22 giugno 2016

AMMINISTRATIVE A MILANO. VINCERE NEGLI ULTIMI GIORNI

Quale sarà il ruolo della sinistra in Giunta?


Lo stupore di tanti per la vittoria del Movimento 5 stelle, soprattutto a Torino (Roma fa storia a sé) ricorda per certi versi quella di altrettanti per l’affermazione dei candidati arancioni, comunque non Pd, alle primarie del 2010: Pisapia a Milano, De Magistris a Napoli, Doria a Genova. Al di là della cifra delle persone, dei mondi di riferimento e delle preferenze degli elettori, quello che ora come allora salta agli occhi è che la difficoltà di lettura della realtà di gran parte dell’establishment politico, anzi addirittura di percezione, quando sfugge dai binari consueti, non cambia mai. Del resto, senza andare troppo indietro, era successo anche con la Lega. Il nuovo e diverso, se nasce sul territorio e tra la cittadinanza attiva, è invisibile agli occhi. Perlomeno nelle sue dimensioni reali.

04matteucci23FBDa allora è cambiato il mondo, chiaro. E a Milano il Movimento 5 stelle non ha sfondato mai, anche grazie a quella “rivoluzione arancione” di cui, se non la forza propulsiva, sono rimasti in vita (politica) fino ad oggi il suo cardine, Pisapia, alcuni strenui sostenitori e soprattutto un’eco diffusa e velata di nostalgia.

E questa, con la vittoria di Beppe Sala, adesso rappresenta una prima anomalia tutta milanese nel panorama nazionale delle amministrative: 5 stelle rilevanti ma non straripanti, un nuovo sindaco (accettato da Renzi ma indicato dall’attuale ministro all’Agricoltura Maurizio Martina, che da segretario del Pd lombardo era un convinto bersaniano) con pedigree da vero moderato, ma sostenuto da una coalizione allargata molto simile, soprattutto in fase di ballottaggio, a quella che sostenne il predecessore. Altro che partito della nazione.

Tra l’altro, dopo un primo turno insoddisfacente (anche in questo caso, oltre a quello dell’attendibilità dei sondaggi, torna il tema della capacità di lettura della realtà), per gentile richiesta della coalizione Renzi e sodali a Milano non hanno più messo piede. Troppo forte la necessità di tenerli sullo sfondo per accreditare la specificità milanese della contesa, allontanando lo spettro della valanga antirenziana in arrivo di cui, finalmente, si iniziavano a chiarire i contorni.

Qui siamo alla seconda anomalia: per Sala, la differenza l’ha fatta quella sinistra sciolta (per forza, visto che non ha più riferimenti), variegata, diffusa e antirenziana che non ha inteso pagare il dazio di portarsi Salvini in casa pur di sbarrare il ponte levatoio al premier. Nell’ultima fattispecie mettiamoci anche i 5 stelle, che a Milano sono perlopiù di provenienza sinistra, e che – anche stando alle ultime analisi sui flussi (Istituto Ixe’) – non hanno soffiato sul fuoco della destra: solo un quarto sono tornati a votare, e tra questi molti hanno scelto Sala.

Dirimente davvero è stato il voto a sinistra, dei “gufi rosiconi” (che tristezza) che, dopo una campagna per il primo turno loffia e disorganizzata, hanno ripreso in mano la situazione, si sono ricompattati, mobilitati, partecipando alla conquista voto per voto, porta per porta, telefonata dopo telefonata (30mila non sono uno scherzo) di uno “status quo” per mille ragioni imperdibile, se non proprio entusiasmante. Complice anche un candidato profondamente cambiato (parole sue) da sei mesi a questa parte, che ha smesso di presentarsi come “mister Wolf, problem solving man“, e ha scoperto innanzitutto il valore della politica, della squadra, dell’appartenenza ad una comunità. E complice, va aggiunto, anche un Pd che a Milano più che altrove è tante anime, e certo non tutte renziane.

L’ha fatto gratis, la sinistra, visto che non avrà nemmeno quasi rappresentanza in Consiglio (di SinistraxMilano, la lista che più l’ha rappresentata, ne entreranno solo due, e il primo è Filippo Del Corno del Pd). Unico, grande rammarico, l’avesse fatto prima, non ci ritroveremmo con 5 Municipi su 9 al centrodestra.

Ora, certo, la squadra. Sala si è dato il termine ultimo di lunedì per presentarla, ma probabile lo faccia prima. Oltre agli ovvi (Majorino, Maran, Tajani), si parla del docente di Finanza Roberto Tasca al Bilancio e molto di Anna Scavuzzo come vicesindaca, che dalla sua ha, oltre all’essere donna, l’appartenenza al Pd.

A breve, insomma, la quotidianità macinerà la cronaca di chi ha fatto l’impresa a Milano. Sempre che il punto sia chiaro a tutti, e che non prevalga per l’ennesima volta l’istinto di non vedere quello che è davvero successo sul territorio o di chiudere gli occhi dopo il primo sguardo. Ma dimenticarsene, quello, sarà più difficile. A tenere viva la testimonianza di vita a sinistra ci ha pensato Renzi, dando appuntamento a tutti ad ottobre.

 

Laura Matteucci

 

 



Condividi

Iscriviti alla newsletter!

Per ricevere in anteprima sulla tua e-mail gli articoli di ArcipelagoMilano





Confermo di aver letto la Privacy Policy e acconsento al trattamento dei miei dati personali




Ultimi commenti