14 giugno 2016

NANNI ANSELMI E LE AMICIZIE NELLA POLITICA

Ci ha lasciato un amico: la sua “carica ci mancherà”


Mercoledì 8 giugno Nanni Anselmi ci ha lasciati. Chi l’ha conosciuto sa che la sua salute era stata minata per dieci anni da una malattia grave: la SLA, cioè “la Bestia”, come la chiamava lui. Ci siamo frequentati solo negli ultimi tre anni e mezzo, ma incontrandolo ho riconosciuto in lui un fratello. Rimpiango sia successo tardi e che lui se ne sia andato presto. Tanto buono e dolce era Nanni, quanto energico e deciso: non so da dove tirasse fuori tutte quelle energie. Ma da qualche parte della sua anima (troppo fragile il corpo) certo le prendeva e sapeva donarle a tutte le persone che incontrava.

02boitani22FBLui, immobile per forza, era capace di mobilitare persone e coscienze. Amante della danza e della musica, insieme ai figli, a un nipote e a tanti amici, aveva trasformato la Bestia in una straordinaria festa rock (Slanciamoci), che ogni anno celebra a Milano l’arrivo della primavera e grazie alla quale si raccolgono fondi per la ricerca sulla SLA e sulle cure possibili. Quest’anno non era riuscito a venire, costretto a casa da un’infezione che l’ha messo sulla via dritta e scoscesa della fine. Aveva però registrato poche parole di saluto, che sono un concentrato dell’atteggiamento di Nanni, capace di pensare positivo anche nelle situazioni più improbabili.

C’è chi ama bere la vita a gocce o a garganella”, scriveva Montale in non so più quale poesia. Di sicuro a Nanni piaceva berla a gran sorsate, la vita, di gusto. Non era per lui quell’altro (più famoso) verso di Montale: “Vissi al cinque per cento. Non aumentate la dose”. Forse la Bestia lo ha spinto a vivere sopra il 100%. O forse l’avrebbe fatto comunque. Nanni ha inventato, animato e diretto la nascita del civismo politico democratico e di sinistra a Milano, che ha accompagnato tutta la stagione di Pisapia sindaco e ha dato anima e peso alla candidatura di Umberto Ambrosoli alle regionali del 2013.

Alla giunta Pisapia quel civismo ha dato una straordinaria assessora, sul serio capace di “realizzare”: quella Lucia Castellano, che per molti anni ha condiviso con Nanni gioie e dolori della vita. Nanni credeva e praticava una politica bella, alta, intrisa di un ideale ugualitario e che negli anni si era fatto sempre più “comunitario”. In pomeriggi per me indimenticabili, a casa sorseggiando un tea, o sulla spiaggia della sua amata Forte dei Marmi (dove riusciva a respirare meglio), discutevamo di Adriano Olivetti, Michael Sandel, Elinor Ostrom e Amartya Sen e poi (quasi senza soluzione di continuità) di cosa si doveva e poteva fare per le periferie milanesi e per l’ambiente in città e per superare l’assurda disuguaglianza della distribuzione del reddito, della ricchezza e del potere … .

E ancora, su cosa significava e come era possibile declinare in pratica la “democrazia deliberativa e dignitaria” in cui crediamo e come conciliare i “beni comuni” col capitale necessario a produrli. La sua sana ironia ci riportava coi piedi per terra o a chiacchierare di magliette Lacoste (eravamo in gara per chi ne avesse di più vecchie e di più colori) o di tennis, comune passione sportiva (e che lui aveva praticato a un livello assai migliore del mio). “Tutto questo è polvere di vita, il meglio e il tutto”.

Negli accidentati mesi del tramonto Nanni era molto amareggiato per la politica milanese e, ancor, più, per quella nazionale: vedeva entrambe sulla china di una pericolosa involuzione. Con lui alcuni cari amici e chi scrive. Era arrivato l’inverno del nostro scontento. Abbiamo sperato che un sole sorgesse da Genova (non da York) e scaldasse i cuori milanesi. C’è mancato poco. Non voglio entrare nel ricordo, ancora troppo vivo e doloroso, delle sue ultime azzardate, perdute battaglie, in cui qualcuno lo ha tradito, dileggiato e maltrattato.

Nanni, sapeva rispondere agli schiaffi (con straordinaria veemenza verbale, bisogna dire) ma si arrestava, triste e sgomento, di fronte al pozzo di cattiveria che si apre nel fondo delle anime piccine. I suoi figli, i suoi affetti hanno lenito le ferite “politiche” e lo hanno riportato alla serenità negli ultimi tempi. Ora lui non c’è più. Intravedere il cammino senza Nanni sarà difficile, ma lui non vorrebbe che pettinassimo le bambole a lungo.

 

Andrea Boitani

 



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