8 giugno 2016
NADIA URBINATI DAVID RAGAZZONI
LA VERA SECONDA REPUBBLICA
Raffaello Cortina Editore, 2016
pag. 202, € 15,00
Fuoco alle polveri! Nell’assordante polifonia politico-culturale che prelude all’Armageddon dell’ottobre prossimo, si inserisce questo bel saggio, breve e sulfureo, di due dei protagonisti delle recenti polemiche sulla “modernizzazione” della Costituzione del 1948.
La tesi sostenuta dagli autori è che la riforma costituzionale abbia costituito dagli anni Cinquanta in poi una “macchina immaginifica” o, se si preferisce, una “potentissima costruzione ideologica” che mirava, nell’intenzione dei partiti, non certo all’adeguamento e nemmeno alla verifica delle intuizioni dei Padri costituenti, quanto piuttosto al raggiungimento di finalità politiche di breve o brevissimo momento suggerite dall’andamento della dialettica politico-parlamentare.
I temi cruciali della struttura del parlamentarismo, dell’equilibrio tra libertà e uguaglianza, del rapporto elettori-eletti, e quant’altro, hanno funzionato come inesauribile deposito di munizioni per tentare di far deflagrare o, di converso, puntellare e consolidare l’ordinamento e il funzionamento dello Stato, considerati alla stregua di variabili indipendenti. Operazione, come si sa, sciagurata che “falcidiando la legittimità stessa di quella Repubblica che sulla Carta trovava fondamento” ha eroso in maniera eludibile l’immagine dei partiti stessi, preparandoli alla disfatta degli anni ’92-’94.
Il gioco al massacro e alla autodissoluzione è stato favorito certamente dalle suggestioni di fondo del testo varato dai Costituenti, sempre in bilico tra le due ideologie uscite vincenti dal conflitto mondiale e morsi dall’amletico dubbio su chi avrebbe alla fine prevalso nella Penisola. Del resto, se un gigante del pensiero giuridico del tempo, come Calamandrei, anch’egli Costituente, descrisse il testo del ’48 come “una rivoluzione promessa in cambio di una rivoluzione mancata” ci sarà pure stata qualche buona ragione!!
Ma allora, ci chiediamo noi insieme a Ragazzoni e Urbinati perché questo poco decoroso “riformiamo per non riformare e, nel frattempo, stacchiamo modeste cedole politiche” si è interrotto bruscamente proprio oggi. La risposta è molteplice e poco allegra in tutti i suoi aspetti. In primo luogo il gioco si è interrotto perché via via i giocatori hanno abbandonato il tavolo o perché ne sono stati allontanati (godibilissime le pagine in cui gli autori descrivono il malcapitato Walter Veltroni quale “vero apripista della stagione renziana“).
In secondo luogo perché la Storia, quella delle “onde lunghe” di Braudel, ha risposto spietatamente alle incertezze dei costituenti sul vero vincitore finale delle guerre del secolo scorso. In terzo luogo i giganteschi fenomeni tettonici che hanno mosso con la forza degli eventi materiali l’intera società occidentale, compresa la nostra.
I partiti, intesi come corpi strutturati, sono stati interamente svuotati e sostituiti da altre forme di rappresentanza che implicano, come non è difficile scorgere nelle vicende degli ultimi anni, un brusco ritiro di ogni delega a rappresentare.
Paolo Bonaccorsi
questa rubrica è a cura di Cristina Bellon