5 ottobre 2016

ELEZIONI METROPOLITANE. COME SI VOTA, POCHI LO SANNO

Anche sul voto molti dubbi


Domenica prossima si vota, pochi lo sanno che il seggio a Milano rimane aperto fino a tardi, alle 23,30, non per la riforma costituzionale per cui bisogna attendere ancora due mesi, bensì per i consigli delle Città metropolitane. Quando il sindaco del capoluogo cambia, la legge impone di cambiare tutto il consiglio metropolitano. A Milano, Roma, Torino, Napoli e Bologna, le principali aree urbanizzate del Paese, che comprendono quasi 14 milioni di abitanti, andranno al voto contemporaneamente il 9 ottobre, come previsto dalla legge Delrio, la n.56 del 2014.

09comero32fbNon ci saranno scuole chiuse e migliaia di seggi in allestimento, per milioni di elettori. Sarà una cosa molto intima, sobria, visto che sono elezioni di secondo grado, che coinvolgeranno 9.810 tra sindaci e consiglieri comunali. A Milano sono 2.025 i grandi elettori che potranno accedere al seggio di Palazzo Isimbardi. Si vota con un sistema elettorale proporzionale ponderato. L’aggettivo ponderato non deve trarre in inganno il lettore, che pensa subito a un sistema ben meditato, fatto con la dovuta attenzione.

Niente di tutto questo, ponderato vuol dire che un elettore non vale uno. Ad esempio: un elettore di un piccolo comune pesa 5 punti mentre uno del comune di Milano pesa 714 punti. Bisogna portare due pullman pieni di consiglieri comunali (di Nosate, Besate, Colturano, Cassinetta, Gudo, Morimondo ecc…) per fare pari con uno del comune di Milano.

Questa è la parte dolente della Delrio. Approvata a fine marzo del 2014, è stata la prima riforma renziana, con l’istituzione a tambur battente delle Città metropolitane e la revisione delle Province. Una legge complessa e anche coraggiosa, che ha fatto compiere un passo importante, atteso da tempo. Il punto critico è il solito, fatta la legge, anche buona, nessuno poi la gestisce nelle difficoltà del giorno per giorno. In questo modo è garantito il risultato negativo. Come se non bastasse, c’è stata la giravolta del Governo con un prelievo forzoso sui conti delle Città metropolitane e Province per delle manovre elettorali, tra cui i famosi 80 euro.

A settembre e ottobre di due anni fa si svolsero le prime elezioni per le Città metropolitane, con la spinta dell’idea di scrivere un nuovo statuto, proposto ai Comuni come la panacea di tutti i mali metropolitani. Una volta fatto lo statuto, è stato evidente che il sistema istituzionale fa acqua da tutte le parti, a cominciare dal fatto che il sindaco metropolitano è per legge il sindaco del capoluogo, non eletto dagli altri comuni. In più i problemi gestionali sono impegnativi e i consiglieri metropolitani devono lavorarci con notevole impegno, a gratis, avendo già una attività politica intensa nel loro Comune.

A molti la soluzione più logica è sembrata quella di ripristinare l’elezione diretta del sindaco e del consiglio metropolitano, ostinatamente impedita da Piero Fassino. Anche Giuliano Pisapia si era espresso a favore della proposta presentata da un gruppo trasversale, depositata in Cassazione nel 2015, per una legge di iniziativa popolare. Così si è arrivati nel 2016 nelle stesse condizioni del 2014, con qualche entusiasmo in meno e i conti dei bilanci in profondo rosso. A Milano sono cinque le liste presentate per il consiglio: “C+” PD e sinistra, “Città dei Comuni” civica e sinistra, “Insieme” con Fi e Ncd, Lega Nord e Movimento 5 Stelle.

Alberto Villa, sindaco di Pessano, consigliere metropolitano e capogruppo uscente per Forza Italia, si ricandida nella lista “Insieme per la Città metropolitana” spera che “dopo un biennio pieno di ombre, il Governo si decida a dare risorse certe alle Città metropolitane. Però, al di là dei soldi, c’è il problema di fondo sulla natura dell’Ente, che deve essere capace di creare sinergie tra i Comuni. Mi auguro anche che il nuovo sindaco Sala sia capace di creare un rapporto anche umano con noi amministratori comunali che siamo in trincea ogni giorno.”

La lista “C+ Milano metropolitana” è data per favorita nella conquista della maggioranza consiliare, come nel 2014. Franco D’Alfonso, ex assessore e attuale consigliere di Milano, è candidato nella lista C+: “La lista è stata fatta sulla base di un documento, che verrà presentato nei prossimi giorni, composto da progetti ben definiti, da fare subito nella prossima consigliatura. Insomma, si cambia sistema, non più su basi generiche. I temi principali sono quelli della mobilità metropolitana, viabilità, lavoro e ambiente, con il riassetto idrogeologico del nord Milano. I Comuni devono vedere un Ente nuovo, più leggero, che non si sovrappone a loro”.

I voti si conteranno lunedì 10 ottobre. Ogni scheda andrà ponderata con il sistema di pesi (5, 12, 21, 36, 66, 714). Dopo di che si capirà se gli amministratori delle varie aree politiche hanno seguito o meno le indicazioni ricevute. Nel segreto dell’urna qualche sorpresa potrebbe materializzarsi. Se la lista C+ non ottenesse una maggioranza netta, c’è da immaginare tutto un altro scenario rispetto al precedente, sicuramente di maggiore confronto tra le forze politiche.

Sullo sfondo ci sono molte altre incertezze, la principale è sulle risorse economiche, che Matteo Renzi si è impegnato con Beppe Sala a risolvere nella legge di stabilità. Rimane comunque un alone grigio su come sono state impostate queste elezioni indirette.

L’avvocato Felice Besostri, l’ammazza porcellum e forse anche dell’italicum, è molto cauto: “Sono state indette delle elezioni in assenza di una normativa elettorale completa, richiamando delle circolari ministeriali, che l’Avvocatura di Stato ha dichiarato non essere normativa vincolante ma suggerimenti dati agli Enti. Non bisogna dimenticarsi che per il nostro ordinamento sugli Enti locali c’è la riserva di legge statale, come imposto dall’art. 117, 2° comma, lettera p, della Costituzione vigente. Articolo che non è soggetto a revisione costituzionale. È vero che la legge Delrio contiene dei pezzetti di legge elettorale, ma questi non sono sufficienti e organici a garantire delle elezioni democratiche, libere e segrete, affidate a organi imparziali. Quindi, esiste la possibilità, non solo teorica, che siano impugnate davanti al TAR”.

Si spera in soluzioni meno conflittuali, a favore di uno sforzo comune volto a migliorare questo sistema istituzionale metropolitano che, così com’è, difficilmente può funzionare bene per cinque anni.

Daniele Vittorio Comero

 



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