto la simulazione sulle deviazioni del traffico? Esistevano analisi origine e destinazione nelle strade che si sarebbero chiuse? Se non c’erano, cosa probabile, dal 2011 a oggi non si potevano fare?

Per concludere penso proprio che il problema delle ricadute negative, a cominciare da quelle sul traffico, delle ricadute economiche pure negative (indennizzi, mancato gettito fiscale da ridotte attività economiche), dell’inquinamento da rallentamento del traffico per non parlare degli inconvenienti diretti dei cantieri, non siano stati valutati con sufficiente attenzione ma soprattutto non si sia pensato seriamente a una loro attenuazione.

Chi doveva pensarci? È una bella domanda. L’assessorato al traffico? Quello dei lavori pubblici? La MM? Una volta se ne sarebbe occupato l’Ingegnere Capo del Comune che coordinava tutte le attività tecnico edilizie sul territorio comunale ma questa figura fu abolita, penso negli anni ’80: faceva ombra agli assessori essendo una sorta di autorità superiore, meglio sbarazzarsene.

Nelle città bene amministrate questo sarebbe il ruolo del city manager alla francese: un dirigente che si occupa del buon funzionamento della città. Anche qui si tratterebbe di una autorità “superiore”. Meglio lasciar perdere ed evviva lo spezzatino burocratico?  Non fare errori non costa nulla, farli invece sì: soldi, irritazione dei cittadini, argomenti da cavalcare per l’opposizione.

Luca Beltrami Gadola

 

P.S. Con questa premesse vogliamo riaprire i Navigli?

 

 

 

 

 

 



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