8 giugno 2016

IL FUTURO DEL PGT O UN PGT PER IL FUTURO?

L’intreccio trasporti e urbanistica e i nodi da sciogliere


Entrambi i candidati che si disputano il ballottaggio vogliono mantenere il PGT invariato (o anche più liberista) e non hanno messo al centro della loro campagna le questioni d’assetto territoriale. E comprensibile che ognuno di loro si debba rifare a una delle due giunte precedenti che, in modo sostanzialmente non difforme l’una dall’altra, hanno elaborato e approvato il PGT.

05goggi21FBTuttavia chi sarà eletto dovrà prendere in attenta considerazione la necessità di ridefinire il futuro urbanistico di Milano e soprattutto i rapporti tra l’assetto urbanistico e la rete di trasporto. Che problemi ci siano lo dimostra il conflitto scoppiato nel caso degli ex-scali, che non era un conflitto elettorale bensì strategico, su cui non voglio tornare ora, ma i problemi sono molto più complessi. Accenno schematicamente ai principali dividendoli in quattro punti.

1 Il PGT non vincola alcuna area a servizi – direi unico in Italia – cosicché non esiste la previsione di aree né per scuole, né per ospedali, né per qualsiasi altro servizio. Il Piano dei Servizi è prevalentemente la ricognizione dei servizi esistenti, con la possibilità di inserirne nuovi all’interno d’interventi privati (può andar bene per piccoli servizi, ma non per i grandi a livello di tutta la città). Il risultato si è visto con la Città della Salute mandata a Sesto San Giovanni e le facoltà scientifiche della Statale proposte a Expo. Altro ancora succederà, se non si cambia.
Per di più, chiunque, pubblico o privato, detenga un servizio pubblico o a uso pubblico (che non sia un servizio alle persone) e giudica che non sia più necessario, può trasformare la destinazione dell’area in edilizia privata, con una sola determina del dirigente (articolo 37 comma 5 del Piano della Regole). È successo per il Trotter e potrà succedere ancora, privando la città di sevizi all’insaputa di tutti, anche del consiglio Comunale.

2 Inoltre, il PGT ha surrettiziamente aumentato l’edificabilità della città, ben di là dalle ragionevoli necessità di sviluppo e delle più rosee speranze di aumento della popolazione. Prevede, infatti, 1.787.637 abitanti per il 2030, con un aumento di 372.252 abitanti rispetto alla stima per il 2014. Ma, al dicembre 2015 gli abitanti di Milano erano solamente 1.359.905, il che vuol dire che l’aumento di popolazione stimato per i prossimi quindici anni sarebbe di 427.732 abitanti, il che è assolutamente improbabile. Richiederebbe un notevole aumento degli immigrati e un consistente drenaggio della popolazione dal resto della provincia, ruolo che Milano non ha mai svolto.
Poiché l’edificabilità si calcola sulla popolazione prevista, il piano consente quantità di edificazione di cui Milano non ha alcun bisogno. Inoltre, poiché il piano ha abolito le zone omogenee per destinazione, quindi si può costruire ovunque edilizia privata residenziale, terziaria o produttiva; edificazioni eccessive o improprie possono avvenire in qualsiasi punto della città, senza alcuna programmazione.
In questo contesto, il fatto che l’indice sia stato abbassato dalla Giunta Pisapia a 0,35 mq/mq non incide molto, anche perché, spostando volumetria perequata da altre aree, l’indice può salire fino a 1 (lo 0,35 di edilizia sociale non incide molto, visto che la vera edilizia popolare – locazione a canone sociale – si riduce 0,5 mq/mq). Tutto ciò può causare una “bolla immobiliare” di proporzioni cospicue, di cui già si vedono i primi effetti con la grande quantità d’invenduto. Per ora, paradossalmente, la crisi ci ha salvato, ma, in caso di ripresa dell’economia, la “bolla” prenderebbe maggior forza.  Va ricordato che il PGT non ha applicato la legge 167 e non ha vincolato alcuna area a edilizia sociale, nemmeno quelle già di proprietà del Comune o dell’ALER, relegando l’edilizia sociale ad aleatorie percentuali incrementali sull’edilizia libera. Eccessive disponibilità per l’edilizia libera e creazione di un’emergenza-casa per le classi più deboli: è una situazione che genera conflitti sociali, di cui si vedono le prime avvisaglie nelle proteste per le case comunali sfitte.

3 Il PGT di Milano ha introdotto un sistema di perequazione del tutto singolare. Le aree vincolate a infrastrutture o servizi, infatti, possono essere cedute gratuitamente al Comune, ricevendone in cambio diritti volumetrici che possono essere trasferiti su aree edificabili di tutto il territorio comunale. Ovunque si sia fatto ricorso alla perequazione, i diritti volumetrici hanno valore differente in relazione al luogo da cui sono spiccati e a quello di atterraggio. Per esemplificare: per realizzare un mq di SLP in centro storico occorrono diritti volumetrici pari a 1 mq se spiccati dal centro storico, di 2 mq se spiccati da un’area semicentrale, di 4 mq se spiccati dalla periferia, ecc. A Milano, invece, l’area di atterraggio è l’intera città ed i diritti sono tutti uguali, a prescindere dal luogo da cui vengono spiccati e da quello in cui vengono spesi. Questo consente molte speculazioni, possibili acquistando a basso prezzo diritti volumetrici periferici per poi addensarli in centro.
Inoltre, il sistema può essere iniquo per il proprietario che abbia ceduto il terreno vincolato e che non riesca a valorizzare il suo diritto volumetrico (vendendolo o costruendo su un’altra area), lasciando i proprietari alla mercé degli speculatori che possiedono aree edificabili, oppure con il diritto volumetrico non utilizzato. Nel caso, il proprietario vedrebbe negato il suo diritto ad avere un giusto indennizzo, conformemente alla legge, il che è incostituzionale. Tutto questo, quando l’attività edilizia fosse ripresa, potrebbe generare un contenzioso giudiziario importante.

4 Il PGT di Milano ha sconfessato il vigente Piano della Mobilità del 2006, inserendo una nuova rete di metropolitane del tutto improbabile, poiché non seguiva le linee desiderio degli spostamenti. Rete che sarebbe stata indicata solo per realizzare delle tranvie periferiche a basso traffico. Nel fare questo ha eliminato molti importanti prolungamenti delle linee esistenti e in costruzione, oltre che il secondo passante ferroviario, sostituito da una circle-line con rotture di carico e di livello urbano e non regionale. Ovviamente, questa rete non ha avuto nessun pratico significato né alcun seguito.
Per fortuna, nel PUMS adottato nel 2015 la rete del PGT è stata ignorata e sostituita da un’altra, corretta e omogenea a quella del PUM 2006, con qualche buon miglioramento ma ancora con il taglio dei prolungamenti e del secondo passante. Tuttavia il PUMS – sorprendentemente – non è poi stato approvato dalla Giunta Pisapia, sono quindi rimaste – sul piano urbanistico – le dilettantesche previsioni del PGT, mentre il PUM vigente è ancora quello del 2006.

Quindi, oggi siamo nell’incertezza e nella mancanza di strategia a lungo termine per uno dei sistemi più importanti per lo sviluppo e il futuro di Milano: la rete dei trasporti di massa. Quando l’obiettivo dovrebbe essere quello di progettare la rete in modo omogeneo per tutta la Città Metropolitana e non solo per Milano, cosa che l’asfittico Piano Strategico della Città Metropolitana si guarda bene dal fare. Questa incertezza e incapacità di esprimere un ragionevole futuro costituiscono un problema anche dal punto di vista urbanistico. L’obiettivo strategico irrinunciabile di tutta la pianificazione delle città moderne è quello di porre funzioni e attività sui giusti nodi o linee della rete di trasporto di massa, per non far lievitare la congestione e dare uguali opportunità a tutti gli abitanti.

Nelle metropoli, è molto più vasta l’area urbana che dipende dalle funzioni della città centrale: una collocazione sbagliata di queste sulla rete vuol dire escludere ampie fasce di abitanti dall’accesso a parti del mercato del lavoro e dei servizi. Se la futura rete non si conosce e la strategia non è chiara, l’urbanistica procede tentoni – lo si è visto – commettendo errori che sarà quasi impossibile rimediare. Non sono problemi da poco e il futuro sindaco non li potrà trascurare.

Giorgio Goggi

 



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