6 luglio 2016

la posta dei lettori_06.07.2016


Scrive Andrea Carandini a Marco Vitale sulla Brexit– Caro Vitale, mi è giunto il tuo pensiero e il tuo cuore sul referendum inglese. Ero ferito, come si mi avessero strappato un organo. Nel 46 ho passato un anno in un collegio inglese ed è lì che ho aperto gli occhi sul mondo. Mio nonno Albertini ha appreso lì il giornalismo, mio padre ambasciatore a Londra ha rafforzati lì il suo liberalismo di sinistra e il suo europeismo, io ho appreso lì il più recente metodo stratigrafico che ho importato in Italia, lì mi sono ricollegato al National Trust per il FAI e a quella cultura mi sono ricollegato tramite il pensiero di Berlin. Mai sarei riuscito a esprimermi come tu hai fatto, liberandomi e ridandomi l’Inghilterra perduta. Ti sono molto grato per lo spirito buono che mi hai infuso. Vorrei che il tuo scritto figurasse sul sito FAI: possiamo?

Scrive Davide Reina a Marco Vitale sulla Brexit – Caro Professore, qualcuno ha scritto che la storia è il test al quale il futuro sottopone, giorno per giorno, le nazioni e i popoli. È, questa, una lettura della storia che trovo interessante e, rispetto a quanto appena accaduto, quanto mai calzante. La storia ha dato, metaforicamente, un bello schiaffo a questa Comunità Europea condotta da leader privi di visione e coraggio (come lei giustamente li definisce: dei bottegai).
Adenauer, ed Ehrard dopo di lui, integrarono più di 5 milioni d’immigrati in meno di 10 anni, negli anni ’50. E Germania e Francia, nell’immediato dopoguerra, fecero l’opposto di quello che stanno facendo oggi: nonostante un debito già elevato, investirono in spesa pubblica e crearono posti di lavoro e armonia nella società.
Ieri, ascoltando un programma molto ben fatto alla radio, durante il quale s’intervistavano dei vecchi banchieri americani degli anni ’50 e ’60 del secolo scorso, ho ascoltato queste parole: “una volta quello del banchiere era un mestiere serio, anche un poco noioso, fatto di analisi attente per affidare credito alle imprese serie. E, negli anni ’50 e ’60, l’Investment banking a Wall Street finanziava soprattutto opere pubbliche, infrastrutture, reti elettriche, eccetera. Oggi, questi vice-presidents non sono nient’altro che dei piazzisti. Molto furbi, ma dei piazzisti che fanno gioco sul fatto che chi acquista non capisce veramente quanto sta acquistando.
Una risposta sana a quello che lei definisce come uno “shock”, sarebbe l’immediata presentazione di un European Recovery Plan. Uso, in questa frase, esattamente l’espressione con la quale nel dopoguerra, a Washington era chiamato il Piano Marshall: European Recovery Plan.
Io credo che questa sarebbe una risposta seria sul fronte economico. Perché le infrastrutture non solo creano posti di lavoro ma, come insegna la storia dell’impero romano, uniscono le culture. Civis romanum sum. Sono cittadino europeo. Questa sarebbe la risposta da dare.
In questa visione, l’Europa non può essere soltanto quella delle capitali e delle città avanzate all’interno di ogni nazione che la compone. Londra ha votato per restare. Ma Newcastle no. Io sono stato a Newcastle un paio di anni fa. E capisco bene perché l’hanno fatto. Sono con lei nello sperare che da quest’uppercut al mento della EU nasca una reazione coraggiosa, lungimirante, costruttiva.

 

Scrive Lino Cardarelli a Marco Vitale sulla Brexit – Caro Marco, sono all’estero e ho letto tanti reports ma nessuno mi ha veramente interessato: convenzionali, ripetitivi, nulla di veramente ‘provocative’? da giustificare attenzione vera … . Se non si cambia registro da oggi – prendiamo l’esempio dalla piccola Scozia che si è subito attivata – come occorre fare per governare la discontinuità, non vedo per l’Europa (alias €) un futuro …. È questa una grande opportunità per cogliere gli aspetti positivi di un cambiamento che va osservato con attenzione e senza pregiudizi. Magari affrontandolo con coraggio in modo “strabico”, come spesso va fatto per osservare il futuro, per vagliare le diverse sfaccettature che un’analisi verticale, rigida non permetterebbe di cogliere.
Cosa intendo? Gli anglosassoni – sempre questi ingombranti inglesi fra i piedi! – hanno una sintetica espressione per fronteggiare situazioni ‘unexspected’: “Unusual situations should be managed with unusual tools“: situazioni particolari vanno fronteggiate con strumenti non convenzionali.
Per esempio, anche per rispetto a una decisione presa con uno strumento democratico come il (peraltro lacerante) Referendum, perché non dire: Grazie, England, per averci messo finalmente di fronte ai problemi che da anni ci trasciniamo e che ora dobbiamo risolvere. Grazie, England, per obbligarci a ridisegnare l’organizzazione di Bruxelles e cacciare una struttura inefficiente, autoreferenziale, arrogante! Grazie, England, per porci di fronte ad un’opportunità e per ricordarci che il Continente ha una riserva – deve solo lavorare sodo come ha fatto negli anni ’50-’70 per metterla in circuito – di intelligenza, di storia, di ricchezza culturale ed economica, di democrazia cui attingere.
Rivisitando però – o meglio – capovolgendo l’approccio: mettendo in prima linea governi efficienti, imprese con visione, sindacati seri, la (vera!) società civile. In un contesto di rinnovato – forse nuovo per molti – impegno permeato da integrità e responsabilità, alla fine con il coraggio di voler tornare a essere protagonisti nell’inclusione – con il promuovere la vera partecipazione dei cittadini – con quella generosità che la ricchezza economica (il PIL medio pro-capite UE è oltre €30mila) ci mette a disposizione per superare quel pregiudizio verso chi abbiamo di fronte che non sta chiedendo aiuto o elemosina ma (spesso) solo di essere ‘considerato’ una persona.
Detto questo, mi chiedo anche da un punto di vista economico e finanziario se non è il caso di mostrarci maturi superando l’emotività’ del momento e dare per scontata l’inevitabile volatilità dei mercati. La Gran Brestagna ha fatto un passo coraggioso che va rispettato, valutato e capito. Peraltro non è mai stato un Paese inserito in toto nell’Unione Europea per cui, ora, il rapporto sarà più trasparente e quindi più chiaro. È il caso per le nostre aziende di accelerare investimenti e azioni commerciali? È verosimile che la £ si possa riprendere nel breve/medio? Ne sono molto convinto.
L’Inghilterra ha sempre dimostrato – dai tempi in cui ha messo in campo (pardon in acqua) agili vascelli per combatte e vincere la “Invincibile Armada” dei galeoni spagnoli o dopo la guerra ultima in cui da sola si è veramente opposta alla prorompente superiorità tecnologica di Hitler – di sapersi rapidamente riprendere. È troppo abusato ricordare il “lacrime e sangue” di Winston Churchill.  Mi permetto due modesti ma credo significativi episodi: ero a Londra all’inizio dell’era Thatcher, l’inverno in cui i minatori hanno scioperato per mesi lasciando al freddo – l’unica energia era allora il carbone – l’intero Paese che ha continuato imperterrito a lavorare con un’underground a singhiozzo, negli uffici con il cappotto o avvolti in pesanti maglioni sferruzzati alla meglio in fretta e furia… O un caso più banale: una prolungata siccità estiva è stata superata con l’auto-decisione di lasciare a secco l’amato “green grass” del giardino di casa o il lavaggio dell’auto per risparmiare l’acqua necessaria a soddisfare le vere priorità del Paese …. Siamo di fronte, il risultato del Referendum lo ricorda, a un Paese tosto, colto, ricco di tradizione democratica – il grave episodio dell’uccisione della coraggiosa deputata Jo Cox è di certo una macchia – dove tanti di noi europei hanno studiato e lavorato. E imparato a rispettare!
Ma, oltre a questa capacità di sopportare con dignità le avversità con una invidiabile sobrietà, ha anche, non dimentichiamolo, grandi riserve (per es. rispolverando l’attuale dormiente “Common-wealth”, le Universita’, i Think-tanks…). E il supporto americano non verrà di certo meno.
Chiudo con la provocazione di un autorevole commentatore che pone a tutti noi la vera domanda: nel caso avesse vinto il “Restiamo”, che contributo avrebbe dato al necessario e ormai ineludibile riassetto di Bruxelles un Paese spaccato in due, lacerato e intontito da una campagna di bugie che si sono rincorse su entrambi i fronti …? In conclusione: Welcome, Brexit!

Scrive Carla Casanova a proposito dell’articolo di Marco Vitale – Ringrazio per l’articolo “Viva l’Inghilterra”. È quello che ho sempre pensato, ma non osavo esprimermi e comunque non avrei saputo così chiaramente. La UE fa letteralmente schifo, da vergognarsi. Adesso occorre una bella virata. Forse gli Inglesi si pentiranno e certo la pagheranno, ma loro se ne fregano. Speriamo di non fregarcene anche noi, nonostante tutto, come abbiamo sempre fatto. Tanto … Adesso manca solo che anche gli americani se ne freghino e votino per Trump. E se servisse anche quello per darci una regolata?

Scrive Carlo Passerin d’Entrèves a proposito di Brexit – Complimenti vivissimi a Marco Vitale! Il suo articolo è a mio avviso il più lucido e azzeccato commento a Brexit e lo condivido interamente.

Scrive Gianfranco Colitti sulla Brexit – Per favore mandate questo articolo di Marco Vitale, che condivido in toto, a Beppe Severgnini che sul Corriere non fa che insultare gli inglesi per il voto su Brexit. E pensare che Severgnini per oltre 30 anni ci ha spiegato le meraviglie della UK e del suo popolo dal quale noi poveri italioti dovevamo imparare ogni cosa. Ora dopo il referendum Brexit  il povero Severgnini in totale confusione mentale è in piena crisi di identità. Non sa più cosa pensare e quindi l’articolo di Vitale non può che chiarirgli le idee. Insomma salviamo il soldato Severgnini!

Scrive Cesare Mocchi a proposito di voto e partecipazione – Devo dire che non mi è piaciuta l’affermazione di Walter Marossi su ArcipelagoMilano del 22 giugno, secondo cui la riduzione dell’affluenza elettorale (150.000 elettori in meno rispetto alla e elezioni precedenti) sarebbe indice di “indifferenza di una parte della città rispetto alle opzioni proposte, detto più brutalmente metà degli elettori potenziali se ne frega di chi governa.” Credo invece che chi non è andato a votare fosse insoddisfatto del ticket Sala-Parisi dato fin da subito come l’unico che avrebbe avuto accesso al ballottaggio. La competizione quindi per molto è stata poco appassionante, e piuttosto che votare un sicuro perdente hanno preferito non andare.Comunque, mi sembra un’osservazione poco felice da parte di chi in teoria (ma solo in teoria) ha fatto della “partecipazione” la sua bandiera (con tanto di Assessorato nuovo, vedo). Se la partecipazione fosse davvero un valore, 150.000 elettori in meno sarebbero visti come una grave sconfitta.

 

 



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