28 giugno 2016

E SE L’AVANZATA DELLE DONNE IN POLITICA FOSSE SOLO UN IMBROGLIO?

I numeri sono una cosa, il potere reale altro


Evviva, Virginia Raggi e Chiara Appendino hanno vinto. Finalmente le donne al potere. E subito a litigare se chiamarle sindaco o sindaca. Prima della loro elezione a Roma e Torino, la maggiore città italiana con un sindaco donna era Ancona. Negli ultimi anni, a onor del vero, la presenza femminile nelle istituzioni italiane è cresciuta. Ma non certo per vocazione: la legge 215 del 2012 sull’equilibrio di genere in soli tre anni ha fatto aumentare del 39% i seggi femminili negli enti locali. E anche la legislatura in corso è quella con il maggior numero di donne nella storia repubblicana.

08baratta24FBPure il governo Renzi, per la prima volta, era partito con una perfetta parità: otto uomini e otto donne (che sotto la scure dei rimpasti e delle inchieste giudiziarie si sono però ridotte a cinque). Salvo poi nominare una sfilza di uomini tra sottosegretari e viceministri. Stessa cosa succede nelle alte sfere dell’economia: negli ultimi due anni, grazie alla legge sulle quote di genere nei board aziendali, il numero delle donne che fanno parte dei CDA delle società quotate è più che raddoppiato. Ma a ben vedere, chi decide sono sempre i maschi.

Aspettiamo quindi a rallegrarci per le sindache, le ministre, le assessore e le consigliere. L’accesso ai ruoli di responsabilità è ancora una questione maschile. E non solo in politica. Nella stanza dei bottoni della politica e delle grandi aziende siedono ancora solo uomini. Più pesano i budget e le responsabilità da gestire, meno sono le donne a occuparsene.

I DATI DELLA POLITICA. Come Open Polis fa notare nel suo dossier annuale “Trova l’intrusa”, il cosiddetto pinkwashing renziano, accompagnato subito da una foto del neo premier con le “sue” ministre, è durato giusto il tempo di uno spot. Dopo i giuramenti, le nomine di viceministri e sottosegretari hanno subito sbilanciato i rapporti di forza a favore degli uomini.

E lo stesso aumento delle donne in Parlamento non è da solo una garanzia di parità d’accesso alle massime cariche pubbliche. Perché, come si sa, la capacità di un parlamentare di incidere dipende anche dai ruoli che ricopre. E infatti, la presidenza delle commissioni permanenti è maschile in 12 casi su 14 in entrambe le camere. Anche se alla presidenza della Camera c’è Laura Boldrini, nessun gruppo alla Camera è presieduto da una donna. E i tesorieri dei gruppi parlamentari, ancora una volta, sono tutti uomini. (Per continuare a leggere su LINKIESTA cliccca qui)

 

Lidia Baratta

 



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