31 maggio 2016

ELETTORE INTERDETTO VOTO PERFETTO!

Finisce una campagna diseducativa. Questo si voleva?


L’aggettivo “interdetto” calza a pennello all’elettore milanese. Interdetto perché colto di sorpresa dall’arrivo, dopo tanta melina, del “5 di giugno” che lo costringe a risvegliarsi dal bel sogno: vedere tante persone che si occupano di lui, dei suoi bisogni, delle sue aspirazioni, delle sue pene; l’ultima volta era stato cinque anni orsono. Interdetto però anche nel senso metagiuridico del termine perché non è in grado di intendere e di volere, forse per sua pigrizia ma soprattutto perché in quello stato l’ha ridotto questa campagna elettorale.

01editoriale20FBIn ogni caso, a Dio piacendo, fra tre giorni la campagna sarà finita tra atteggiamenti puerili – “l’ho detto prima io” – e il refrain alla Jannacci: “Vengo anch’io, no tu no” o la ricerca disperata della trave nell’occhio altrui del tipo: ”E se non ha versato i contributi della colf?”. Ma il vero sconforto l’ha dato e lo sta dando la polarizzazione sui due soli temi: sicurezza e tasse, l’alfa e l’omega. Altro non v’è: a sentir loro il nostro futuro si gioca tutti lì. Per fortuna i candidati ai Municipi – è la prima volta che li si vota – invece ci parlano concretamente di qualità della vita, di verde, di traffico, insomma di noi e del nostro giardinetto. Anche se volessero non compete loro il grande disegno, pure se qualcuno di loro sarebbe in grado di farlo: la visione di un futuro di Milano olisticamente parlando. Il Presidente del Consiglio in compenso ha appena stanziato dei quattrini per le periferie: spero che per periferie s’intendano i luoghi degradati della città e non il criterio geometrico della lontananza del centro (storico). Per i Municipi una risorsa. Speriamo che non sia solo demagogia elettorale.

Peccato che non abbia stanziato anche qualcosa per la Città Metropolitana. Sarebbe troppo senno oltre la demagogia. La Città Metropolitana è un buco nero, non si è ancora capito chi ci guadagni elettoralmente, va lasciata in freezer. Bipartisan. Forse anche perché si è capito che è un enorme pasticcio.

Le tasse, dunque, sono sempre un bel tormentone, semplice, banale, d’effetto. Basta strillare ma attenti a non aggiungere altro, dire solo che non si vuol mettere le mani in tasca a nessuno o magari, come fa Parisi, dire che si vuol addirittura restituire “il maltolto”. Ragionarci sopra mai. Perché dire che il problema è cosa si ha in cambio delle tasse che si versano? Dunque non sono mai troppe o troppo poche: dipende dalla contropartita. Perché cercare di capire se stiamo parlando di tasse dirette, che sono in funzione del patrimonio e del reddito, o indirette che colpiscono il cittadino indipendentemente dalla sua capacità economica? Che in questo caso violano l’articolo72 della Costituzione, articolo che sembra si voglia abolire? Perché non dire che se tutti le pagassero e se i servizi costassero meno la riduzione sarebbe automatica?

Perché? Perché è troppo faticoso, perché vorrebbe dire mettere in chiaro che alcune categorie di cittadini il cui reddito viene dal pubblico denaro in senso stretto e in senso lato, dovrebbero o lavorare di più o meglio, impegnandosi e forse guadagnare meno. Ma sono elettori, anche organizzati. Meglio sorvolare.

Dopo le tasse la sicurezza. Più poliziotti in strada, magari l’esercito, magari il porto d’armi a tutti come negli Stati Uniti. I più riflessivi parlano di integrazione sociale. Questi ultimi non hanno torto ma anche qui non ci siamo e per una volta ancora bipartisan e qualche volta sbagliando interlocutore.

Polizia ed esercito dipendono dal prefetto e dal questore e non dal sindaco ma siamo in ogni caso nella strategia della repressione. Il fenomeno della delinquenza urbana ha sempre di più il connotato della malavita organizzata, la malavita che si muove per bande come certi gruppi di latinos, certi sfruttatori dell’accattonaggio organizzato, specialisti dell’Est in furti d’appartamento oltre ovviamente spaccio e prostituzione.

Forse qualche riflessione si potrebbe fare sulla prevenzione come capacità di cogliere i fenomeni delinquenziali al loro insorgere, quando sono segnali deboli ma indicativi ed è ancora possibile stroncarli sul nascere.  Questo un lavoro di fino, sottile, di conoscenza del territorio, oscuro come certe indagini di polizia sulle “piste fredde”, quando i colpevoli pensano che sia calato l’oblio ma qualche investigatore non molla. Un lavoro senza chiasso e dunque inutile ai fini elettorali. Perché parlarne?

Dunque solo tasse a paura per un elettorato interdetto che non sa e non vuole perché disinformato, come lo vogliono le donne e gli uomini della politica e di governo e alcuni media cortigiani. Cosa hanno fatto in tutti i talkshow che hanno invaso le nostre case? Hanno allargato le conoscenze degli elettori? Proprio no. Così ecco il loro prediletto “popolo bue” che non si vuole che “intenda” e meno che mai che “voglia”. Si governano meglio gli ignari. È un calcolo pericoloso perché basta un attimo e il bue si trasforma in toro e allora sono guai per tutti, non solo per il colore rosso, ammesso che ve ne sia ancora traccia.

 

Luca Beltrami Gadola

 

 



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