28 giugno 2016

SENATO E PROVINCE: ABOLIRE MA NON TROPPO

Il “paradosso del capoluogo” per le città metropolitane


Commentando l’andamento della campagna elettorale milanese nel suo editoriale del 31 maggio Luca Beltrami Gadola notava: “La Città Metropolitana è un buco nero, non si è ancora capito chi ci guadagni elettoralmente, va lasciata in freezer. Bipartisan. Forse anche perché si è capito che è un enorme pasticcio”. In realtà la poco appetibile pietanza è rimasta dapprima surgelata per quasi un quarto di secolo (dal 6/6/1990, legge 142) e infine parzialmente scongelata (il 7/4/2014, legge n. 56) purtroppo senza trovare un cuoco preparato o almeno una massaia appena abile a preparare il piatto. Tuttavia, com’è noto, è proibitivo ricongelare le vivande. Pertanto il destino dell’indigesta materia, salvo il recupero di una sana e adatta ricetta, sembra segnato. Il “pasticcio” rischia di risultare definitivamente incommestibile.

05ballabio24FBPer altro ora interverrebbe la modifica costituzionale oggetto dell’imminente Referendum che sul punto specifico, se approvata, rischia di aggravarlo creando figli e figliastri tra i cittadini elettori. Vedi il caso, per restare nei dintorni, di un residente nel comune di Cologno Monzese (che a dispetto del nome appartiene alla Città Metropolitana Milanese) e invece quello della poco distante Nova Milanese (che con pari dispetto fa parte della Provincia di Monza e Brianza). Il primo può vantare l’appartenenza a un’istituzione avente “rilievo costituzionale”, il secondo – a causa della reiterata abolizione della parola “provincia” nel nuovo testo – no. (A margine, e per ironia della sorte, capita inoltre che il neo eletto Sindaco metropolitano sia originario di Varedo, confinante e consorte della non metropolitana Nova sopracitata!).

Pertanto il così modificato art. 114 (e seguenti) rischia di risultare in aperto contrasto con il non modificato art. 48: “Sono elettori tutti i cittadini, uomini e donne, che hanno raggiunto la maggior età. Il voto è personale ed eguale … ”. Ma il diritto di voto che, almeno potenzialmente e con auspicio unanime, verrà riservato ai cittadini metropolitani è invece negato definitivamente agli omologhi provinciali. Avremo allora un voto ineguale e una cittadinanza menomata, in particolare a scapito di chi si è volontariamente rincantucciato in mini-province separate (Lodi e Monza, per stare sempre nei pressi di casa).

Tuttavia la Città Metropolitana al momento non è direttamente elettiva, mentre lo restano – con aggiunta l’elezione diretta del presidente – gli ex Consigli di circoscrizione, ora ridefiniti Municipi benché tale definizione resti ignota all’ordinamento costituzionale. E anche qualora si arrivasse all’elezione diretta della prima, superando la tortuosa corsa a ostacoli imposta dalla legge istitutiva, risulterebbe addirittura aggravata la differente disponibilità del diritto di voto tra residenti anagrafici del capoluogo (tre schede a testa), della rimanente entità metropolitana (due schede), delle normali province (una sola). Altro che “voto personale ed eguale”!

Dunque il combinato disposto della modifica costituzionale Renzi-Boschi e della sempre vigente legge Delrio rischia di ingarbugliare ogni prospettiva di pur necessaria e radicale riforma. Purtroppo è il portato di una cultura “riformista” debole e insicura, che ritiene “estremista” fare le cose compiute, e invece “moderato” farle a metà. Così le Province vanno abolite ma non troppo, e stessa sorte incombe ora sul Senato della Repubblica!

A Milano tuttavia si è imposta ora l’immagine di un Sindaco votato al parlar chiaro e al fare sodo. Allora basta col levantino fare finta! Ma per fare finalmente sul serio occorre riconoscere apertamente e superare risolutamente l’elementare “paradosso del capoluogo” (la città capoluogo di città!) che blocca e occulta una razionale via d’uscita dall’impasse. Possibilmente prima di procedere a un pleonastico e rituale rinnovo del Consiglio metropolitano decaduto insieme alla scadenza del precedente Sindaco (scarsamente, n.d.r.) metropolitano.

Oppure rinunciare onestamente per manifesta incapacità e/o conclamato disinteresse politico-istituzionale, tenuto conto che intanto proprio a Milano si sta imponendo una “spontanea” tendenza riaccentratrice di funzioni e risorse (forse escluso il carcere, e invece inclusa l’enclave satellite ex-Expo) nei confronti della restante realtà dei comuni spesso ignari e passivi dell’area metropolitana.

 

Valentino Ballabio

 

 

 

 



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