5 ottobre 2016

ACCORDO DI PROGRAMMA PER GLI SCALI FERROVIARI

Un’ipotesi di business-plan credibile prima di decidere che fare


Prima dell’elezione del nuovo sindaco il Consiglio comunale di Milano ha sospeso la decisione sull’Accordo di programma tra Comune, Regione e Ferrovie, sulla destinazione urbanistica degli scali ferroviari dismessi. La discussione era iniziata nel 2007, ma gli scali erano in buona parte dismessi da circa trent’anni. Oggi la domanda è: si ridiscute tutto in un’ottica più ampia di tipo metropolitano (Beltrami Gadola) o si riattiva l’iter dell’Accordo di Programma (AdP), eventualmente con qualche modifica (Oliva)? L’INU chiede pareri. Farò alcune considerazioni e dirò cosa farei se fossi il Sindaco.

03targetti32fbPremessa – Se la discussione sugli Scali ferroviari iniziasse oggi, chiederei senza dubbio che il destino di oltre un milione di mq. collocati sull’anello ferroviario di Milano, cuore della rete ferroviaria della Lombardia e della Nazione, fosse deciso in un’ottica quanto meno metropolitana e regionale. Queste aree, che da oltre un secolo sono pubbliche (1905, nazionalizzazione della rete ferroviaria), andrebbero riservate prioritariamente a funzioni di livello sovra comunale. Ma la scala metropolitana è estranea agli interessi reali della politica. Tutta la “riforma” Delrio e la riforma costituzionale che ne è il suggello, marginalizzano la scala di governo intermedio, anche per le città metropolitane. I capoluoghi restano i decisori delle questioni rilevanti e anche in questo caso dobbiamo confrontarci con le scelte urbanistiche fatte dal comune di Milano in un’ottica urbana.

Dimensione urbanistica – L’Accordo di Programma (AdP) prevede nuovi edifici per 674.000 mq di superficie lorda di pavimento (Slp); di questi il 23% circa è di edilizia sociale, parte in vendita a prezzo agevolato (13% circa) e parte in affitto (10% circa). L’AdP prevede inoltre l’ammodernamento delle stazioni lungo l’anello ferroviario, 545.000 mq di verde e la ricucitura dei tessuti urbani circostanti agli scali. I nuovi edifici potranno ospitare circa 9.000 unità immobiliari (75 mq circa di Slp di media) e poco più di 22.000 abitanti/posti di lavoro (30 mq /abitante o posto di lavoro), pari a 900 unità immobiliari e 2.200 abitanti all’anno per dieci anni, arco temporale dell’operazione. Non è poco ma è una dimensione compatibile con il mercato di Milano città che ha registrato 18.000 compravendite residenziali nel 2015 e 11.000 circa nel primo semestre del 2016 (Agenzia delle entrate). L’edilizia in affitto sarà circa il 10%, poco più di 2.200 abitanti, pari a 900 alloggi, che coprirebbero il 4% circa delle 23.000 domande in lista d’attesa per l’edilizia pubblica (la composizione sociale e di reddito degli utenti dell’edilizia sociale e dell’edilizia pubblica non è esattamente la stessa).

Se il bilancio economico ipotizzato in seguito è corretto, si potrebbe ottenere una quota maggiore di edilizia sociale (Negli anni ’60, nelle grandi città, all’edilizia economica e popolare andava riservato per legge il 40% delle nuove aree edificabili). 545.000 mq di verde e aree a servizi sono una buona dotazione (circa 0,4 mq di verde in più per 1.360.000 abitanti di Milano) ma soprattutto possono costituire potenziali collocazioni di nuove funzioni pubbliche. Infatti le destinazioni funzionali sono indefinite e nessuna funzione rilevante è prevista dall’AdP.

Una buona operazione di rigenerazione urbana; un’occasione mancata di riorganizzazione metropolitana.

Bilancio economico dell’operazione Accordo di Programma Scali – Nel dibattito mi pare sia mancata una valutazione economica completa dell’operazione. Ne tenterò una necessariamente superficiale, sulla base dei dati della relazione alla Commissione urbanistica del Consiglio comunale di Milano, pronto ad accogliere rettifiche ben argomentate.

Per la valutazione economica dell’operazione si assumono due condizioni. Si ipotizza che l’edilizia sociale sia in pareggio, ovvero che gli affitti e le vendite a prezzo convenzionato remunerino il capitale della pura costruzione, facendo gravare interamente i costi di approntamento delle aree e di urbanizzazione sull’edilizia libera (in realtà il prezzo convenzionato calcolato dai comuni remunera anche gli oneri e il costo dell’area).

Inoltre si considera il costo dell’area pari a 0, indipendentemente dalle postazioni del bilancio di RFI, in quanto l’area è stata trasferita gratuitamente dallo Stato a RFI e comunque è stata ammortizzata in oltre un secolo d’uso.

Non tento neppure una valutazione degli aspetti fiscali. Tuttavia anche questi dovrebbero essere considerati nel bilancio dell’operazione, in termini di distribuzione tra Stato e Comune e in termini di trasferimenti una tantum – Iva, registro, ecc. – o correnti IMU, ecc.

I costi di intervento – I costi di approntamento delle aree e di urbanizzazione ammontano a circa 725 milioni di €. (1) Il costo di realizzazione degli edifici a mercato libero ammonterebbe a € 830 mil. €, ipotizzando un costo di 1.600 € /mq di superficie lorda di pavimento (Slp) per la costruzione di edifici in classe A, spese tecniche e finanziarie, esclusi gli oneri e il costo delle aree (2). Il costo totale dell’operazione sarebbe quindi di 1.555 milioni € (725 mil. € + 830 mil. € = 1.555 mil. €).

Ricavi – In coerenza ai suesposti criteri di valutazione i ricavi sono calcolati solo sull’edilizia libera pari a 518.000 mq di Slp (3). Il prezzo al mq. commerciale di appartamenti di edilizia nuova, in zona Farini, secondo la valutazione dell’Agenzia del territorio, è di 4.400 €/mq. La superficie commerciale di vendita è mediamente pari alla Slp x 1,2. Pertanto, mq 518.000 x 1,2 x 4.400 €/mq = € 2.735.040.000. Il ricavo totale dell’operazione arrotondato, ammonterebbe quindi a 2.735.mil. €. Il margine totale ammonterebbe a €1.180 mil. in dieci anni (4).

Naturalmente parametri e criteri della valutazione possono essere discutibili. Il mercato, al perdurare probabile della crisi economica potrebbe non rispondere (in realtà le posizioni medio alte non hanno subito riduzione di prezzi e di compravendite) e la valutazione dell’Agenzia del territorio potrebbe essere solo teorica. Tuttavia una valutazione economica completa dell’operazione, trattandosi oltretutto di una società di proprietà pubblica, dovrebbe far parte della discussione politica e amministrativa. Infatti non è sbagliato che una società pubblica valorizzi il proprio patrimonio che ripeto è pubblico, ma sarebbe bene che la dimensione degli utili e il loro successivo impiego fossero trasparenti.

Che farei se fossi il Sindaco – Dunque che farei se fossi il Sindaco? In pochi punti.

La pianificazione generale – Se fossi il Sindaco, contemporaneamente alla ripresa della discussione in Consiglio comunale sull’AdP  Scali, darei il via alla revisione del Documento di Piano (DdP) del Piano di Governo del Territorio (PGT) e alla formazione del Piano Territoriale Metropolitano (il PTM previsto dalla legge nazionale) come un’unica iniziativa politica e amministrativa, e istituirei un unico Ufficio di Piano per il PGT e il PTM.

L’operazione andrebbe condotta confrontandosi con la Regione che deve a sua volta rivedere il Piano Territoriale regionale e per legge deve concordare con la Città metropolitana le strategie per l’Area metropolitana. Primo tema di discussione le funzioni rare che potrebbero essere collocate sulla rete del ferro, compreso l’anello ferroviario centrale e gli Scali.

L’Accordo di Programma (AdP) – Se fossi il Sindaco manterrei in vita la procedura dell’Adp cioè non interromperei il processo decisionale e burocratico (una palla al piede della nostra democrazia e della nostra economia) ma chiederei un piano finanziario dell’operazione e proporrei modifiche. Introdurrei ampi margini di variabilità sia per le destinazioni delle aree pubbliche ma anche per le destinazioni della Slp “privata” per accogliere le scelte future della pianificazione metropolitana, ribadendo che secondo la legge urbanistica regionale i diritti volumetrici sono sanciti dai Piani Attuativi e non dal DdP del PGT (L’AdP è un atto che integra il PGT). Chiederei infine di aumentare la quota di edilizia sociale i cui programmi attuativi potrebbero essere sostenuti anche dallo Stato con riferimento al recente accordo per Milano con il Governo.

La “Governance” – La gestione dell’attuazione dell’AdP ovvero la gestione dei Piani Attuativi e dei progetti edilizi è forse più importante dell’AdP stesso. Se fossi il Sindaco, poichè RFI è una società pubblica e il mestiere di RFI sono i treni e non l’urbanistica o la promozione immobiliare, valuterei l’opportunità di istituire un’Agenzia mista tra Comune /Città metropolitana, Regione e Ministero delle infrastrutture, cui affidare le aree, per la gestione delle operazioni urbanistiche e immobiliari, con il compito di ottimizzare l’interesse pubblico, garantire un disegno urbanistico unitario dell’anello ferroviario – Circle line – di adattare i PA alle opportunità e alle necessità che emergeranno dalla discussione ed elaborazione della pianificazione metropolitana e regionale, di garantire la qualità progettuale (concorsi di architettura anche sulle parti private) di realizzare i programmi di edilizia sociale e infine di rendere trasparenti gli esiti economici dell’operazione.

 

Ugo Targetti

 

(1) Oneri di urbanizzazione € 422,9 mil. €; oneri per le infrastrutture della mobilità e trasporti: €105 mil. demolizioni e bonifiche €194,2 mil.: totale € 722,1 mil. arrotondato € 725.000.000

(2) 1.600 € /mq Slp x 518.816 mq di Slp di edilizia libera =  € 830.105.600, arrotondato €830.000.000

(3) 674.000 mq di Slp complessiva – 155.645 mq di Slp di edilizia sociale = 518.355 mq

(4)  € 2.735.000.000 – € 1.555.000.000 = €1.180.000.000

 

IL DIBATTITO SUGLI SCALI

Paolo Favole SCALI FERROVIARI E RESIDENZA

Chiara Quinzii e Diego Terna LA CERCHIA FERROVIARIA E LE NUOVE CENTRALITÀ 

Ugo Targetti ACCORDO DI PROGRAMMA PER GLI SCALI FERROVIARI 

Luca Beltrami Gadola PER GLI SCALI FERROVIARI NESSUNA FRETTA 

Mario De Gaspari SCALI FERROVIARI: IL RUOLO DI MILANO NELL’ECONOMIA DEL PAESE

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