21 giugno 2016

arte – I MARINONI, DALLE VALLI AL MUSEO


Quella dei Marinoni è una dinastia di pittori originaria di Desenzano al Serio e attiva per cinque generazioni che domina la produzione artistica della provincia bergamasca, inondandola di polittici, affreschi e pale d’altare. Il successo della pittura dei Marinoni stupisce se lo si misura con le esperienze contemporanee di punta come Milano o Venezia, ma trova spiegazione nel profondo radicamento di questa bottega nel proprio territorio: gli sforzi economici della committenza non sono compensati dall’originalità creativa, bensì dalla qualità dei materiali impiegati, dall’affidabilità della perizia artigiana e dalla facilità di lettura del soggetto dipinto.

arte23FBIl Museo Bagatti Valsecchi celebra la famiglia di pittori bergamaschi e il ritorno del Polittico di San Giovanni Battista dopo un anno di assenza, producendo una piccola mostra curata da Chiara Paratico, che fa il punto su quest’opera, tanto intensa quanto portatrice di misteri. Realizzato nel 1493 da Giovanni Marinoni con i figli Bernardino e Antonio, il Polittico è l’unico dipinto giunto fino a noi firmato e datato dalla bottega Marinoni. Allestito in mostra fino al 2 ottobre, e poi ricollocato nella sua originaria posizione sullo scalone di via S. Spirito, il Polittico è allestito insieme a uno schermo touch con un video che consente di contestualizzare e conoscere l’ampia attività dei Marinoni nel territorio di Bergamo. Per scoprire questa enorme produzione artistica una piantina dettagliata della Val Seriana, Val Brembana e Bassa Bergamasca viene data in omaggio ai visitatori del Museo, per consentire la mappatura di tutte le opere presenti sul territorio.

Chiara Paratico, curatrice della mostra, parlandone dice “Di fronte ai più illustri modelli (Foppa, Bramante, Mantegna), nessuna pretesa di originalità e anzi l’emulazione delle medesime soluzioni iconografiche, spesso senza comprenderne a fondo la portata. Nel lento rinnovamento delle tipologie della tradizione i Marinoni rappresentano un’eloquente testimonianza di un approccio alla pittura come “mestiere” e all’opera d’arte come “materia” preziosa, opera corale di più artigiani, mastri dell’“arte del fare”, lontani dalla più moderna concezione del “fare arte”.

La piccola stanza al piano nobile, realizzata grande al generoso contributo dello studio Lissoni Associati, che ha visto ospitati i quattro tesori del Rinascimento in occasione di Expo, e i particolari e gli sguardi di Giampiero Bodino adesso fa da casa a una piccola mostra di approfondimento su questi pittori poco conosciuti. Di certo non è la grande mostra di richiamo ma grazie a mappa e schermo è una bella occasione per scoprire qualcosa di nuovo in città, e nel territorio lombardo.

Un affare di famiglia I Marinoni e il Polittico di San Giovanni Battista fino al 2 ottobre 2016 Museo Bagatti Valsecchi, Milano biglietto € 9,00 / 6,00 / 2,00

 

THE FLOATING PIERS: CHRISTO SUL LAGO DI ISEO

Un lungo serpente gialloarancio sta prendendo possesso del Lago d’Iseo. Non è un mostro di Loch Ness nostrano o l’ennesima iniziativa promozionale, si tratta di The Floating Piers, il nuovo progetto di Christo in Italia, che reinterpreterà il lago lombardo per 16 giorni dal 18 giugno al 3 luglio 2016. 70.000 metri quadri di tessuto giallo cangiante, sostenuti da un sistema modulare di pontili galleggianti formato da 200.000 cubi in polietilene ad alta densità, comporranno una installazione che si svilupperà a pelo d’acqua seguendo il movimento delle onde. The Floating Piers creerà sulle acque del Lago di Iseo un percorso pedonale di 3 km composto da pontili larghi 16 metri e alti 50 centimetri dai bordi degradanti. Il tessuto si svilupperà per altri 1,5 km lungo la strada pedonale tra Sulzano e Peschiera Maraglio.

In concomitanza con il progetto sul lago d’Iseo, il Museo di Santa Giulia a Brescia (fino al 18 settembre 2016) presenta la mostra Christo and Jeanne-Claude. Water Projects, a cura di Germano Celant in collaborazione con l’artista e il suo studio: per la prima volta sono riuniti i progetti di Christo e Jeanne-Claude legati all’elemento acqua, nei quali gli artisti hanno lavorato in stretta relazione con paesaggi rurali e urbani caratterizzati dalla presenza di mare o lago, oceano o fiume.

Tra la primavera e l’estate del 2014 Christo, insieme a Vladimir Yavachev – operations manager, Wolfgang Volz – project manager, Josy Kraft – registrar e curatore, hanno esplorato diversi laghi del nord Italia e, insieme al Project Director Germano Celant, hanno ritenuto che il Lago d’Iseo fosse il luogo più adatto e di grande ispirazione.

L’ennesima follia artistica che andrà a pesare sulle tasche dei cittadini? Decisamente no, perché come tutti i lavori della coppia, i fondi per la realizzazione di questa opera provengono interamente dalla vendita delle opere di Christo. Non solo: il grande artista non accetta alcun finanziamento o sponsorizzazione, come pure non accetta che i visitatori paghino il biglietto per accedere al progetto. Non sono ammesse collaborazioni a titolo gratuito (volontari). Non accetta denaro per materiale quali manifesti, cartoline, libri, filmati o prodotti analoghi. Assolutamente nulla. Christo, infatti, è fermamente convinto che scendere a patti di tal genere potrebbe alterare o compromettere la sua arte, il rifiutare contributi in denaro gli consente di lavorare in totale libertà.

Scopo primario di Christo e Jeanne-Claude è da sempre quello di creare opere d’arte magnifiche e gioiose senza far pagare i visitatori, pertanto non serve nessun biglietto per vedere, accedere e godersi The Floating Piers. Serve solo un po’ di bel tempo, che in questi giorni sembra merce straordinariamente rara.

The Floating Piers  Sulzano Lago di Iseo – dal 18 giugno al 3 luglio. Come si accede alla passerella, aperto 24/24 H, senza prenotazione. Biglietti speciali Trenord

 

 

FURTI RAPPRESENTATI E REALI: L’IMAGE VOLÉE

Chi cerca un approccio innovativo all’arte e una declinazione anticonvenzionale di “mostra”, non può non visitare Fondazione Prada a Milano. Quelli che all’inizio del Novecento erano spazi industriali, ospitano oggi gallerie ampie e modernissime, che nulla hanno a che fare con il tradizionale “museo”. Qui le mostre si destrutturano, sviluppandosi attraverso ambienti non contigui, intersecandosi tra loro e divenendo tutt’uno con gli spazi aperti: percorsi rebus lungo i quali il visitatore insegue il significato delle opere o della loro assenza.

È questo ciò che avviene in L’image volée, la mostra collettiva curata dall’artista Thomas Demand, che fino al 28 agosto occuperà i due livelli della Galleria Nord e lo spazio cinema dell’ex distilleria Sis. Il progetto accoglie più di 90 opere realizzate da oltre 60 artisti tra il 1820 e i giorni nostri, e nasce dalla riflessione del curatore sul tema del “furto”, inteso sia come sottrazione fisica o mutilazione di un’opera artistica, sia come appropriazione dell’originalità altrui attraverso l’imitazione, la copia, il plagio, sia infine come frutto di una violazione dell’intimità umana.

I “furti” qui rappresentati possono essere reali” (come testimonia la cornice vuota del Ritratto del Dottor Gachet, di Vincent van Gogh, 1890), fittizi (come nel caso di Stole Rug, il tappeto persiano rubato “su richiesta” di Richard Artschwager nel 1969) o addirittura riguardare un’opera inesistente (come quella di cui Maurizio Cattelan denunciò il furto nel 1991, per poi incorniciare ed esporre Untitled, il verbale redatto dai carabinieri). A un’altra forma di “furto” sono ricondotte le pratiche di contraffazione, copia, collages di “immagini” decontestualizzate provenienti da diversi media (cinema, web, cartoni animati): tecniche che mettono in discussione i concetti stessi di “autore” e di “opera finita”.

Infine vi sono furti che non riguardano l’arte (o l’”artisticità”) bensì i momenti privati di individui sconosciuti, sottratti alla vita quotidiana con un atto di “spionaggio” che trasforma l’operazione artistica in violazione di intimità. È ciò che succede nella serie The Hotel (1981), in cui Sophie Calle immortala gli oggetti degli ospiti dell’albergo in cui lavora, o nell’installazione video Blue Line (Holbein) (1988) con cui John Baldessari dimostra che anche gli spettatori ripresi a loro insaputa possano trasformarsi in soggetti d’arte. Insomma quest’ultima parte della mostra (che si chiude con l’esposizione di una serie di strumenti di intercettazione russi e tedeschi) suggerisce come qualsiasi oggetto comune possa elevarsi a opera d’arte se guardato esteticamente, estratto dal suo contesto abituale e trasformato in spunto di riflessione.

Che scaturisca dal desiderio di possedere materialmente un oggetto o dal bisogno di superare i limiti dell’originalità creativa rappresentati dai modelli iconografici preesistenti, il “furto” dell’arte ha sempre un effetto distruttivo, poiché riduce l’opera a mero oggetto senza scopo (non fruito né interpretato pubblicamente) e mortifica il genio tanto di chi “crea” quanto di chi “ruba”.

Paradossalmente sembra che solo i dettagli della vita quotidiana, strappati all’anonimo privato di individui qualsiasi, sappiano conservare un’originalità genuina e farsi inconsapevolmente arte. Mentre l’“autore” non è osservatore, interprete e intermediario di esteticità del reale che si fa da sé e che egli deve solo “cogliere”. Ad essere “rubato” è, in definitiva, l’atto creativo stesso.

Chiara Di Paola

L’image volée fino al 28 agosto 2016 Fondazione Prada, Largo Isarco 2 Milano Biglietto Intero – 10 € Ridotto – 8 € orari: lunedì / mercoledì / giovedì, 10 – 19 ; venerdì / sabato / domenica, 10 -21

 

 

DISPIEGANDO LE VELE DELLE IMMAGINI … STUDIO AZZURRO

Quando si scrive di mostre e di installazioni si percorre un doppio sentiero, quello emozionale e quello analitico: ci si lascia coinvolgere dalla bellezza e dal messaggio che artisti e curatori hanno inteso comunicare; e al contempo si osservano in modo attento ma distaccato la forma, le luci, l’allestimento. Per scriverne ci vuole un certo distacco: è necessario mantenere l’equilibrio tra soggettività e oggettività, per raccontare a chi legge quello che si è osservato, senza che però l’oggetto osservato venga sopraffatto dall’osservatore, e che il lettore venga eccessivamente influenzato.

Questa premessa è necessaria: dopo due giorni di tentativi di recensire la retrospettiva di Studio azzurro a Palazzo Reale ho deciso che le mie parole sarebbero state troppo sbilanciate: da quando ho incontrato per la prima volta la produzione artistica non ho mai smesso di rimanerne incantata. Perdonatemi quindi se riporterò sono le parole dei fondatori di Studio Azzurro che accompagnano la mostra, e fidatevi: andate a Palazzo Reale. Che conosciate o meno il loro lavoro regalatevi del tempo per voi, una visita negli “ambienti sensibili” stimola e riempie la testa di spunti, di pensieri, di cambi di rotta.

Dispiegando le vele delle immagini, il viaggio ebbe inizio. Esplorando, in principio, lo stesso oceano su cui galleggiava la nostra nave – provammo, poi, a pensare a destinazioni più precise che ci portarono inevitabilmente fuori dalle rotte normalmente praticate dal mercato dell’arte. L’esplorazione è diventata così motivo di incontro e di conoscenza, occasione per ascoltare i racconti delle persone e imparare a guardare le cose attraverso il senso dell’udito. Ascoltando le persone è stato inevitabile e necessario conoscere i luoghi dove abitavano e viaggiare attraverso il territorio dove i racconti che ricevevamo in dono erano collocati e ambientati.

Per questa ragione abbiamo lasciato le confortevoli pareti dello Studio e ci siamo avventurati fuori (anche fuori di noi), sperimentando la sorpresa curiosa dell’incontro con luoghi, paesi, territori che ci sono vicini e anche lontani. E nello stare in un altro luogo e nel riportare e confrontare questi luoghi con altri, la nostra ricerca è diventata anche una ricerca sociale e in un certo senso politica nel suo dar spazio a narratori sorpresi e sorprendenti, artigiani che con gesti simili operano e vivono sulle sponde opposte dei nostri mari, persone comuni, persone non comuni, quelle le cui espressioni fatte di gesti, sostituiscono e trasformano i suoni delle parole in immagini, persone recluse, e persone infine escluse o ai margini che ci donano la possibilità di imparare dalla loro vita.

Noi siamo ancora in viaggio, nessun porto ospita la nostra nave. Col passare degli anni, i compagni diventano altri, si trasformano, nel cambio delle esperienze, nella novità delle competenze, che sono necessarie per affrontare i mutamenti di un oceano che non ha mai un attimo di posa. Le tecnologie risultano come i gusci di conchiglie che si rinnovano con l’evoluzione degli organismi che contengono, mutati velocemente da analogici a digitali e che ci ricordano sempre che questo mondo, che stiamo esplorando è ancora … virtuale.

Quello reale, quello che ci circonda per davvero, suscita continui interrogativi, ci pone continuamente delle domande, alle quali, per provare a dare risposta, nel tentativo di raggiungerle è necessario trovare nuove rotte e altre destinazioni.  (…)

Ed è proprio la fedeltà a una poetica precisa a darci, forse, la possibilità di intravvedere una rotta che tiene conto del turbinare delle novità tecnologiche e del disorientamento degli eventi quotidiani, permettendoci di non inseguire, affannati, ma di osservare le mutazioni tecniche e antropologiche, senza lasciarci sopraffare, tentando invece di sintonizzarci, ogni volta, con il loro versante inesplorato e profondo, quello che cela una ricchezza, una fertilità creativa che attende chi la sappia ascoltare.

Una nuova possibilità si apre, che spinge a un’azione speculare e capovolta, una sorta di salto nel sogno del possibile. (…) Uno strumento per intervenire dal “di dentro” su ciò che ci circonda, rivolgendo quelle tecnologie – pensate solo per connetterci virtualmente “a distanze di sicurezza” – all’ascolto e all’osservazione di ciò che si manifesta dentro di noi, nella nuvola delle emozioni, accanto a una ragione cautamente assopita. Le immagini sensibili, che abbiamo alimentato per tutti questi anni, hanno insegnato anzitutto a noi che stavamo dimenticando quella “sorpresa nel riconoscersi nell’altro” che chiamiamo empatia. (…)

I compiti e le scelte che ci stiamo dando non sono semplici e, ancora una volta, sono audaci. Le decisioni balbettano ancora, appena prima di trovar voce, proprio come i vagiti dei bimbi appena nati. Hanno bisogno di molte cure e precise attenzioni per diventare chiare e forti. Facciamole crescere. “

(Per dovere di cronaca: quella a Palazzo Reale non una semplice mostra, ma un’esperienza polisensoriale che racconta i 35 anni di Studio Azzurro, punto di riferimento nazionale e internazionale della creazione artistica legata alle nuove tecnologie. Decine di proiettori, monitor, touchscreen e sensori sono nascosti in “ambienti sensibili” che reagiscono alla presenza e ai gesti, con l’intento di rendere il visitatore attore protagonista mentre si muove all’interno di uno spazio popolato di immagini. Sono moltissime le opere realizzate da Studio Azzurro dal 1982 a oggi, e ora Milano rende omaggio a questo straordinario laboratorio di ricerca, riproponendo le installazioni più significative della lunga ricerca artistica stimolata dalle nuove tecnologie, a cui si aggiunge un’opera inedita, Miracolo a Milano, appositamente progettata per la Sala delle Cariatidi.)

STUDIO AZZURRO. Immagini sensibili fino al 4 settembre 2016 Palazzo Reale – Piazza del Duomo 12 – Milano Ingresso € 12/10/6

 

 

UN BOCCIONI D’ARCHIVIO, SOLO PER SPECIALISTI

Per festeggiare il primo centenario dalla morte di Umberto Boccioni (1882-1916), il Comune di Milano celebra l’artista con una mostra che mette in luce il percorso artistico dell’artista, con particolare riguardo per la sua attività milanese, presentando circa 280 opere tra disegni, dipinti, sculture, incisioni, fotografie d’epoca, libri, riviste e documenti. “Umberto Boccioni (1882 – 1916). Genio e Memoria” è una mostra che è concepita dai curatori con un originale taglio critico che offre un percorso selettivo sulle fonti visive che hanno contribuito alla formazione artistica e all’evoluzione dello stile dell’artista.

Per la prima volta Milano riunisce il ricchissimo patrimonio di Boccioni dalle collezioni e dagli archivi dei suoi musei (Camera di Commercio, Castello Sforzesco, Galleria d’arte Moderna, Gallerie d’Italia, Museo del Novecento, Pinacoteca di Brera) il primo al mondo per consistenza e rappresentatività. Le opere, messe in dialogo con le nuove fonti, sono esposte insieme al corpus integrale dei 60 disegni del Castello Sforzesco; si tratta di un nucleo di eccezionale qualità che riassume le linee essenziali del percorso artistico di Boccioni tra il 1906 al 1916, anno della sua morte. Insieme al corpus di 60 disegni del Castello Sforzesco, l’esposizione, sviluppata in ordine cronologico e per nuclei tematici, fonda la sua struttura anche su scritti e documenti identificati e catalogati di recente alla Biblioteca Civica veronese: in particolare una rassegna stampa futurista riunita a partire dal 1911, alcuni libri, appunti sciolti e fotografie e una raccolta di ritagli di riproduzioni artistiche.

Il percorso di mostra è suddiviso in due ampie sezioni: la prima dedicata alla formazione mentre la seconda sezione del percorso indaga l’applicazione dei principi teorici espressi dall’artista nei suoi interventi.

La mostra è interessante, profonda e accurata ma eccessivamente specialistica: il visitatore medio, il curioso che entra a Palazzo Reale attratto dal nome conosciuto rimarrà deluso. Il percorso espositivo ripercorre sì la formazione e la storia del grande artista milanese ma, a mio avviso, non esplica in nessuna maniera il ruolo divulgativo che una mostra celebrativa come questa dovrebbe avere. Il corpus di materiali raccolti è oggettivamente ingente, ma, soprattutto per quello che riguarda la paternità delle opere, sembrano essere presenti più quelle di altri artisti rispetto quelle dello stesso Boccioni.

Umberto Boccioni (1882 – 1916). Genio e Memoria fino al 10 luglio 2016 Palazzo Reale Piazza Duomo Milano orari: lunedì 14.30-19.30 martedì, mercoledì, venerdì e domenica 9.30-19.30 giovedì e sabato 9.30-22.30 Prezzo: € 13 /11 / 6

 

IL MONDO FANTASTICO DI CARSTEN HÖLLER ALL’HANGAR BICOCCA

Una visita alla mostra appena inaugurata al Pirelli Hangar Bicocca equivale a vivere un’esperienza a metà tra l’immersione in un sogno e la visita in un mondo parallelo: tra giostre luminose, passaggi al buio e installazioni colorate, la realtà viene messa in discussione e il dubbio, “Doubt” appunto, regna sovrano. Nel grande hangar di via Chiese sono presentate oltre venti opere, tra le più iconiche dell’artista, che includono sculture, video, fotografie e ambienti, insieme a installazioni che invitano alla partecipazione attiva del visitatore stimolando la percezione del pubblico.

La mostra si sviluppa nello spazio delle Navate di Pirelli HangarBicocca lungo due percorsi, simmetrici e paralleli, accessibili da due diversi ingressi. Passando dentro a un tunnel luminoso lo spettatore si trova davanti a una scelta: verde o giallo? Lui non lo sa, ma la decisione determinerà l’intero percorso di visita. Tornare indietro non è possibile, ma si potrà poi ricominciare da capo. Dal bivio iniziale si determina la fruizione della mostra sia come vissuto individuale, fondato sulle sensazioni e sulla memoria di ciascun visitatore in relazione allo spazio, sia come esperienza collettiva che permette al visitatore di osservare le altre persone mentre interagiscono con le opere. Come afferma l’artista: “Puoi avere la sensazione di perderti qualcosa perché c’è sempre un’altra possibilità, o c’è sempre un altro modo di percorrere la mostra”.

I visitatori sono, dunque, parte integrante dell’esposizione sia attraverso il loro coinvolgimento diretto nell’attivazione delle opere, sia nel ruolo di osservatori e osservati da parte del restante pubblico.

HangarBicocca ospita fino al 31 luglio “Doubt”, la mostra personale di Carsten Höller, artista tedesco tra i più riconosciuti a livello internazionale per la sua approfondita riflessione sulla natura umana. La pratica di Höller è fondata sulla ricerca di nuovi modi di abitare il mondo in cui viviamo e prevede il coinvolgimento diretto del pubblico con l’opera d’arte. Höller concepisce la mostra come un’installazione unica che si sviluppa attraverso diversi momenti – divisione, duplicazione, unione, ribaltamento – in un percorso in cui i confini tra inizio e fine diventano sempre più labili.

Una volta usciti dal grande Hangar la sensazione è strana: non sembra di aver visitato una mostra, non è appagata la sete di conoscenza ma si ha addosso uno strano stato di euforia, divertimento e la percezione che Carsten Höller abbia una profonda conoscenza dell’animo umano, che in questa occasione ci sbandiera sottilmente.

Carsten Höller Doubt fino al 31 luglio Pirelli Hangar Bicocca Via Chiese 2, Milano Orari di apertura Giovedì – Domenica, 10.00 – 22.00 Ingresso Libero

 

 

VULCANI: ORIGINI E SEGRETI DELLE MONTAGNE DI FUOCO

Dal 16 marzo all’11 settembre 2016 al Museo di Storia Naturale di Milano sono i vulcani a fare da padroni, con una mostra tutta dedicata alle affascinanti quanto misteriose “montagne fumanti”. Curata del vulcanologo Marco Stoppato, la mostra “Vulcani” è promossa e prodotta dal Comune di Milano – Cultura, dal Museo di Storia Naturale di Milano con l’Associazione di divulgazione scientifica Vulcano Esplorazioni e Silvana Editoriale.

Quello al Museo di Storia Naturale è un percorso espositivo che, grazie al largo impiego di tecnologie innovative come il mapping, la realtà aumentata e i diorami, guida chiunque, anche i visitatori meno appassionati, alla scoperta delle montagne di fuoco raccontandone l’origine, l’evoluzione e i segreti. Grazie alle immagini fornite dalla NASA, i vulcani della Terra sono messi a confronto con i vulcani presenti nell’intero Sistema solare, alcuni dei quali ancora attivi. Immagini spettacolari, filmati, ricostruzioni computerizzate, ologrammi, mapping, realtà aumentata, diorami in grandezza naturale, insieme a una straordinaria collezione di campioni di rocce, minerali e meteoriti, sono gli strumenti attraverso i quali vengono illustrati i tipi di eruzione e i prodotti che si originano durante l’attività effusiva o esplosiva. I vulcani attualmente in attività sono quasi 500 nel mondo e milioni sono le persone che vivono alle pendici di queste particolari montagne.

Il percorso della mostra porta il visitatore, attraverso sette sezioni, alla scoperta e alla comprensione dei segreti del nostro pianeta, della sua struttura interna e dei processi geodinamici che portano alla nascita dei vulcani. Uno sguardo indietro nel tempo e nello spazio per osservare la Terra consente di scoprire i meccanismi e i fenomeni geologici che ne regolano l’attività e una visione della Terra in movimento e privata degli oceani consente di osservarne la struttura, la crosta fratturata, i rilievi e le depressioni. In “Come è fatto un vulcano” la struttura geologica del vulcano è introdotta e analizzata mediante diorami in scala, e una sorta di radiografia di queste inquiete montagne ne illustra gli elementi principali. Qua sono presentati in maniera più specifica e precisa gli ambienti “geodinamici”, ovvero quei luoghi della Terra dove possono manifestarsi i fenomeni vulcanici e quelli sismici.

Nella terza sezione, attraverso una sorta di radiografia, sono rivelate le differenti forme dei vulcani – non sono tutte montagne a forma di piramide – che dipendono dai luoghi, dalla composizione chimica delle lave e dai processi geologici. Qua un tablet e un grosso QR code a terra consentono una visione 3d dell’Etna, la possibilità di girarci attorno e di osservare i suoi crateri principali e secondari. Tra fotografie spettacolari e campioni di rocce la quarta sezione racconta “Le eruzioni e i prodotti dell’attività vulcanica”. Ci sono poi le ricostruzioni in scala1:1 di momenti simbolo di vita vissuta di alcune fra le più famose e terrificanti eruzioni del passato, dal Mont Pelee in Martinica, al vulcano Pinatubo in Filippine, dal Kilauea alle Hawaii al Mount St. Helens negli USA.

In mostra è possibile anche vedere anche una sorta di campo base dedicato al lavoro dei vulcanologi dove sono presentati alcuni degli strumenti utilizzati dagli scienziati per investigare lo stato fisico del vulcano nel tentativo di predirne le eruzioni future. Con immagini e video si indagano infine i fenomeni vulcanici secondari, quelli legati alle aree geotermiche.

Anche per i più scettici la mostra vale la pena, non serve spolverare le nozioni di geologia sepolte in qualche remota parte della mente: la mostra appaga la curiosità senza oltrepassare la sottile linea dello specialismo, mantenendo un carattere di generalismo senza però banalizzare. Un buon divertissement per un pigro pomeriggio primaverile.

Vulcani fino al 11 settembre 2016 Museo di Storia Naturale corso Venezia Milano orari: da martedì a domenica 9- 17.30 costo del biglietto:10 / 7 / 5 €

 

 

 

 

 

questa rubrica è a cura di Benedetta Marchesi

rubriche@arcipelagomilano.org

 


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