8 giugno 2016

LE AREE DI EXPO BANCO DI PROVA DEL NUOVO SINDACO

Una scommessa da miliardi di euro: come non perderla


Ciò che chiedo al futuro sindaco di Milano, chiunque egli sia, è che l’area di Expo non cada in abbandono come una degradata periferia ma diventi il primo polo della futura Città metropolitana, esprimendo un alto livello di qualità urbana, integrazione sociale, complessità funzionale ed efficienza. Mi rendo conto che chiedo una cosa non da poco, ma è certo che questa sarà una delle prove più importanti rispetto alla quale si misureranno competenza e capacità del futuro sindaco che, se dovesse fallire, sarebbe costretto a riconsiderare il bilancio ancora provvisorio della manifestazione.

06battisti21FBPerché in caso di insuccesso andrebbero necessariamente a carico dell’evento anche altri costi diretti e indiretti fino a ora non considerati: 320 milioni per l’acquisto delle aree e gli oneri finanziari a carico di Regione, Comuni di Milano e Rho e Città metropolitana; 778 milioni dello Stato per allestire il sito e una considerevole quota dei miliardi investiti nelle infrastrutture necessarie a rendere accessibile ai visitatori la manifestazione. Tutte voci che ora non fanno parte del bilancio provvisorio di Expo, di cui tanto si è discusso, che considera esclusivamente quanto speso per il funzionamento della manifestazione rispetto a quanto ricavato dalla vendita dei biglietti e dalle sponsorizzazioni.

Credo quindi che il recupero delle aree debba necessariamente proporsi di trasformare quell’abnorme impiego di risorse pubbliche in un vero investimento che garantisca i dovuti ritorni in ambito sociale, territoriale, ambientale ed economico. Ma per ottenere questo risultato serve un progetto che per ora non ha ancora visto la luce. Non basta infatti l’indicazione di alcune macrofunzioni da insediare – cui ha fatto seguito un dibattito dai toni accesi – come se il successo del recupero di quelle aree possa dipendere esclusivamente dalla loro destinazione funzionale.

Tra quelle ipotizzate, un campus universitario formato da alcuni dipartimenti scientifici dell’Università statale; Nexpo di Assolombarda, comprensorio di aziende d’avanguardia; un centro di servizi governativi; un parco multitematico; i laboratori scenografici della Scala e buon ultimo Human Technopole, con cui Renzi ha sparigliato le carte mettendo tutti in difficoltà. Credo che affrontare il tema in modo così riduttivo comporti elevati rischi d’insuccesso. Non ci si può infatti affidare esclusivamente alla circostanza che l’Università statale riesca effettivamente a trasferirvi i propri dipartimenti scientifici o che Human Tecnopole, che ne occuperà comunque una minima parte, vi si insedi.

Affinché il recupero dell’area di Expo possa verificarsi, è necessario integrare il progetto scientifico con un progetto urbano che abbia come contesto di appartenenza territoriale la Città metropolitana e come scenario di riferimento con cui confrontarsi le grandi città europee. Il progetto dovrà tener conto dell’impianto di Expo per recuperare il più possibile quanto già realizzato, ma non potrà rinunciare a un insediamento che configuri prima di tutto un brano di città: il primo di quelli che dovranno essere pianificati per organizzare adeguatamente la nuova Città metropolitana.

Trattandosi di un intervento molto impegnativo e di durata più che decennale, il progetto dovrà individuare le fasi di realizzazione e la localizzazione di massima delle macrofunzioni ipotizzate, opportunamente integrate da un’appropriata quota di residenza e servizi, senza i quali una vera città non potrebbe sorgere e il nuovo insediamento avrebbe un’esistenza precaria e spenta.

Pur dovendo tener fermi alcuni requisiti morfologici d’impostazione generale, l’impianto insediativo dovrà essere suscettibile di progressivi adeguamenti rispetto alle esigenze che potranno emergere nell’arco temporale della sua realizzazione: dovrà rappresentare più uno scenario da assumere come riferimento e non costituire un obiettivo da perseguire rigidamente. Si dovrà comunque evitare che i vari soggetti pubblici e privati procedano in ordine sparso con progetti non coordinati, cercando di provvedere alle proprie esigenze senza farsi carico della qualità complessiva dell’insediamento.

Per fare ciò ci vuole una visione ben fondata oltre a una grande capacità di governo, la cui responsabilità non può che competere al sindaco della Città metropolitana che stiamo per eleggere. Una visione partecipata e condivisa, che va costruita con metodo e determinazione coinvolgendo le componenti sociali e mettendo a frutto le competenze di cui disponiamo senza saperle sfruttare adeguatamente. E inoltre una capacità di governo, che nella gestione del PGT e nella interpretazione dell’interesse pubblico non sembra si sia ancora compiutamente manifestata.

Ma immaginare che il recupero dell’area di Expo, così come il governo della Città metropolitana, possa essere affrontato con poteri speciali, analogamente a quanto avvenuto per la manifestazione, mi preoccupa molto. Spero proprio che nessun futuro sindaco se lo proponga, perché c’è una bella differenza tra organizzare un evento temporaneo, per quanto importante, e realizzare un primo tassello della Città metropolitana che rappresenti il modello di riferimento per il suo futuro sviluppo.

 

Emilio Battisti



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