13 luglio 2016

PERIFERIE E RIGENERAZIONE URBANA: RINNOVARE VISIONI E CASSETTE DEGLI ATTREZZI

Nuovi sguardi e cognizioni, praticando in modo spinto l’innovazione amministrativa


Il tema delle periferie è stato un protagonista di primo piano nei discorsi e nei programmi della recente campagna per le amministrative. A memoria, non ricordo una tale centralità in esperienze analoghe precedenti. Dopo un processo di “ascolto” (!!!) durato qualche mese, molti tra gli aspiranti consiglieri e i candidati a Sindaco hanno finalmente scoperto che a Milano gli squilibri urbani esistono, che sono una cosa seria e che si manifestano con una gamma vasta di fenomeni che va dalla presenza di quartieri con un livello di bassa qualità di servizi e opportunità urbane fino al raggiungimento di situazioni (fortunatamente meno estese e diffuse) in cui la condizione della cittadinanza è semplicemente intollerabile. Tra questi due estremi, una varietà di casi che richiedono un approccio “taylor made”. Anche una campagna elettorale ha quindi i suoi risvolti positivi.

02monte26FBSarebbe interessante approfondire le letture e interpretazioni che ciascuno schieramento ha dato della questione, così come sarebbe altrettanto interessante e degna di maggior spazio una riflessione sulla risposta in termini elettorali che il “popolo delle periferie” ha dato nei confronti di questa rinnovata attenzione (sia in termini di preferenza che di partecipazione al voto).

Ora, a qualche settimana dalla formazione della Giunta si può affermare che il nuovo Sindaco si stia muovendo in modo positivo con un esordio interessante. Il suo insistere sul tema, alcune scelte di Giunta, il mantenimento di alcune deleghe, appaiono fatti abbastanza significativi, trasmettendo l’impressione che su questa questione abbia intenzione di giocarsi una partita importante attribuendole una significativa centralità nell’azione amministrativa di questo mandato. Delineando quindi obiettivi strategici condivisibili.

Ci troviamo quindi di fronte a una svolta positiva? È possibile, a patto di realizzare alcune condizioni legate alla elaborazione di una forte proposta politica, definita puntualmente e affatto retorica. Un progetto a tutto campo in grado di mettere al centro il tema delle periferie come questione urbana e di comunità e di conseguenza in una dimensione complessa che coinvolge aspetti legati alla struttura e alle caratteristiche della popolazione, al disagio economico e agli stili di vita, al disagio sociale e, infine, alle condizioni di degrado e criticità di carattere urbanistico-edilizio.

Il binomio degrado urbano/criticità sociale che in modo semplicistico e spesso forzato connota spazialmente e socialmente gli “ambienti periferici” ha visto storicamente in campo politiche di carattere settoriale che nella maggior parte dei casi non sono stati in grado di garantire risultati efficaci dal punto di vista dell’innovazione sociale e della durata dei processi innescati.

Questi ambienti definiscono un tema strutturale della riflessione sulla città e i modelli urbani. Nel fenomeno periferico si concentrano e si manifestano infatti tutti i nodi connessi alla crescita e trasformazione urbana che non può tuttavia costituire la sola e univoca chiave di lettura in grado di leggere e governare quegli aspetti di una condizione marginale che connota stili di vita, degrado sociale, modalità d’uso e accesso alla città e ai suoi servizi, partecipazione ai processi economici e alla identità e vita collettiva (1). Altrove in Europa, questa consapevolezza ha generato approcci interessanti, dando luogo a studi e ricerche finalizzati a rinnovare le politiche (2).

Così come non esiste quindi una “via urbanistica” alla soluzione dei temi del degrado di questi spazi, allo stesso modo i livelli di qualità urbana non possono essere modificati e affidati esclusivamente a interventi legati alle politiche sociali o a un welfare sempre più caratterizzato da debolezze strutturali e crisi di identità. L’acuirsi di questi fenomeni, la progressione delle contraddizioni urbane, la debolezza strutturale delle politiche, impone un decisivo cambio di passo. Ovviamente dando corso agli interventi più urgenti e programmati.

A oggi, nel concorso di fattori che determinano una generale frammentazione e la scarsa efficacia delle modalità di governo di questi processi, si evidenziano alcuni forti limiti che possiamo schematicamente (e brutalmente) sintetizzare:
* nell’inerzia delle strutture amministrative incapaci di elaborare interventi “organici” in grado di superare le tradizionali articolazioni settoriali (e i relativi limiti dal punto di vista delle risorse, degli strumenti e del relativo campo di azione)
* nell’incapacità di relazionare apparati analitici e strumenti conoscitivi in grado di dimensionare e qualificare la complessità dei fenomeni e quindi di coglierne e anticiparne natura e tendenze.

In relazione agli orizzonti di mandato, occorre provare ad aggiornare anche la cassetta degli attrezzi perché oltre all’approccio è necessario innovare le politiche e le relative modalità di intervento amministrativo. Un possibile percorso per costruire innovazione dal punto di vista dell’approccio e degli strumenti potrebbe seguire le seguenti tappe:

1. Costruire una fotografia del disagio – Attualmente la conoscenza dei fenomeni è sostanzialmente di tipo impressionistico oppure parcellizzata nei meandri di organizzazioni e strutture settoriali con bassissimi livelli di interoperabilità e circolazione delle conoscenze delle rispettive banche dati. (3) Esiste quindi una reale necessità di svolgere una ricognizione in grado di restituire una conoscenza organica delle criticità, connotando anche spazialmente i fenomeni che caratterizzano aree e quartieri in sofferenza, secondo una serie di informazioni e parametri riconducibili a quattro famiglie di descrittori, quali:

– La struttura, dinamiche e composizione della popolazione
– I segnali di disagio economico
– I segnali di disagio sociale
– Le criticità e degrado urbanistico-edilizio

2.Valutare il livello di percezione e consapevolezza della condizione urbana da parte della cittadinanza – Una volta acquisito un quadro organico delle modalità con cui si esprime e si distribuisce il degrado è cruciale evidenziare, quantificare e qualificare gli aspetti di “domanda” emergenti da parte dei cittadini residenti e le relative disponibilità rispetto a un eventuale coinvolgimento in percorsi e azioni di recupero; percorsi che con forme di interazione devono essere finalizzati a focalizzare i seguenti elementi in gioco:

– L’identificazione del livello di (auto)percezione delle diverse tipologie di disagio (sociale, economico, culturale, degrado urbanistico edilizio); ovvero, come i cittadini residenti si vedono posizionati nella scala sociale e nelle dinamiche e relazioni del contesto urbano;
– Definire la geografia  degli attori sociali (istituzionali e non) ai quali la popolazione residente si rivolge con finalità di assistenza e minimizzazione di condizioni e fenomeni di disagio (e relativo grado di soddisfacimento della domanda); ovvero, da chi vado quando sono in difficoltà e che genere di aiuto riesco a ottenere;
– Il set dei potenziali interventi di sostegno richiesti dai cittadini residenti (economico, di assistenza personale, di supporto educativo, di tutela, di cura del tessuto urbano … ecc.).

3.Stimolare l’interazione tra le principali strutture pubbliche, presidi, operatori e agenti sociali- Raccogliere, organizzare e coinvolgere le principali strutture tecnico-politiche e la filiera di operatori e agenzie di promozione sociale in campo, costituisce – sia nella fase di definizione degli obiettivi che nella successiva attuazione – una condizione di successo delle politiche.

Questo coinvolgimento, oltre all’acquisizione e valorizzazione di contenuti e competenze deve essere orientata alla sensibilizzazione dei diversi soggetti rispetto:
– ai fenomeni rilevati,
– a servizi e strumenti attivabili,
– a relazioni e partnership tra operatori possibili.

4.Costruire il laboratorio delle politiche ed elaborare gli scenari di intervento- Promuovere nell’ambito dell’amministrazione municipale un laboratorio di elaborazione di scenari e politiche urbane integrate, con strutture organizzative articolate per obiettivi e non secondo i tradizionali schemi “per settore”, finalizzate a supportare le principali risposte rispetto ai problemi aperti ed emersi nel corso della ricognizione.

Ciascuna fase di questo percorse può essere declinata con diverse modalità. Esse comunque costituiscono “nodi” che non possono essere elusi se si vuole efficacemente dare risposte alla questione  generale  e aggredirne i fattori che la alimentano in modo sistematico. Riuscirà questa Giunta a dispiegare la propria azione in una progettualità di questo tipo?

Ce lo auguriamo, anche perché rispetto al recente passato che ha visto gli elettori di centro-sinistra perdonare alla Giunta Pisapia più di quanto si sarebbe meritata, le ultime elezioni hanno sostanzialmente lanciato questo messaggio: l’apertura di credito c’è ancora ma è molto condizionata.  Sbaglia chi pensa di poter vivere di rendite di posizione.

Michele Monte

 

(1) Questo spiega in parte, la difficile affermazione e la scarsa percezione presso segmenti importanti della cittadinanza dell’idea di una “Milano migliorata e radicalmente trasformata in positivo dalle politiche attuate dalla Giunta Pisapia
(2) Come ad esempio il lavoro della Commissione Stiglitz. “Report by the Commission on the Measurement of Economic Economic Performance and Social Progress”. www.stiglitz-sen-fitoussi.fr
(3) Questione che molte città europee hanno inquadrato come estremamente limitante per lo sviluppo delle politiche e che sta producendo numerose iniziative per il suo superamento http://opencitiessummit.org;  http://opendatacon.org

 



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