22 giugno 2016

L’IMPORTANTE È VINCERE NON PARTECIPARE

Amministrative: cala il sipario sulla scena finale


Nel solito circo barnum dei commenti dopo elezioni, possiamo dire che a Milano è tutto abbastanza semplice: il centrosinistra a trazione moderata vince, salva il governo con la segreteria Renzi e affossa (forse definitivamente) l’opzione lepenista/leghista.

02marossi23FBSala vince guadagnando 40.000 (18% in più ) voti sul primo turno mentre Parisi ne recupera solo 28.000 (12,7%), merito dell’accordo con i Radicali, dell’endorsement di Rizzo che però se anche per assurdo avessero spostato tutti i loro voti arrivavano solo a 30.000 e quindi merito sopratutto del fatto che al secondo turno una parte dell’elettorato che ha votato al primo o che non ha votato sceglie il “meno peggio” rispetto al suo candidato ideale e il meno peggio è risultato Sala. È un recupero di voti porta a porta, da formichina se paragonato ai dati di Bologna + 80% della Borgonzoni o della Raggi + 301.000.

Per la precisione Terlizzi ci informa che i flussi sono stati i seguenti: “il 77% di quanti avevano votato Beppe Sala hanno effettivamente confermato il loro voto, Parisi l’84%. Sala è riuscito a catalizzare in quota maggiore i voti di quanti si erano espressi in precedenza per gli altri candidati. Dagli elettori di Corrado al primo turno è giunto il 12% dei consensi per Sala e il 24% per Parisi. Da Rizzo il 47% per Sala e il 3% per Parisi; da Cappato rispettivamente il 37% e il 7%, da altri il 57% e il 10%. Tra quanti non avevano votato, Sala ha ottenuto il 14%, Parisi il 10%. Il 23% di chi aveva votato Sala, stavolta non ha votato. Il 16% nel caso di Parisi, il 64% Corrado, il 50% Rizzo, il 56% Cappato, il 33% altri. Il 76% di quanti non avevano votato al primo turno, non lo hanno fatto nemmeno in occasione del ballottaggio”.

Paradossalmente l’handicap di cui il povero Beppe è stato accusato per mesi, di essere una copia di Parisi, i due gemelli realizzatori (cito Aleotti), si è rivelato un vantaggio: perché era la copia meno conflittuale con il sindaco precedente, con il governo, con la sua maggioranza, meno ideologizzata, con minor curriculum politico, meno romana e questo ha consentito a un elettorato buonsensista di votarlo mentre l’elettorato bartaliano (gli è tutto sbagliato gli è tutto da rifare) non poteva neppure votare il suo gemello, altrettanto moderato seppur più sexy, Parisi.

Guardando al 2011 Sala perde 100.000 voti rispetto a Pisapia 365.000 (55,10%) mentre Parisi ne perde 50.000 rispetto alla Moratti 297.000 (44,9%); Sala in percentuale perde oltre il 4% mentre Parisi ne recupera altrettanti. Sala tuttavia ha dovuto fare i conti con la fuoriuscita dell’estrema, che da sola vale 30.000 voti ed entrambi hanno dovuto prendere atto della crescita dei Cinquestelle che hanno preso quest’anno 30.000 voti in più. La volta scorsa i voti validi al ballottaggio furono 663.000 questa volta 511.000, la volta scorsa votarono al ballottaggio quasi gli stessi elettori del primo turno, questa volta 26.000 di meno 4,8% (si consideri che a Napoli la contrazione è stata del 31%).

I 150.000 elettori persi rispetto al 2011 sono indicativi dell’indifferenza di una parte della città rispetto alle opzioni proposte, detto più brutalmente metà degli elettori potenziali se ne frega di chi governa.

Si dice sempre che le elezioni vanno comparate con quelle precedenti dello stesso livello per trarre giudizi politici e che è meglio guardare ai valori assoluti che alle percentuali, verissimo ma dopo il ballottaggio occorre guardare anche al contesto, alle aspettative, alle regole del gioco evidenziando dei paradossi.

Salvini, ad esempio che guadagna sia in valori assoluti che percentuali nel proporzionale della prima repubblica sarebbe euforico ma nel maggioritario un +2% è una sconfitta. Se l’aspettativa poi era l’incoronazione a leader questa non si è allontanata, è scomparsa. Perdere a Varese poi riporta la Lega ad ambizioni politiche valligiane non internazionali. La scelta lepenista non ha pagato e questo è forse l’aspetto più  positivo del voto.

Il Pd renziano perde in voti, resta stazionario in termini percentuali, migliora rispetto alle regionali e aumenta il suo peso specifico nella coalizione ma sopratutto dopo anni di sottomissione a Palazzo Marino, agli arancioni, ai civici vari dimostra di recuperare in leadership, di saper imporre il proprio candidato in primarie feroci, di imporre il sistema di alleanze più confacente alla nuova leadership nazionale; in pratica di rottamare il sinistracentro. Se mi metto nei panni (invero ci sto largo) del segretario milanese, fino a ieri brutto anatroccolo e da oggi salvatore del renzismo nazionale dedicherei le prossime giornate a brindisi colossali. Unico neo quell’idiozia di regolamento elettorale per le zone (soi disant municipi).

Pisapia può con soddisfazione prendere atto che i cittadini hanno dato un voto positivo al suo mandato anche eleggendo tutti gli assessori candidati tuttavia leggo che si propone per il futuro un ruolo politico di costruttore di ponti tra le varie anime della sinistra, edificazione che aveva iniziato già mesi addietro. Visto come è andata lo pregheremmo di desistere.

L’area di Sel, del Pd Balzaniano, della gauche au caviar, non ha sfondato elettoralmente ma può credibilmente sostenere che senza di loro ci sarebbe stata una frana a sinistra e si sarebbe perso. E forse, visti i numeri, ci hanno pure ragione. Si vedrà se questo ruolo verrà riconosciuto nella nuova giunta, la cui costituzione sarà il primo autonomo atto politico di Sala.

La sinistra radicale lascia sul campo voti e consiglieri e ha dovuto acconciarsi a votare Sala all’ultimo minuto senza neanche essere corteggiata come il fascinoso Cappato, tuttavia se è vero che Sala ha perso voti a sinistra rispetto a Pisapia l’elettorato più radicale ha dimostrato di essere molto più disponibile al secondo turno a fare fronte che non i suoi gruppi dirigenti. L’eterno match massimalisti/riformisti (categoria alla quale affilio di diritto Renzi sapendo che sarò redarguito) è però solo rinviato; il renzismo e quindi anche Sala avrà un conflitto permanente a sinistra, che precipiterà con il prossimo referendum ma che avrà il suo redde rationem alle elezioni regionali che rammento sono a turno unico.

Parisi dimostra che politica “non è una questione di avere delle buone carte, ma di giocare bene una mano scarsa” presumo che da vero professionista della politica sappia che una occasione così non gli si presenterà mai più. I tanti complimenti di ieri diverranno recriminazioni domani; Salvini e l’establisment dei vari centro destra non gliela perdonerà; mitico Sallusti “più che aver vinto Sala ha perso Parisi”.

I Cinquestelle che nei ballottaggi come una calamita attirano voti da destra e da sinistra come è accaduto a Roma e a Torino ma anche a Vimercate, a Milano sono elettoralmente sterilizzati e i loro elettori non ricambiano le simpatie dell’elettorato già berlusconiano. In pratica se questo schema si confermasse il centrosinistra è già favorito alle prossime elezioni regionali; prevediamo quindi una guerra fratricida che riduca questo vantaggio di posizione.

Nell’articolo precedente avevo vaticinato la vittoria di Sala in questo vorrei fare un altra previsione: finora del sindaco abbiamo visto la versione candidato: accomodante, modesta, di chi si acconcia a partecipare a primarie indette contro di lui e che regge una campagna negativa al proprio interno con incredula sorpresa, di chi sembra per tutta la campagna elettorale più oggetto che soggetto; da domani vedremo un decisore e tanti sassolini saranno tolti dalle scarpe.

 

Walter Marossi

 



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