13 luglio 2016

TEMPO D’ESTATE: GLI ANZIANI A SCUOLA ANTI-TRUFFA

Una piaga che la questura di Milano cerca di combattere


Sapete perché truffe e raggiri aumentano ogni giorno di più nel nostro Paese come nel resto del mondo? Perché siamo degli inguaribili ottimisti, abbiamo un’eccessiva fiducia nel prossimo. Insomma siamo dei creduloni. Dunque è colpa nostra. Attenzione: non lo dico io ma una psicologa-giornalista, Maria Konnikova, che vive e lavora negli Stati Uniti e che a questa tesi ha dedicato un saggio intitolato La truffa: perché ci caschiamo ogni volta, uscito nel gennaio scorso per i tipi di Wiking. Sarà pure così, ma c’è un’altra tesi da prendere in considerazione, quella secondo la quale i truffatori sono sostanzialmente dei vigliacchi perché profittano di due categorie di persone aperte al mondo per motivi opposti: gli anziani, che tentano di uscire dall’isolamento in cui li costringe l’età; e i giovani che cercano una collocazione nella società e possono più facilmente cascare nel tranello delle promesse.

10lubrano26FBVigliacchi, dunque, che in questo paese di furbi e di furbetti che è l’Italia godono – è il colmo! – di una malcelata ammirazione per le loro gesta “fantasiose”. C’è chi si chiede, poi, se sia stato mai fatto un calcolo di quanti raggiri avvengono in Italia. No, una cifra precisa nessuno è in grado di fornirla, nemmeno l’Istat che pure ne conta 500mila, attenendosi scrupolosamente ai casi di cui si occupa la magistratura in dodici mesi. Secondo una ricerca dell’Unione Nazionale Consumatori che risale a una ventina d’anni fa, le truffe di piccole e media entità che non vengono denunciate sarebbero all’incirca un milione l’anno. Gli esperti del settore invece equiparano adesso il numero degli imbrogli ai furti che si registrano annualmente in Italia, vale a dire due milioni e duecentomila.

Non ci metto la mano sul fuoco, però non faccio fatica a credere all’ipotesi di seimila truffe e raggiri al giorno. I due terzi, sia detto per inciso, restano impuniti. Per ragioni, intendiamoci, tutt’altro che secondarie: il reato non è più perseguito d’ufficio come una volta, ora dev’essere il truffato a sporgere querela. Ma contro chi?  I truffatori non lasciano certo la firma autenticata. E poi di solito la vittima si vergogna della sua ingenuità, non va in giro a raccontare la trappola in cui è caduto. In secondo luogo il codice penale prevede pene risibili per il reato: da uno a cinque anni di carcere e una multa da 309 a 1549 euro. Sicché i truffatori di professione possono infischiarsene della legge e agire a man salva. In galera? No, non ci vanno. O ci vanno di rado. Come succede per i ladri d’appartamento. Pene anche qui ridicole: da due a otto anni. Pure se colti sul fatto dopo un po’ escono, liberi di ricominciare a rubare.  E infine, seppure le vittime dei truffatori volessero ricorrere a un tribunale, dopo quanti anni vedrebbe riparato il torto?

I più esposti, come ci confermano ogni giorno le cronache, sono gli anziani che vivono soli.  Secondo le statistiche nel capoluogo lombardo i vecchi solitari sono circa settantamila su un totale di 400mila anziani. Ed è a casa loro che bussano con mille pretesti i truffatori. Gente di rara abilità, un po’ attori, un po’ psicologi, capaci di raccogliere nel quartiere notizie utili sulle loro possibili vittime. E il grimaldello è il citofono. Di solito squilla alle due del pomeriggio. In tanti palazzi ormai il portiere (o la custode) non esiste più e se c’è finisce il suo turno alle 13, quindi i lestofanti hanno gioco facile. “Sono venuta per vedere l’appartamento”, dice per esempio una voce femminile. Oppure una voce maschile che sussurra: ”Tuo nipote è nei guai, ha bisogno di aiuto”.  E poi gli annunci classici: “Siamo tecnici dell’acquedotto, dobbiamo fare una verifica”. O peggio ancora: “Polizia, stiamo indagando sulle radiazioni nocive dei gioielli…”.

È lodevole dunque l’opera di prevenzione avviata qualche settimana fa dal Questore di Milano, Antonio de Iesu: tenere cioè dei veri e propri corsi anti-truffa nei circoli dove si riuniscono gli anziani. Il primo incontro è avvenuto al Centro La Cripta della Parrocchia di S.Paolo. Due i consigli essenziali: a) non aprite a chiunque suoni il citofono o bussi alla porta. b) se i “visitatori” vi chiedono soldi sono sicuramente dei truffatori.

L’esempio del questore di Milano dovrebbe essere seguito dai vertici della polizia di altre grandi città. Perché il fenomeno è territorialmente più esteso di quanto si possa immaginare. Del resto la stessa polizia e i carabinieri non sono andati qualche tempo fa nelle parrocchie a mettere sull’avviso i vecchietti? Evidentemente la predica dal pulpito non basta, è meglio dunque istituzionalizzare la scuola anti-truffa.

 

Antonio Lubrano

 



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