20 luglio 2016
GIORGIO ZANCHINI
LEGGERE, COSA E COME. IL GIORNALISMO E L’INFORMAZIONE CULTURALE NELL’AREA DELLA RETE
Donzelli Editore, 2016
pag. 168, € 19,00
Una nuova ricerca sullo strapotere della rete nel diffondere sapere, cultura ed informazione? Un nuovo de profundis sul futuro della carta stampata oramai surclassata dal tablet? Un ennesimo contributo sul “declino e sulla caduta” di ogni forma di intermediazione istituzionale o istituzionalizzata di fronte al dilagare del contributo diretto, immediato, torrenziale, autoreferenziale, frutto del nuovo che avanza?
Il volume di Zanchini è anche questo ma è soprattutto un bilancio netto e leale delle forze in campo, ivi compresa la ricca e agguerrita pubblicistica formatasi negli anni più recenti. A questo proposito particolarmente stimolante è il riferimento all’opera di Marino Sinibaldi, curata dallo stesso Zanchini, uscita nel 2014 per i tipi di Laterza con il tradizionale titolo di “intervista sulla cultura”, in continuazione di una nobile e lunga tradizione dell’editrice barese.
Il tema è succulento e pepato, come dimostra l’analisi che ne fa, da par suo, Alfonso Belardinelli su “Il Foglio” di mercoledì 13 luglio, e ruota intorno a due interrogativi di fondo; in primo luogo vi è la constatazione che “il trionfale disordine” caleidoscopico e tambureggiante dei social sia più aperto, più libero, più egualitario, di ogni precedente forma di immissione, selezione e trasmissione di dati sulla conoscenza sino ad oggi praticata; in secondo luogo sta il fatto di una strisciante contraddizione che vede i nuovi media, che garantiscono di superare in un sol colpo ogni possibile mediazione, continuare essi stessi ad essere, appunto, dei media ancorché privi di qualsivoglia apparente condizionamento.
La questione (nelle sue due forme percepibili) è squisitamente politica (espressione, questa, vecchia di quarant’anni ma buona anche oggi).
Quando, infatti, Zanchini sottolinea che “Il numero dei nuovi attori digitali e di sperimentazione è così alto e così vario, da essere difficile da seguire e lo sviluppo tecnologico non mostra segni di rallentamento“, sembra porre i due fenomeni quasi in una sorta di indomabile interdipendenza, quasi un’autoalimentazione dove la moltiplicazione dell’utenza e la proposta tecnologica, sempre nuova e più varia, sembrano naturalmente interconnesse.
Ma non è così. I dati conosciuti sullo sviluppo dei social (sempre più rari, peraltro) stanno a dimostrarlo. Sono le offerte dei produttori di tecnologia e quindi del mercato a moltiplicare a dismisura un’apparente ed effimera libertà di ricerca di circolazione di dati e di sapere, tutti piegati alle esigenze dei budget dei grandi gestori e dei pochi grandi architetti della rete delle reti.
Forse ci troviamo difronte ad un nuovo e smisurato medium globale che nella sua dimensione non consente a ciascun membro della comunità dei social di percepirlo.
Paolo Bonaccorsi
questa rubrica è a cura di Cristina Bellon