28 settembre 2016

LE MILANESI AL LAVORO, IL MEGLIO DEL PAESE, IL MEGLIO D’EUROPA

Una realtà che rende Milano una città diversa  


Un’ampia e innovativa ricerca sul mercato del lavoro milanese promossa quest’anno da Italia Lavoro (1) ci fornisce per la prima volta un quadro dettagliato dei livelli di partecipazione e della distribuzione professionale delle donne che lavorano a Milano, sia residenti in città che provenienti da altri Comuni. L’indagine restituisce l’Immagine di una società femminile attivissima e plurale, in cui convivono donne molto diverse tra loro per generazione, formazione e esperienze di lavoro, e in cui la componente di cittadinanza straniera rappresenta oggi più di un quarto delle occupate. Riassumo qui alcuni dei principali risultati relativi alle residenti tra i 20 e i 64 anni, rimandando al Rapporto di ricerca per un esame complessivo dei risultati.

04zanuso31fbIl Lavoratore milanese è per metà una Lavoratrice – Tra le residenti di 20-64 anni, i tassi di attività superano il 71% tra le milanesi di cittadinanza italiana, e l’80% tra le straniere. La quota di disoccupate è inferiore al 6% e i tassi di occupazione superano il 68%, con punte per le donne adulte tra i 30 e i 44 anni che arrivano all’81,5% tra le italiane, e al 76,4% tra le straniere. Si tratta di livelli di occupazione complessivi ben superiori alla media dei paesi Europei più sviluppati (il 64,3% in EU 15), e incomparabili con quelli medi italiani, dove l’analogo tasso di occupazione è fermo al 50,3%. Il “Lavoratore” milanese è ormai per metà una donna (48%F sul totale occupati residenti), e sono più donne che uomini sia i giovani occupati italiani tra i 20 e i 29 anni, sia i lavoratori stranieri dai trent’anni in su.

Le lavoratrici sono più istruite dei lavoratori – Le occupate milanesi sono più istruite dei coetanei, sia nella componente italiana che straniera, e lo sono tanto più tra le nuove leve del mercato del lavoro, con una percentuale di laureate che supera quella maschile in tutte le età under 45. Tra le italiane hanno almeno una laurea il 60% delle occupate giovani, 20-29 anni, (vs. il 35% dei coetanei) e il 56% tra le adulte. E anche tra i cittadini  stranieri le laureate arrivano al 19% del totale, vs. il 10% degli stranieri di sesso maschile.

La qualità delle professioni : donne e uomini italiani nei lavori della conoscenza, donne e uomini stranieri nei lavori non qualificati – La principale linea di stratificazione che attraversa il mondo professionale delle milanesi non è più quella tra uomini e donne, ma quella tra cittadine italiane e straniere: le prime sono occupate per il 62% nel segmento ad alta qualificazione (vs un analogo 66% degli uomini italiani); le seconde per il 54% in occupazioni non qualificate (vs il 52% degli uomini stranieri), in un range limitatissimo di lavori di servizio domestico alle famiglie, o di servizi di pulizia, custodia, supporto ospedaliero.

Al contrario, e in misura sorprendente, la divisione del lavoro tra uomini e donne è a Milano relativamente bilanciata. Le occupate sono ancora relativamente sottorappresentate nelle posizioni apicali (30%F), più numerose degli uomini nei lavori esecutivi di ufficio, e pressoché assenti nei lavori operai di produzione e trasporto. Ma il dato emergente è che in tutti gli altri grandi gruppi professionali la presenza femminile oscilla ormai attorno alla metà degli occupati.

Nel segmento ad alta qualificazione, in particolare, le donne sono ormai più del 40% degli specialisti e tecnici nelle professioni gestionali, finanziarie, bancarie e di marketing, tra gli ordinari e associati universitari, nel gruppo delle professioni giuridiche e in quelle mediche. E superano il 60% in altri settori professionali centrali nel mercato milanese: tra gli specialisti e tecnici nelle scienze della vita, tra i ricercatori universitari, nelle le professioni editoriali e di comunicazione, tra i tecnici dell’organizzazione e distribuzione produttiva, tra i tecnici della salute.

I tempi e i modi del lavoro: meno della metà delle occupate svolge un lavoro “standard” – Il lavoro dipendente, a tempo indeterminato e a tempo pieno riguarda a Milano una minoranza (48%) del totale delle occupate, e solo la maggioranza, nemmeno troppo alta (59,6%), degli occupati di sesso maschile. Con profonde differenze a seconda della cittadinanza e della generazione di appartenenza. Altissima tra le ventenni italiane l’incidenza del lavoro a termine, del lavoro autonomo o in collaborazione, e di un part-time troppo spesso involontario, che nell’insieme riguardano quasi sette (!) giovani  occupate su dieci; mentre tra le straniere di tutte le età ben il 55% lavora a tempo ridotto, per più della metà involontario, il che nasconde molto probabilmente situazioni diffuse di lavoro grigio. Relativamente più assestate le posizioni delle donne adulte e mature di cittadinanza italiana, per più della metà con lavori a tempo pieno e indeterminato o in posizioni autonome, e con una incidenza di part-timers limitato a circa un quarto delle occupate, in gran parte volontarie.

Lavoro e famiglia: un difficile “doppio sì” – Milano, nonostante una dotazione di servizi pubblici e privati più ampia rispetto alla media italiana, non è una città children-friendly. La condizione di “madre lavoratrice” riguarda oggi meno la metà (48%) delle occupate, e tra le adulte i tassi di occupazione sono sistematicamente più bassi tra le donne con figli, a tutti i livelli di istruzione. Tra le italiane hanno figli conviventi meno di una ventenne su cento, meno della metà delle adulte 30-44 anni, e solo nelle coorti più mature prevale di poco la quota di lavoratrici che convivono con figli propri. Anche tra le straniere, nonostante la fecondità più alta che tra le italiane, hanno figli conviventi solo un terzo delle ventenni, poco più della metà delle adulte, e poco più di un terzo delle straniere di oltre 44 anni, in molti casi single-movers.

In un contesto come quello descritto in cui più dell’80% delle donne adulte lavora; in cui più della metà è impegnata in occupazioni ad alta qualificazione tanto mobili quanto competitive, o viceversa in lavori non qualificati a rischio di discontinuità, e/o a tempo e retribuzione ridotti; e in cui il grosso del lavoro familiare continua a essere svolto principalmente dalle donne, mettere al mondo e crescere uno o più figli è un desiderio e un impegno che tra le giovani in formazione o alle prime esperienze di lavoro tende a essere sempre più differito, e tra le adulte al lavoro evidentemente non tutte e non sempre possono o vogliono realizzare.

Ripartiamo da qui – Le diverse posizioni professionali delle milanesi ci parlano delle condizioni di vita non di una categoria uniforme, né tanto meno di una quota debole del lavoro, ma di una società femminile composita, interrelata e straordinariamente operosa. Oggi le donne rappresentano la metà del capitale umano milanese e degli occupati nelle professioni ad alta qualificazione, e conoscono e praticano quotidianamente – nel tessuto dei rapporti tra donne di diversa generazione e cittadinanza – i confini e gli intrecci tra le diverse attività necessarie alla produzione e riproduzione sociale in un contesto urbano complesso come quello milanese: il lavoro dell’apprendimento, il lavoro professionale, il lavoro di cura retribuito e quello familiare gratuito, tutti essenziali a vivere.

Ripartiamo da qui, senza nasconderci le difficoltà di un lavoro tutt’altro che garantito specie per le più giovani; sulle fatiche del far famiglia lavorando a pieno ritmo o viceversa in condizioni di discontinuità lavorativa; sulle condizioni di disparità alla lunga insostenibili che ancora dividono le opportunità di lavoro di italiane e straniere. Ma anche senza accanirci troppo sui punti percentuali che ancora ci separano da alcune realizzazioni maschili, perché la nostra misura del lavoro non è necessariamente identica a quella maschile.

Vero è che siamo troppo poco presenti ai vertici decisionali, e su questo fronte ogni discriminazione va combattuta. Ma se siamo un po’ meno ingegnere o tecniche informatiche e più spesso scienziate della vita e curatrici di musei dobbiamo sul serio farcene un problema? Quel che è certo è che nel lavoro a Milano le donne ci sono a pieno titolo, “presenti” in massa e in movimento: hanno oggi la formazione, le capacità, e l’esperienza per prendere la parola non solo sul “lavoro femminile”, ma sull’insieme del lavoro che cambia, in una città in trasformazione.

 

Lorenza Zanuso

 

(1) L’indagine è stata promossa da Italia Lavoro nell’ambito del progetto Equipe 2020. Il Rapporto di ricerca completo, dal titolo “A Milano il lavoro è donna”, è consultabile sul sito di Italia Lavoro, con una Prefazione di Antonella Marsala e una Introduzione di Annamaria Ponzellini. Fonte dei dati sono la Rilevazione Istat sulle Forze di Lavoro 2014, e il database di fonte ministeriale sulle comunicazioni relative alle assunzioni e cessazioni di lavoro. Nel suo saggio Roberto Cicciomessere ha sviluppato l’analisi su tutte le donne che lavorano abitualmente a Milano anche quando residenti in altri comuni. Io ho approfondito i dati sul lavoro delle residenti in città, di cui tratto in particolare in questo articolo.

 



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