14 settembre 2016

MILANO, INIZIA LA STAGIONE  

Note sul rientro tra festival e appuntamenti istituzionali


A settembre si riparte, Milano da qualche anno prende la carica con un carnet di festival: dalla Festa dell’Unità al Tempo delle Donne, dal Milano Film Festival a Mi.To. Un festival è per definizione una “festa popolare, spesso all’aperto, con musiche, balli, luminarie” oltre che naturalmente una “serie di manifestazioni e spettacoli, musicali, teatrali, cinematografici”.

09mattace29fbMi.To. e MFF un occhio e un orecchio aperti sul mondo, l’esperienza e il godimento estetico come filtro di conoscenza. Il Tempo delle Donne giunto alla sua terza edizione: una festa dell’unità “laica”, un appuntamento che comincia a sapere di tradizione. Non produce istanze politiche (o non apparentemente così evidenti), ma contribuisce a creare un soggetto politico, che si interroga sul potere, sul desiderio e sull’ambizione. Interroga una ministra e un sindaco, ma in un parterre ampissimo dove forti sono le presenze altre, del mondo professionale e imprenditoriale, e dello spettacolo tante tra artiste e attrici. Si presenta il lavoro fatto, si condivide, si fa festa: si ride si balla si ascolta, il piacere di stare insieme, ritrovarsi, riconoscersi, in un clima rilassato, di festa appunto.

La Triennale accogliente nei suoi tanti luoghi concorre nel costruire le condizioni di riuscita della kermesse del Corriere: diversamente lo scalo di Porta Romana della Festa dell’Unità rimane una “location” manifesto, difficile superare lo slogan (non basta una location glam a fare un luogo, se non si costruisce uno spazio di relazioni, al più rimane un indirizzo), manca ancora tanto progetto, per superare l’idea di un parcheggio attrezzato, stante lo sforzo organizzativo nella proposta dei contenuti. Eppure lo scalo di Porta Romana fa sintesi del recentissimo passato di Milano e ne interpreta il contemporaneo: fulcro di una triangolazione tra Fondazione Prada, il dormitorio Enzo Jannacci e il Talent Garden, diventa crocevia tra le anime e le possibili declinazioni di sviluppo della città.

L’autunno caldo, questa volta lo è davvero, fuor di metafora. Ma non mancano gli argomenti che possano alimentarla, rimanendo in ambito cittadino: l’esodo dei profughi cui dare un primo soccorso, le cattedre scoperte nelle scuole, il servizio di trasporto scolastico per disabili senza copertura, gli impianti sportivi da far ripartire tra spese e manutenzioni straordinarie o meno, la città sottosopra, ribaltata per la linea M4.

Ma il “gran rientro” ci porta in un quadro ancora più ampio, in una cornice di rapporti istituzionali che ci dà da pensare, dove inseriamo il “Il patto per Milano” e il suo senso profondo nei confronti della città-regione, la tensione-confronto con Roma, le elezioni (di secondo grado e quindi ancora più in sordina) e soprattutto il reale destino di Città Metropolitana, il referendum costituzionale, che ci chiede in fondo che regole ci diamo per stare insieme, con che criteri ci governiamo, quale e quanta la distanza tra il cittadino e lo Stato, quanti gli enti “intermedi”, che cosa hanno che fare con me. Non proprio banalità e sempre di sviluppo parliamo.

Sono condizioni quadro molto distanti forse dal quotidiano delle donne milanesi, invitate al Tempo delle Donne a riflettere in questi giorni di sesso amore desiderio (di felicità) con il contro canto della violenza, impegnate a discutere della propria libertà e ambizioni lavorative: questioni legate in maniera profondissima e incandescente come è stato evidente nei giorni di lancio della campagna del “Fertility day”. Un nodo da sciogliere e affrontare, non individualmente, come ci suggerisce anche Bia Sarasini in un recente articolo sul lavoro delle donne, perché non è più tanto e solo un tema di work-life balance al singolare ma occasione per il ripensamento della città e dei suoi processi, dei suoi spazi, della felicità dei suoi abitanti, ripensando lo sviluppo non solo in termini di ricchezza ma anche di valore.

“Quindi asili nido, investimenti in forme elastiche di sostegno a lavori di cura hanno senso se non sono ghettizzati, se non sono appannaggio delle donne che se ne devono occupare in esclusiva, se non vengono considerati nell’ottica della “conciliazione”. Insomma, se fuoriescono dalla logica del patriarcato, a cui il neo-liberismo sembra dare una forma contemporanea. Se fanno parte di processi di discussione dei processi di organizzazione della vita e del lavoro, se investono le città, a loro volta trasformate dal post-fordismo e dal diffondersi del lavoro nelle case. Sono sempre più numerose le donne che mettono al centro delle proprie riflessioni, preoccupazioni e progetti, il complesso legame che intrattengono con la città, sia come amministratrici pubbliche, politiche, professioniste, architette o urbaniste, sia come singole o gruppi di cittadine come per esempio avviene a Madrid e Barcellona”.

Le donne e gli uomini di Milano sono invitati a costruire insieme la loro risposta.

 

Giulia Mattace Raso

 

Immagine tratta da I am Milan, Carlo Stanga, Moleskine



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