15 giugno 2016

SOGGETTI E INTERPRETI DELLE ELEZIONI MILANESI

Una comunità e la sua guida


Il prefetto lo scelgono a Roma, l’arcivescovo lo scelgono a Roma, il questore lo scelgono a Roma, il procuratore capo lo scelgono a Roma, il sindaco no, ecco quello vorremmo fosse scelto a Milano.

09mattace22FBIn questo 2016 la città cambierà tutti i suoi vertici istituzionali, temporali e non. Un modo per leggere in controluce come viene rappresentata e si rappresenta la comunità milanese. Chi viene mandato qui – ancora tutti uomini questo giro – a governare chi. Il governo, come potere centrale, individua i suoi “terminali” in maniera funzionale alle sue logiche e all’interpretazione che dà del territorio locale. Le biografie in questi casi diventano mappe d’orientamento, o semplicemente indiziarie.

Ma un sindaco è al vertice del Comune, “l’ente che rappresenta la comunità milanese, ne cura gli interessi, ne promuove lo sviluppo e ne tutela le specificità culturali e socio-economiche.”. I mal di pancia milanesi stavano molto qui, nell’insofferenza per aver ricevuto indicazioni da chi non aveva titolo, perché della comunità cittadina non faceva proprio parte. Di qualcuno che ha preso la parola interrompendo un discorso, un discorso balbettante a dire il vero.

“Le donne e gli uomini che compongono la comunità milanese” tra le altre cose si distinguono per “operosità e spirito di iniziativa”, e lo hanno dimostrato anche in questi ultimi cinque anni. Complice la crisi, o semplicemente interpreti della modernità, si sono adoperati nell’inventare nuove modelli di relazione e di partnership tra pubblico e privato, investendo nel privato sociale, animando le reti informali e formali che costituiscono le sfere private pro sociali.

Stiamo discutendo del rapporto tra la comunità e la sua guida, che si intreccia al rapporto tra locale e nazionale, e a quello tra globale e locale. Quanto conta il con-ducente: questa è la scommessa. Una oscillazione tra la deresponsabilizzazione (“tutta colpa di Pisapia”) e la volontà futura di avviluppare in una rete il nuovo sindaco, a maglie tanto più strette, quanto più si vuole essere determinanti. Una comunità vivace, ricca delle relazioni che sperimenta, che non si vuole uniformare all’imperativo gestionale, ma non abbastanza vitale, o concentrata, da esprimere una nuova leadership.

In questi giorni prima del ballottaggio i modi e le ragioni si assestano: da un lato si abbandona il Noi Milano come plurale maiestatis, dall’altro si consolida la spinta di chi alla sua città non rinuncia e sceglie un ecosistema compatibile con “le piante pioniere”. Vedremo quanto questa saldatura potrà tenere. È una spinta diversa da chi vota “contro Parisi”, per non “restituire Milano alla destra”. Condivido chi dice che la città non è un oggetto che si può prendere o restituire, Milano è data dall’insieme delle relazioni dei milanesi. C’è una Milano che va avanti comunque, ma per tutti gli altri non si può fare a meno di rafforzare la cultura istituzionale, la capacità di messa a terra di tutto il potenziale che la città può esprimere per redistribuirlo, per essere in grado di “governare gli interstizi”.

L’istanza di partecipazione è ancora viva, per quanto sia stata la parola tabù di questa campagna elettorale. È mancato l’atto amministrativo che radicasse la partecipazione a livello istituzionale, ma possiamo guardare avanti, le condizioni al contorno sono cambiate: il Dibattito Pubblico è stato di recente introdotto per legge nel codice degli appalti; le tecnologie civiche sono ormai un passaggio obbligato, strumento per “il rinnovo del modello democratico di gestione nell’era cibernetica”, cui non possiamo rinunciare: è su queste che dobbiamo investire, in termini economici certo, ma soprattutto in termini fondativi.

Un responso le urne del primo turno lo hanno già dato: c’è stato una affermazione significativa delle donne, che hanno raccolto numerose preferenze. Il meccanismo di legge (la doppia preferenza) le ha messe in nuove condizioni di partenza ma gli esiti nelle diverse liste raccontano tante storie differenti, ancora tutte da analizzare. Certo la fotografia della maggioranza del consiglio, a seconda degli esiti del ballottaggio, è rivelatoria: un indice sintetico che rimanda seccamente alla frequenza d’onda della società reale solo nel caso di vittoria di Beppe Sala. Sapranno ancora le donne essere determinanti?

 

Giulia Mattace Raso

 

 



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