28 giugno 2016

musica – POLLINI ALLA SCALA


Lunedì della scorsa settimana vi è stato alla Scala l’attesissimo recital di Maurizio Pollini con un programma molto curato e sofisticato che prevedeva solo Chopin nel primo tempo e solo Debussy nel secondo. Di Chopin il Preludio in do diesis minore opera 45, le sei Mazurke delle opere 59 e 63 inframmezzate dai due Notturni dell’opera 62, e il poderoso Scherzo n. 1 opera 20. Di Debussy tutti i 12 Preludi del secondo libro.

musica24FBInnanzitutto il programma. Chopin e Debussy. Un accostamento tanto logico quanto ardito. I due più grandi pianisti vissuti nella Francia nell’ottocento: Chopin nasce in Polonia nel 1810 da un padre francese (lascerà la Polonia e la famiglia a vent’anni) e muore a Parigi, non ancora quarantenne, nel 1849; Debussy si presenta al mondo tredici anni più tardi, nel 1862, e scompare a cinquantasei anni, durante gli ultimi giorni della grande guerra, nel 1918. Le loro brevi vite coprono poco dunque più di un secolo e hanno in comune quantomeno delle storie sentimentalmente molto agitate delle quali molto si è scritto. Ma la cosa che più li accomuna sono le loro scritture, soprattutto le pagine pianistiche (a mio giudizio quelle più significative della loro produzione), che nella storia della musica sono fra le più identitarie e riconoscibili.

Due mondi sonori diversi per due diverse epoche della Francia e dell’Europa, ma anche due indoli e due caratteri quasi opposti: femmineo e intriso di nostalgia Chopin, cerebrale e sofisticato Debussy, tutti e due alla perenne ricerca del suono che meglio li rappresenti e che possa meglio raccontare i loro stati d’animo, e tutti e due con un’attenzione esasperata al suono e con una cura estrema nella preparazione del pianoforte e nella scoperta delle sue potenzialità espressive. Maurizio Pollini è incredibilmente congeniale a entrambi (con Chopin è nato, a Debussy è arrivato molto più tardi), riesce a incarnarli come pochi altri e ha, nei confronti del pianoforte, le stesse aspettative e analoghe magnifiche ossessioni.

La cronaca della serata è bizzarra. Un pubblico che vorrei definire becero ha funestato il primo tempo innervosendo il pianista con una selva di flash da telefonini; Pollini apparentemente non ha fatto una piega ma si capiva benissimo che, dopo il Preludio, suonava Chopin pensando alla scelleratezza di quei comportamenti e a difendersi dalle aggressioni luminose. Così sono malamente trascorse le Mazurke e i Notturni, disturbati anche da qualche applauso fuori posto. Una situazione triste e sbiadita.

Solo alla fine del primo tempo, esaurita l’aggressione dei flash, Pollini ha ripreso la necessaria concentrazione ed è riuscito a regalare all’immeritevole pubblico una magnifica esecuzione dello Scherzo in si minore con quella meravigliosa sezione centrale in si maggiore (“molto più lento”) che scioglie una delle melodie più belle e toccanti di Chopin.

All’inizio del secondo tempo un volgare ma indispensabile altoparlante ha avvertito il “gentile pubblico” che in sala è proibito scattare fotografie e usare gli smartphone cosicché, se qualcuno avesse nutrito dubbi sulla irritazione di Pollini nel primo tempo, se li è subito tolti. E i dodici Preludi di Debussy sono stati eseguiti da un pianista molto diverso, disteso, emotivamente coinvolto, con momenti di altissimo pathos. Peccato che i Preludi del secondo libro siano un’opera meno fascinosa – e anche per questo meno eseguiti – rispetto a quelli del primo, ma tant’è, sono pur sempre di un grande genio e dunque meritano gran rispetto.

Si sa che alla Scala Pollini, come peraltro lo era il suo amico Claudio Abbado, è molto amato, e dunque alla fine è stato accolto da una quantità esagerata di applausi che ha obbligato il pianista, stanco ma rincuorato, a ben tre bis. Abbiamo così ascoltato ancora Chopin e ancora Debussy. Ma la ciliegina sulla torta, una ciliegina strepitosa, è stata la Berceuse – sua storica specialità – con la quale ha concluso la serata celebrando sommamente Chopin. Uno di quei miracoli che valeva da solo tutto il concerto e che ha ricordato il Pollini degli anni migliori: è stata la zampata con cui il vecchio leone è riuscito ancora una volta a mandare in visibilio il “suo” pubblico.

Paolo Viola

 

questa rubrica è a cura di Paolo Viola

rubriche@arcipelagomilano.org

 

 



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