25 maggio 2016
EMILIO GENTILE
IL CAPO E LA FOLLA
La genesi della democrazia recitativa
Edizioni La Terza, 2016
pag. 232, € 19.00
Emilio Gentile, uno degli allievi prediletti di Renzo De Felice, descrive in una cavalcata storica bimillenaria il rapporto, fecondo e contradditorio, fra il leader politico e il popolo che lo sostiene, con un riguardo particolare al tema delicatissimo tra potere personale e rispetto e salvaguardia delle istituzioni.
Se, infatti, il governo democratico è quello che si sostiene con un consenso maggioritario liberamente espresso, il rapporto personale fra proposta politica e volontà popolare può conoscere distorsioni distruttive.
Meno di un secolo fa Adolf Hitler cancellò ogni forma di democrazia in Germania con il consenso della maggioranza degli elettori tedeschi. E lo stesso Mussolini, negli “anni del consenso”, come li definì lo stesso De Felice, ebbe sicuramente l’approvazione di una larga quota dell’opinione pubblica italiana, nonostante la sua politica aggressiva nei confronti dell’Etiopia, della Spagna repubblicana e della piccola Albania.
Questi minacciosi ricordi gettano un’ombra inquietante nella fase attuale della politica interna e internazionale, dove si assiste a un vero e proprio moltiplicarsi di capi, più o meno carismatici, che si rivolgono direttamente al corpo elettorale o ai propri sostenitori relegando in un’ombra sempre più fitta il ruolo delle istituzioni intermedie. Circostanza, quest’ultima, che assume risvolti francamente pericolosi quando si tratta di quegli strumenti di bilanciamento e di controllo che sostanzialmente ogni costituzione del Novecento ha posto a salvaguardia della continuità democratica.
Ma allora, si chiede Gentile, la personalizzazione della democrazia ci consente ancora di parlare di affermazione, definitiva, del modello democratico occidentale in tutto il resto del pianeta? La risposta, sostiene l’autore, non ci viene dalla “fine della Storia” di cui scrisse nel 1992 Fukuyama ma, assai più concretamente, dalla profezia di Robert Dahl che nel 1998 sostenne che “la vittoria finale della democrazia non è ancora giunta e non è neppure vicina”.
Senza dimenticare, in un ultimo sussulto di realismo, ciò che, nel suo recente saggio sulla self-democrazia, Marco Damilano ha suggerito, cioè: che l’auto-rappresentazione del capo fa ormai premio su ogni altro aspetto del suo messaggio politico.
Paolo Bonaccorsi
questa rubrica è a cura di Cristina Bellon