25 maggio 2016

sipario – ANGELO GRECO E LA SUA DANZA: SPIRITO, VIAGGIO, FATICA E SOGNO


Nel capolavoro Narciso e Boccadoro Hermann Hesse esaspera la dicotomia tra lo spirito riflessivo del filosofo ritirato e quello inquieto, avventuriero dell’artista. L’intento è quello di coniugare nel profondo i due spiriti perché la fusione generi l’arte libera e piena di significato. Ballerino solista al Teatro alla Scala, Angelo Greco mostra lo spirito dell’artista, insaziabile di esperienza: dopo una fulminea carriera in Italia, presto volerà al San Francisco Ballet per continuare la sua ricerca di ballare e di nuovo. Eppure, non manca la riflessione ripercorritrice del suo itinerario, la gratitudine, l’emozione e il sogno. L’artista Angelo Greco si racconta nella sua semplicità di ragazzo di 21 anni.

sipario19FBCaro Angelo, qual è stato il tuo viaggio nella danza finora?
Ho iniziato a 13 anni per gioco. Venivo da sei anni di calcio, un altro mondo , poi ho incontrato la mia prima insegnate Emanuela Mussini. È stata lei a trasmettermi la passione per l’arte della danza. All’età di 14 anni ho il mio primo approccio professionale alla scuola «Il Balletto» di Castelfranco Veneto, diretta da Susanna Plaino, che ha permesso l’incontro con il mio mentore, il Maestro Elías García Herrera. I suoi preziosi insegnamenti mi hanno concesso di afferrare il vero significato della parola “ballare”, cioè trasmettere emozioni attraverso il movimento del corpo: è questa la magia della danza.
Con questo prezioso bagaglio a 17 anni ho continuato gli studi all’Accademia Teatro alla Scala, mi sono diplomato sotto la guida del Maestro Maurizio Vanadia e grazie alla sensibilità del direttore Maestro Frédéric Olivieri ho mosso i primi passi sul palcoscenico del Piermarini e durante alcune tournées all’Opéra di Parigi e al Palazzo del Cremlino di Mosca con pezzi come Gymnopédie [di Roland Petit] e Gaîté parisienne [di Maurice Béjart]. A quest’ultima sono molto legato per la storia di un ragazzino che si avvicina alla danza per caso e per gioco, esattamente come ho fatto io [sorride]. A 19 anni entro a far parte del corpo di ballo scaligero e dopo la prima stagione vengo promosso solista. Appena diplomato vengo scelto per interpretare l’emozionante e impegnativo ruolo di Basilio nel Don Chisciotte sulle impervie coreografie di Nureev, che torno a interpretare nella stagione successiva, dopo essere passato attraverso molti altri ruoli protagonisti tra i quali Romeo [nel Romeo e Giulietta] di MacMillan.

Hai parlato di «magia della danza», che cosa intenti tu per magia, che cosa per danza e come colleghi questi due elementi?
Fare della danza “magia” vuol dire mettersi a nudo, scoprire i propri limiti ed essere consapevoli dei propri pregi e difetti. Una volta trovato l’equilibrio non si ha più paura di mostrare la propria essenza, essere sé stessi interpretando un personaggio ogni volta diverso. Questo è il segreto, la magia che consente a ogni danzatore di trasmettere emozioni al suo pubblico. Elaborare un sogno per raccontare una storia con il proprio corpo, questa è la danza. Mi sono reso conto di quale valenza abbia avuto sulla mia formazione psicofisica l’insegnamento di Elías [García Herrero, il maestro]. Mentre ballo affronto i personaggi con semplicità e limpidezza, cerco di im-magi-narli (appunto, magi-a), curioso di svelarne l’essenza. Ascoltando la musica arrivo a comunicare con il pubblico senza maschera. Però, ci sono momenti in cui ho una maschera, la paura di far vedere quello che sono e mi risulta difficile immedesimarmi nel ruolo e sentire ciò che devo trasmettere. Proprio su questi momenti a me piace lavorare nella danza, perché la danza mi aiuta a conoscermi, a non aver questa paura.

Questo ragazzino che ha iniziato per gioco adesso è già un grande artista. Visto che hai parlato di maschere, nello scorso Schiaccianoci al Teatro alla Scala tu entri in scena con una maschera, ma io scrivo che anche con quella sul viso tu sai essere sempre Angelo Greco: non c’è Angelo Greco sul palco perché lo vedo e basta, ma c’è Angelo Greco, perché lo sento. Che vuol dire essere e diventare artista e come concepisci il conoscere te stesso e il trasmettere te stesso?
Sì certo, in ogni personaggio ci sono un po’ io: Angelo Greco, un giovane artista con le sue paure, a tratti brillante ed euforico, spesso solitario, che si siede alla tastiera del pianoforte, improvvisa accordi e accenna a cantare oppure che la notte scrive interminabili lettere a se stesso. Artista è essere se stessi, non è nient’altro di più. Sono parole molto semplici, ma è molto difficile raggiungerlo. È importante la paura, è importante anche passare talvolta dei momenti bui, perché paura e tristezza sono parole che ti trasformano e diventano uno stimolo. Questo sembra un po’ psicologico – anche filosofico -, ma a volte serve fermarsi e capire che l’arte è comunicazione, ballare è il modo più semplice che ho per comunicare con il mondo che mi circonda. Forse il modo migliore che una persona ha per comprendermi a fondo è, e sarà sempre, vedermi ballare! [sorridiamo]

Mi fai pensare a Sylvie Guillem. Per me lei è geniale, l’ho scritto in tutti i miei articoli su di lei, perché ha portato all’estremo la tecnica, assorbendola e allo stesso tempo rimanendo entro i suoi limiti. Lei non ha modificato il codice della danza, ma ha lavorato le sue doti per adattarle a un codice nato in un momento storico e artistico del tutto diverso da quello che avrebbe creato lei. Dal suo insegnamento e nel mio guardare e commentare la danza, mi sono fatto l’idea sull’artisticità come un mondo interiore del danzatore e un significato proprio che l’interprete dà ai gesti, ai passi e alle coreografie all’interno del codice tecnico della danza. Che cosa ti dà la tecnica e che cosa pensi di dare o poter dare tu alla tecnica?
Non posso ancora permettermi di dare qualcosa di personale alla tecnica visto il mio breve percorso. Però, dico che il cammino di un artista si trova nella tecnica, nel duro e faticoso lavoro quotidiano, nelle lezioni assidue ed estenuanti. Solo una tecnica con basi profonde permette di avere una lunga carriera artistica e solo la padronanza della tecnica consente a un danzatore di interpretare un personaggio e liberare il proprio vissuto sulla scena. Allora il pubblico riesce a recepire qualcosa. Però, ci dobbiamo ricordare che non siamo ginnasti, ma artisti che raccontiamo qualcosa.

Tra poco ti trasferirai in California dove sei stato scritturato al San Fransisco Ballet. Proprio riguardo al il tuo debutto nel Nuovo Mondo, l’America ha sempre e da sempre suscitato magi-a e im-magi-ni – mi piace usare l’etimologia che hai creato prima tu – peculiari. Tra l’altro, tu canti e suoni per gioco e io ho avuto il piacere di ascoltare una canzone scritta e musicata da te. Angelo, tu copri con la danza di professione e il canto e la composizione per passione gran parte delle arti sceniche. [sorride] Penso ad artisti come Balanchine e Baryšnikov, che provengono dalla tecnica classica più pura della Russia imperiale e sovietica e che si sono sempre continuamente reinventati nel musical e nel cinema (Baryšnikov) oppure con balletti ‘nuovi’ coreograficamente e musicalmente come Who Care’s e Rubies (Balanchine). Che cosa pensi di poter ricevere tu dagli Stati Uniti?
Sì, partirò molto presto per il Nuovo Mondo, per me sarà “nuovo” di nome e di fatto, perché andare in America è una delle mie più grandi paure per la lontananza da casa e per la grandezza del continente. Questa è una paura che voglio affrontare perché sento la necessità di fare un’esperienza all’estero. Non so che cosa aspettarmi dal mio futuro artistico in una compagnia eccezionale come il San Francisco Ballet, un po’ per scaramanzia, un po’ per la riservatezza che mi contraddistingue. So solo che ho realmente tanto entusiasmo di vivere una nuova cultura, con una nuova lingua, nuove persone, in una nuova compagnia con l’unico obiettivo di ballare, ballare e ballare. Una parola che racchiude una scelta, che implica distacco, responsabilità e crescita .

Domenico Giuseppe Muscianisi

 

 Foto (Basilio, Don Chisciotte di Rudol’f Nureev) di Marco Brescia e Rudy Amisano (Teatro alla Scala) per concessione di Angelo Greco.

 

 

questa rubrica è a cura di Emanuele Aldrovandi e Domenico G. Muscianisi

rubriche@arcipelagomilano.org

 



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