30 novembre 2009

LETIZIA MORATTI:COME DISTRUGGERE UNA CITTÀ


La distruzione della città per opera del sindaco Letizia Moratti sembra non aver mai fine e l’idea di una sua ricandidatura fa venir freddo. Ci sono due modi per distruggere una città: un modo fisico, materiale e un modo sociale. Distruggerla in modo fisico è un’operazione semplice: basta lasciar fare. Dopodiché ci troviamo cantieri aperti e abbandonati – vedi Darsena e parcheggi– manutenzione degli edifici scolastici del tutto trascurata, strade dissestate e sporche, pubblicità che invade e ricopre per tempi interminabili monumenti e facciate, trasporti pubblici ormai nelle cronache quotidiane per incidenti e disservizi, piste ciclabili inutilizzabili, verde trascurato e l’elenco potrebbe continuare. Quando poi si mette mano ai lavori si arriva alla tragicommedia di quelli fatti e rapidamente demoliti, come le barriere di protezione delle corsie dei mezzi pubblici o la silenziosa rimozione di brutture volute come i lampioni in via Massara de Capitani vicino a Piazza Schiavone .

La distruzione sociale è più sottile e penetrante: quando qualcuno denuncia i mali della città – l’alcolismo giovanile, il consumo di cocaina e altre droghe, la diffusione dell’Aids – si accusa chi ne parla di fare cattiva pubblicità alla città e, se costretti, si prendono provvedimenti repressivi, possibilmente clamorosi per occupare le pagine dei giornali per qualche giorno e mostrare i muscoli. Ma anche qui i casi di “macchina indietro” sono clamorosi: l’assessore alla salute Landi di Chiavenna decide di distribuire preservativi ai giovani come messaggio contro il dilagare delle malattie e il sindaco annulla la decisione dicendo che erano un incentivo ai rapporti sessuali giovanili.

Si procede allo sgombero dei campi nomadi abusivi e poi ci si accorge che si mettono in mezzo alle strade donne incinte e lattanti e si costringono i piccoli Rom ad abbandonare la scuola attraverso la quale si stavano integrando. Si titillano i peggiori istinti e i peggiori egoismi per rincorrere manciate di voti di una parte minoritaria della popolazione, non si pensa alla collettività nel suo insieme ma solo alle lobby di commercianti e taxisti .

Quello che impressiona di più è l’indifferenza dell’amministrazione: le pagine di cronaca cittadina dei quotidiani, anche quelli politicamente schierati con la Giunta, raccolgono cori di lamentele, raccontano aspetti deplorevoli della vita cittadina ma nulla cambia. L’immagine all’estero della nostra città, secondo una recente indagine di Meglio Milano, è migliorata di qualche posizione in classifica ma se si va a vedere le ragioni del miglioramento, sono legate alla improvvisa notorietà della città che si è aggiudicata l’Expo 2015. Allora tocchiamo il vero tasto dolente: la maggior parte del tempo del suo primo mandato il sindaco l’ha dedicato non ai milanesi ma all’Expo, quasi fosse la panacea di tutti i mali e oggi si rivela solo il duro campo di battaglia di affamate forze politiche in cerca di soldi da spendere dei quali, nella più garbata delle ipotesi, vogliono farsi vanto. Ma non solo. Ogni avvenimento in città, dagli incidenti delle vetture tranviarie ai fatti di sangue – ovviamente quelli che coinvolgono extracomunitari – dalle crisi aziendali alle indagini giudiziarie, non sono letti come problemi della collettività ma solo come occasione di confronto politico e di clamore mediatico.

Ma i veri, grandi problemi s’ignorano e primo tra tutti quello della criminalità organizzata. Nel recentissimo libro di Carlucci e Caruso “A Milano comanda la ‘Ndrangheta “, si racconta di tutto e si indica il collegamento stretto tra la criminalità organizzata e il consumo di droga: Milano ha il record italiano di consumo di cocaina pro capite. Ma anche su questo teme si arretra: la commissione comunale sulle infiltrazioni mafiose è cancellata.

Alla triennale la mostra La città fragile mostra un quadro a dir poco preoccupante della città eppure sembra che nessuno veda queste cose e se ne faccia carico concretamente.

Dove sta andando Milano? Non si sa ma si sa da dove si sta allontanando. Si allontana dalla Milano dei sindaci della ricostruzione, dalla Milano col cuore in mano nota per la sua generosità e la capacità di integrare, dalla Milano dei banchieri colti e mecenati – Raffaele Mattioli – ma, senza andare così lontano, dalla Milano di cui parla il Cardinale Martini nell’intervista video che pubblichiamo. Qualcuno ormai rimprovera anche la società civile, la borghesia in particolare, di tollerare troppo, di aver rinunciato al suo ruolo: è vero ma forse non si è ancora al punto di non ritorno. Si può ripartire ma senza Letizia Moratti.

L.B.G.



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