22 giugno 2016

MILANO ATTIVA IN UNO SCENARIO PREOCCUPANTE

I consulenti foglia di fico della modernità e i pericoli di Internet


«Chi sa che fa un consulente di concertazione? E un responsabile del benessere in impresa? O il manager del management?». «Questi amabili sconosciuti diventano di colpo incomprensibili se, conversando, si chiede: “Tu che cosa fai nella vita?”. Alle loro risposte, spiegazioni stentate piene di anglicismi in gergo commercial-manageriale, segue di solito un grande silenzio. Il problema non è il linguaggio, ma la sindrome sempre più diffusa nell’economia dei servizi: fanno un lavoro senza senso. Bullshit job, in originale» (1)

09gario23FB«Un giovane è a colloquio di lavoro. Tutto procede benissimo. “Ha un account Facebook?”, gli si chiede alla fine. “Certo!”, risponde entusiasta. Sul portatile che l’intervistatore gli porge, scopre un account a suo nome con la foto di schiena di un uomo nudo. “Era il suo nome, racconta François Cousin, consulente nei servizi di orientamento dell’Association pour l’emploi des cadres, ma non il suo account! Era quello di un omonimo”. L’aneddoto illustra molto bene le temibili sfide correlate con l’identità numerica. Tutti hanno sentito parlare degli effetti devastanti di una foto da ubriaco pubblicata su rete sociale». «“Oggi, dice Sabine Lepez, direttrice dell’orientamento e inserimento professionale all’università Clergy-Pontoise, il 90% dei reclutatori usa le reti sociali professionali per il sourcing dei quadri. Sette su dieci ‘googlano’ i candidati avanti l’intervista”» (2) È la terra incognita di oggi, che include anche noi chiedendoci pro forma il permesso.

«Facebook, a soli 12 anni dalla fondazione, è un grande impero con vasta popolazione, immensa ricchezza, un leader carismatico, estensione e influenza da capogiro. Social network più importante del mondo ha 1,6 miliardi di utenti e un miliardo lo usa in media oltre venti minuti al giorno». «È la sesta più importante società per azioni al mondo, valutata 325 miliardi di dollari». «Ma Mark Zurckerberg, 31enne fondatore e direttore generale di Facebook, ha ambizioni persino maggiori. Ha piani per connettere utenti dei paesi poveri usando droni a energia solare, punta su intelligenza artificiale, agenti virtuali e realtà virtuale» (3).

«La corsa all’oro dell’Intelligenza Artificiale s’è ovviamente impadronita dell’industria informatica e pone problemi imprevisti. Per esempio l’IA sviluppata da Microsoft, Tay, in due sole apparizioni su Twitter il 23 e 30 marzo, in poche ore s’è data a discorsi neonazisti e razzisti per mimetismo coi provocatori hacker del forum 4chan.org/pol. Questo tipo di IA si plasma sulla maggioranza degli interlocutori, affina le risposte per accumulo di esperienza». «Alimentare con dati falsi o orientati un sistema automatico di raccolta e analisi, è un pericolo immenso» dice l’esperto di cybersicurezza Thierry Berthier. «In realtà, un’IA va educata!». «In più, dare una coscienza morale a una IA ne farà via via una IA forte, potenzialmente ostile» (4)

Di fatto ci sono già «tanti e polimorfi fenomeni che caratterizzano le espressioni di odio online (ma davvero non c’è una buona traduzione condivisa di hate speech?): dal cyberbullismo al sexting al revenge porn» (5). «”Niente è più semplice che odiare lo straniero, niente è più semplice che suscitare le paure e intimidire. Niente è più semplice che comportarsi da animale, dimenticarsi dei principi e di operare in modo sufficiente”». Così Yaïr Golan, capo di stato maggiore aggiunto dell’esercito israeliano, il 4 maggio in un kibbutz per la cerimonia della giornata della memoria della Shoah.

La semplicità dei social network, patria dei romantici di oggi. «Oggi gli idealisti romantici sono falchi, appesi alla speranza che le vecchie prerogative e la sovranità classica, incarnate nella volontà di guerra, siano sufficienti a superare i vincoli di interdipendenza. I realisti – spesso militari, come Eisenhower – sono gufi attenti all’interdipendenza e a promuovere la democrazia per prevenire a breve termine il terrorismo e a lungo termine per educare i cittadini e porli al centro della vita nazionale e globale. La logica del realismo considera potere e paura come opposti. Il potere reale oggi sta nel sapere concordare leggi globali comuni, non nell’affermare le singole sovranità nazionali. La logica della libertà e la logica della sicurezza possono essere unite: il loro anello di giunzione è la democrazia. Sulla democrazia vera, sulle donne e sugli uomini che la concretizzano con la loro cittadinanza attiva, l’impero della paura non ha alcuna presa» (7).

La cittadinanza attiva è un ottimo investimento ai tempi della rete che tutto intercetta e nulla tiene. È il qui e ora che struttura il globale durevole con lavori che hanno senso, come nutrire gli affamati, dare da bere agli assetati, vestire gli ignudi, alloggiare i pellegrini. Col ricordo ancor fresco di Expo, lungo tutta la scala sociale Milano lo fa, producendo profitti da un lato e solidarietà dall’altro, con intraprendenza e lavoro. E, un po’ meno solido e scontato, col minimo comune denominatore della cittadinanza attiva, fuori dal provincialismo politico che ci ruba il futuro.

 

Giuseppe Gario

 

 

  1. Lorraine de Foucher, «Mais ça consiste en quoi, ton boulot?», Le Monde l’épo, 24-25/04/2016, p. 2]
  2. Benoît Floc’h, «Contrôler son identité numérique, ça s’apprend», Le Monde, 28/04/2016, p. 12
  3. «Imperial ambitions», The Economist, April 9th 2016, p. 9.
  4. Laurent Alexandre, «Pourquoi l’intelligence artificielle est raciste», Le Monde Science&Médecine, 17/04/2016, p. 1
  5. Roberto Casati, «L’odio corre sulla rete», Il Sole 24Ore, 17/04/2016, p. 25, recensione a Giovanni Ziccardi, L’odio online. Violenza verbale e ossessioni in rete, Milano 2016
  6. Piotr Smolar, «Un général israélien perturbe la Journée du souvenir de la Shoah», Le Monde, 07/05/2016, p. 4
  7. Benjamin R. Barber, Fear’s Empire. War, Terrorism, and Democracy, New York-London 2003, pp. 219-220

 

 



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