20 luglio 2016

I SOGNI MUOIONO A PALAZZO MARINO

Il discorso del sindaco Sala


Ho aspettato il Consiglio comunale di giovedì 14, dopo di quello del 7 e dell’11: i miei sogni, o meno romanticamente le mie attese, sono andati deluse, le mie. Il sindaco Sala non ha smentito il suo connotato che de sempre meno mi è piaciuto, quello di “manager”. Non ho mai creduto ai manager in politica perché sono il peggior antidoto alla sua rinascita, allontanano l’interesse dei cittadini alla cosa pubblica e al voto.

imageDetto questo, penso che Sala sarà utile al bene della città, gestendola da manager in attesa che le forze politiche riescano a ritrovare la dimensione della vera politica e si cimentino nel creare una classe dirigente all’altezza dei tempi e delle sfide che ci aspettano, scongiurando la deriva attuale di chi pensa solo all’autoconservazione o, peggio ancora, a trasformarsi in comitati d’affari. Anche la cittadinanza attiva dovrà cogliere questo spazio di tempo per esprime quella sussidiarietà ai Partiti comunque indispensabile e spesso ultima spiaggia della democrazia.

Ma ho iniziato parlando di attese deluse: quali? Mi aspettavo che dal discorso dell’11 scorso in Consiglio comunale venisse fuori la famosa “visione” e così pure che, dopo il succinto annuncio dell’elenco degli assessori fatto in chiusura della seduta del 7 luglio, la prima della nuova consigliatura, spiegasse le ragioni delle sue scelte.

Prima di andare avanti mi fermo su un piccolo ma indicativo fatto della recente cronaca politica. Chiara Appendino, personaggio non privo di un certo spessore culturale, molto prima di esser stata eletta sindaco di Torino, quando era solo candidata, ha fatto una chiamata pubblica per trovare gli assessori della sua Giunta, indicando una serie di caratteristiche da precisare nel documento di auto candidatura. Subito molti del Pd o vicini al Partito hanno dato stura alla tipica manovra di dileggio versus M5s: “demagogia, populismo, dilettantismo”. Ma è proprio vero?

Allora chiariamoci le idee: quali sono i criteri secondo i quali un sindaco sceglie i suoi assessori? Premesso che può sceglierli tra tutti i cittadini aventi diritto di voto.
Chiara Appendino alcuni criteri li aveva indicati ma tra questi non c’era certo il Manuale Cencelli, non c’erano i debiti elettorali né di endorsement né di denaro, non c’era il numero delle preferenze raccolte perché queste premierebbero principalmente la capacità di organizzare la propria campagna elettorale da signori delle tessere: i cacicchi della politica. Nei fatti poi anche M5s almeno a Roma è caduto nelle trappole familistiche: la forza delle tradizioni locali.

Comunque, allora, visto che proprio Sala, in particolare negli ultimi tempi di campagna elettorale, aveva preso le distanze dai Partiti, tanto è vero che nell’ultimo pieghevole distribuito alla vigilia del voto e che conteneva il suo programma, la parola “Pd” non compariva assolutamente, la domanda viene spontanea: quali sono stati i suoi criteri? Sono al di fuori delle logiche di Partito?

Non voglio fare l’ingenuo: i Partiti contano ma quanto contano rispetto ai criteri di competenza? Di reale rappresentatività sul territorio? Tanto per capirci e in questa logica, mi domando: perché spostare Marco Granelli ai trasporti? Non ha dato buona prova di sé dove era prima? Direi il contrario anche per mia esperienza personale da membro del Comitato antimafia.
Perché spostare Pierfrancesco Maran all’urbanistica? Non ha dato buona prova di sé? E forse qui sarei anche d’accordo perché la vicenda M4 è ancora tutta da decrittare e da seguire. Però nel suo curriculum si vede che è stato in Consiglio di zona per due mandati occupandosi di traffico e poi assessore. L’esperienza non serve? E Carmela Rozza, forse dopo due anni all’assessorato lavori pubblici non aveva acquisito sufficiente esperienza?

Il sospetto è che questa scelta sia stata determinata dal progetto di percorso politico personale di ciascuno, prevalendo sullo spirito di servizio verso il bene comune. Niente di drammatico, molti lo fanno, basta capirsi.
E i nuovi arrivati, perché proprio loro? Salvo che per Roberto Tasca al Bilancio non vedo ragioni legate ai curricula, forse ve ne sono altre. Sarebbe giusto conoscerle.
Veniamo al discorso del sindaco. Breve, molti slogan, molti propositi e dunque bisogna aspettare di vedere i fatti: il cosa lo si è capito non altrettanto il come. Forse era chiedere troppo o troppo presto.

Solo qualche nota a margine su alcuni slogan.
Edilizia sociale: bisogna trovare 30 milioni tanto per cominciare. Osservo che se l’allora assessore alla mobilità Maran ha trovato 100 milioni l’anno, mi pare per vent’anni a venire, per onorare uno sciagurato contratto per M4 che si sarebbe potuto rinegoziare e non lo si è fatto, non dovrebbe essere così difficile trovare i 30 milioni una tantum per l’edilizia.

Sulla Città metropolitana troppo poche parole, perché è uno snodo fondamentale per il futuro della Città.
Milano città a due velocità: vero ma sono più di due, decliniamo l’assunto e capiamo come fare. E’ il problema delle disuguaglianze.

Altro ancora ma diamo tempo al tempo e per finire, fatto molto rilevante, le deleghe che il sindaco a riservato a sé: Periferie, Partecipate, Rapporti istituzionali, Comuni e decentramento, Relazioni e cooperazione internazionale, Pari opportunità, Comunicazione, Avvocatura, Attività collegate a Post Expo. Un carico non da poco, soprattutto il Post Expo, crocicchio di interessi diversi sui quali il sindaco dovrà far prevalere l’interesse della città.

Luca Beltrami Gadola



Condividi

Iscriviti alla newsletter!

Per ricevere in anteprima sulla tua e-mail gli articoli di ArcipelagoMilano





Confermo di aver letto la Privacy Policy e acconsento al trattamento dei miei dati personali




Ultimi commenti