14 giugno 2016

VOTO SALA PERCHÉ NON LO SOSTENGO

Non turarsi il naso ma scegliere l’interlocutore


Pare andare meglio. Ma i giorni che sono seguiti ai risultati del primo turno a Milano quel che si avvertiva era panico. I sostenitori di Sala, il Pd fra i primi, si aggiravano in rete con foto degli impresentabili del centrodestra nazionale e milanese. I post che hanno attraversato la rete, i social network – ancora adesso questa strategia è in atto – cercano di convincere nell’annullare il discorso del ‘pari sono’ fra Sala e Parisi.

03miotto22FBChe Beppe Sala e Stefano Parisi non siano uguali, così come gli schieramenti opposti, è difficile da non notare. Il punto, però, è un altro: chi non decide, o decide nel nome dell’anti-renzismo, o semplicemente chi si sente non rappresentato a sinistra, forse potrebbe valutare alcuni aspetti prima di radicarsi nel proprio convincimento.

Io Sala lo voto, ma non lo sostengo. Non è il mio candidato, non l’ho votato al primo turno dove ho disgiunto. Io sono stufo della campagna su ’ritornano i mostri’. Coraggio: chi può dimenticare non dico la grigia Milano, ma addirittura venticinque anni di destrutturazione culturale e di intere classi sociali In Italia per mano di quel ceto “Has Fidanken” che oggi si fa ancora la fotografia sorridente. Non siamo così smemorati da non ricordare. Basta panico, appunto. Succede come con i cani; se hai paura lo sentono. Come intavoliamo una discussione con chi ha paura e diviene aggressivo?

Io voglio votare per. Voto per me, per noi e siamo tanti, un noi ampio e collettivo che riunisce gran parte dell’esperienza politica progressista che sta o meno nei partiti, perché ha vissuto una città in cui l’amministrazione comunale, che sicuramente ha commesso errori e che sempre può far di meglio, è stata però spesso facilitatore, occhi e orecchie aperte, rispetto alle energie che si sono liberate in città e che chiedono ancora di più: spazi, occasioni, accompagnamento, ma non sostituzione, percorsi, mezzi per coinvolgere. Un noi che ha, cioè, una visione forse non sempre simile, ma sicuramente condivisa di quello che è la città.

Questo patrimonio non sparisce se viene Sala o Parisi. C’è. Quindi se attaccato, o non valorizzato, saprà farsi sentire perché dobbiamo anche smettere di pensare che il conflitto sia cosa del Novecento. Io preferisco confliggere, eventualmente, con Sala. Perché nel consiglio comunale ci saranno persone che – a partire dalla Cultura – hanno visione provata o sponde ragionevoli per discutere. Mi scelgo un perimetro.

Insieme a questo voto ci sono dei punti ormai evidenti del vuoto di una condizione politica che si è avvertito forte nella lamentazione del ‘non ci lasciar’ che ha accompagnato gli ultimi mesi rispetto alle legittime, annunciate, ma ancora poco comprensibili scelte del sindaco Giuliano Pisapia.

Abbiamo bisogno di tornare a parlare di pre-politica, senza l’ansia della competizione elettorale, dei suoi meccanismi, delle sue tradizioni che sono ‘nell’arte del compromesso’ spesso un’inutile ginnastica, quando si farebbe prima e meglio a dire le cose con il proprio nome, senza particolari strategie, tattiche. Mosse e contromosse son da cervelli fini, d’accordo, poi però io cammino in città e viaggio in metro, bevo il caffè nei bar e ascolto: abbiamo bisogno di realtà e di una pedagogia ritrovata per una società così depotenziata da quello che hanno espresso molti partiti e governo nazionale negli ultimi decenni.

E così arriviamo a Matteo Renzi e ai voti da sinistra che vorrebbero punirlo nell’urna milanese. Un non-sense che si vorrebbe tattico, ma che non ha nulla a che spartire con le nostre quotidianità, di chi vive questa città per i prossimi anni. La città è un organismo complesso, un insieme di fili che tiriamo in posti diversi che rappresentano azioni, desideri, bisogni, divertimenti, necessità, scontro, conflitto, diversità. La città è soprattutto nostra, i suoi muri che parlano, come la viviamo la notte, la fretta e le preoccupazioni economiche, il disagio delle zone abbandonate, la bellezza di quelle recuperate. In tutto questo non può essere Renzi a giganteggiare come molla per un voto contro.

Il conflitto genera da sempre energia. C’è una pericolosa tendenza che vuole che la parola ‘conflitto’ sia quasi da considerarsi obsoleta, retaggio di altre esperienze storiche che, non a caso, spesso vengono citate dal mainstream in maniera negativa. Si chiama controllo sociale. E però se finiamo con spegnere anche il dissenso dentro un’urna comunale, come se Milano fosse il luogo di chissà quale spallata finale, ecco mi pare che si sia capito davvero poco o nulla. Il conflitto non si fa con gli scherzi o i dispetti nell’urna.

Infine il dato della partecipazione al voto. Per questo la pre-politica, per questo c’è bisogno di pensare a strumenti ibridi, non solo digitali, che abbiano il compito di tenere insieme il pensiero e la comunità, condividere la visione, non degli status frenetici solipsistici, non l’adv su Facebook in campagna elettorale. Sentirsi dentro una visione, schierati.

Il mio voto per Sala non è e non potrà mai essere una dichiarazione di amore. È una presa d’atto consapevole di volermi scegliere il terreno più congeniale per poter agire.

 

Angelo Miotto



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