13 settembre 2016

PROLUNGAMENTI DELLE METROPOLITANE: QUALI, QUANDO, CON QUALE STRATEGIA?

Valutare i progetti guardando alla città complessa e ai suoi futuri assetti


 

All’inizio di agosto è stato annunciato un patto per Milano con il Governo, consistente nella previsione del prolungamento di tutte le metropolitane milanesi. In sé la notizia potrebbe essere positiva, se non altro per l’implicita disponibilità governativa a finanziare, peraltro lasciata totalmente priva di specificazioni. Nel merito, però, l’annuncio suscita numerosi interrogativi.

03goggi29fbI prolungamenti citati sono in gran parte già previsti dal PUMS elaborato dalla precedente Giunta, sorprendentemente adottato ma non approvato, e lo erano anche nel PUM 2000 aggiornato al 2006-2016 (paradossalmente oggi l’unico vigente). Ma nel patto sono inseriti prolungamenti di ulteriori linee, oltre a prolungamenti dei prolungamenti inseriti nel PUMS, che avrebbero avuto bisogno, come minimo, di una profonda e critica riflessione.

Molti di questi sono in grado di ridurre in modo rilevante gli spostamenti automobilistici nel loro settore d’influenza. Tipico è il caso della MM5 a Monza Bettola, che interverrebbe sulla più consistente direttrice di traffico che entra in Milano. Questa è anche l’unica non protetta da un consistente parcheggio d’interscambio, senza la realizzazione del quale l’efficacia della linea verrebbe ridotta. Non basta quindi prolungare la linea, occorre che il piano finanziario comprenda tutte le infrastrutture necessarie.

Alcuni prolungamenti però, pur corretti in logica urbanistica e di trasporto, possono ancora attendere il consolidamento delle linee di cui fanno parte (M5 a Settimo Milanese, M4 a Corsico – Buccinasco, M2 a Rozzano, M4 a Pioltello, quest’ultima meritevole di ben più di un approfondimento critico). Altri interventi, invece, sono del tutto temerari, come la M2 a Vimercate (sostenuta a suo tempo da uno studio di mobilità assai debole, poi provvidenzialmente bocciata dalla Corte dei Conti) e la M3 a Paullo. Prolungamenti per i quali manca la massa di utenza necessaria e che diverrebbero solo forieri di massicce espansioni immobiliari. Talvolta una metropolitana realizzata ove non vi sia un sufficiente flusso di mobilità può fare più danni che benefici.

È singolare, tuttavia, che l’annuncio non faccia riferimento ad alcuna strategia, né a un ordine di priorità o a una qualche scansione temporale delle realizzazioni. Nella situazione in cui si trova Milano, con il PUMS non approvato e con il PGT che aveva voluto modificare la rete delle metropolitane in modo dilettantesco e che non è mai stato adeguato alla corretta rete individuata dai Piani di Mobilità, questa mancanza è piuttosto stridente.

Non resta che sperare che il Consiglio Comunale possa ora conferire al tutto il significato strategico che manca. Questo perché, a mio parere, le trasformazioni della città, indotte da una nuova linea metropolitana, sono di gran lunga più importanti della, pur cospicua, riduzione del traffico. Sono trasformazioni che nessuna analisi costi-benefici potrà mai valutare (nemmeno seguendo le linee guida del 2008 dell’Unione Europea, che amplia il campo dei benefici) e, alla lunga, sono anche le più rilevanti sul piano economico.

A suo tempo, uno studio sulla M3 appena aperta aveva rilevato la gran massa di trasferimenti di attività indotti già nei primi due anni, tali da trasformare completamente la configurazione delle attività e dell’economia dei quartieri coinvolti. Se lo studio fosse proseguito più a lungo, avrebbe rivelato ben altre trasformazioni, oggi ben visibili nella città e nella quantità di spostamenti trasportati (cfr. Airoldi, Jannetti, Senn, The Impact of Urban Structure on the Location of Producer Services, su The Service Industries Journal, 1997).

Questa evoluzione urbanistica, però, deve essere prevista, voluta, inserita in una coerente e partecipata strategia di crescita di Milano e della Città Metropolitana. In merito alla strategia, a costo di ripetermi, devo aggiungere una mia personale delusione: il fatto che si continui a trascurare il secondo passante, l’unica opera che provocherebbe un salto di qualità all’organizzazione urbana non solo della città metropolitana, ma di tutta la Regione. Opera che metterei tranquillamente in cima alla lista.

Conosco le perplessità e le resistenze che esistono, generate prevalentemente da considerazioni non trasportistiche e nemmeno urbanistiche, che ne hanno anche impedito l’inserimento nel PUMS. Tuttavia, se si vuole avere la vista lunga sul futuro della città e dell’area urbana, occorre fare come Londra che sta costruendo Crossrail (136 Km di cui 21 in galleria) e Berlino che ha realizzato il terzo passante, Nord Sud, trasformando la Lehrter Banhof nella stazione centrale del potente sistema ferroviario.

L’area milanese condivide con queste metropoli la taglia, ma non la volontà di essere tale. Il passante milanese sarebbe ben poca cosa in confronto a questi esempi e, in fondo, il timore di non avere le risorse necessarie dovrebbe essere ormai fugato: ci costerebbe poco meno della metà di quanto ci sia costata Expo.

 

Giorgio Goggi

 



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