19 luglio 2016

L’ADDIO DEL PATRON DE “laVERDI”

Luigi Corbani, il fondatore e il suo epilogo


La settimana scorsa, durante il Consiglio di Amministrazione che si svolgeva nelle stesse ore in cui usciva il nostro giornale – e dunque senza darci il tempo di commentare la notizia – Luigi Corbani si dimetteva da Direttore generale dell’Orchestra e Coro Sinfonici di Milano Giuseppe Verdi.
imageQuesto giornale si è occupato molto spesso, nella rubrica “musica”, dell’attività de laVerdi e non ha lesinato critiche anche molto dure su alcune scelte di programmi e di artisti e conseguentemente su alcune esecuzioni. Un giorno però – molto prima che se ne accorgesse persino l’allora potente e arrogante critico del Corriere della Sera – scrivemmo che l’Orchestra Verdi era diventata la prima orchestra italiana per professionalità e per qualità di suono. Aveva solo vent’anni e si misurava con orchestre più che centenarie. Ne spiegammo anche il segreto che era, ed è, la passione, quella passione che facilmente si perde nelle grandi orchestre sindacalizzate e che invece è il carattere dominante della Verdi.

Una passione che regna palpabilmente sul palcoscenico, fra i leggii, ma promana da quell’infaticabile e onnipresente patron, direttore e fondatore, e scende “per li rami” a contagiare l’intera e complessa organizzazione. La stessa passione che ha fatto superare situazione drammatiche – ricordiamo tutti il pericolo che l’avventura de laVerdi si schiantasse contro le difficoltà finanziarie – e delusioni cocenti, come la sordità delle istituzioni che la ignoravano o la snobbavano perché sfrontatamente indipendente e a rischio di oscurare sua maestà la Scala da una parte e i sonnacchiosi Pomeriggi Musicali della Regione Lombardia dall’altra e cioè le due orchestre che – benedette dalla politica – non andavano disturbate.

Quando Corbani si dimise dalla politica, ventitre anni fa, aveva solo quarantacinque anni ed era un semplice appassionato di musica; incontrò un vecchio – ma ancor pieno di entusiasmo – direttore d’orchestra russo che viveva in Italia e con lui fondò nientedimeno che un’orchestra sinfonica. Nel sito dell’Orchestra (www.laverdi.org) si trova il suo scarno curriculum che vale la pena di leggere: «È stato componente della Commissione tributaria di II grado, consigliere di amministrazione dell’Irer «(Istituto di ricerche della Regione Lombardia). Consigliere comunale a Bresso dal 1971 al 1975, poi «capogruppo consiliare a Cinisello Balsamo dal 1975 al 1980. Dal 1985 al 1990 è stato consigliere «comunale di Milano, di cui è stato Vice Sindaco e Assessore alla Cultura. Nel 1990 è entrato nel Consiglio «Regionale della Lombardia: ha fatto parte dell’Ufficio di Presidenza della Regione, di cui era segretario. È «stato poi Assessore alla Cultura della Lombardia.
«Ha fondato, insieme al Maestro Vladimir Delman, la “Orchestra sinfonica di Milano e Coro sinfonico di «Milano Giuseppe Verdi”, di cui è diventato nel 1995 Direttore generale. Ha promosso e seguito la «realizzazione dell’Auditorium di Milano, recuperando un vecchio teatro abbandonato e riqualificando una «zona storica della città. L’Auditorium di Milano, inaugurato nel 1999, si è imposto come il migliore  «teatro di Milano per l’estetica, per l’acustica e per le attrezzature tecnologiche ed ha una programmazione «assai intensa, che ne fa una delle sale più frequentate in Italia. Retribuzione annua lorda: € 56.250»

LaVerdi è stata un esempio rarissimo di orchestra privata che, sia pure fra mille difficoltà e con modesti contributi pubblici (sempre di gran lunga inferiori a quelli erogati dal Ministero a sostegno delle altre orchestre, anche le più marginali), è nata ed è stata tenuta in piedi dagli abbonamenti, dalla biglietteria ed ovviamente da alcuni sponsor. Si è creata con gli anni un pubblico fedelissimo ed entusiasta (fin troppo, con esagerate dimostrazioni di ammirazione e di affetto) che ha permesso di replicare quasi tutti i concerti due o tre volte, ha avuto grandissimi musicisti come direttori di orchestra e come solisti ospiti, altri li ha creati selezionandoli generosamente e diligentemente tra le proprie fila.

Non sappiamo perché Corbani abbia lasciato, è stato detto “per ragioni personali”, ma temiamo che sia stata l’ennesima delusione insieme alla sensazione di avere contro la politica (non possiamo dimenticare la recente decisione del Ministero dei Beni Culturali – e personalmente del gestore del Fondo Unico per lo Spettacolo, Salvo Nastasi – che ha annullato il riconoscimento del titolo di “Istituzione Concertistico Orchestrale” e i relativi finanziamenti alla Verdi precedentemente assegnatole dal ministro Franceschini); né possiamo dimenticare che la politica dalla quale proviene (era un esponente del “migliorismo” del PCI) non è quella più amata dal circolo, più o meno magico, che oggi è al governo del paese.

A prescindere dalle origini e dalle motivazioni di queste dimissioni, noi soprattutto temiamo che con esse possa chiudersi un’epoca straordinaria che ha visto crescere, con laVerdi, la cultura “alta” di Milano, certamente la cultura musicale. Non sarà facile, infatti, trovare un altro combattente che abbia altrettanta passione per un causa che – oltre che assolutamente “giusta” – è spaventosamente impegnativa e difficile. Si potrà criticare Corbani da molti punti di vista, ma non si potrà mai ignorare né la genialità né la generosità – da uomo d’altri tempi – con cui ha inventato e guidato la sua/nostra orchestra. Soprattutto non gli si può negare, ora, l’onore delle armi.

Paolo Viola



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