17 maggio 2016

MILANO E I CANDIDATI SINDACI NELLA PARTE DEL GABELLIERE

Ridurre le tasse, un vecchio mantra buono per tutti ma pescando dove?


Il personaggio del gabelliere non piace a nessuno, tantomeno a un candidato sindaco che, ovviamente, cerca di sgusciarne fuori. Che le tasse non siano mai piaciute nemmeno ai milanesi è cosa risaputa da tempo e anche oggi chi governa si dibatte tra la necessità da un lato di garantire servizi e dall’altro il fascino di una propaganda elettorale di sicura presa al grido di “meno tasse”. Tra popolo, tasse e governo le cose sono sempre state complicate e non stupisce che i due principali candidati milanesi ne facciano oggetto da versanti opposti della propria campagna elettorale. Il terreno è sdrucciolevole e lo sapevano bene i Padri Costituenti che all’articolo 75 della Costituzione vietarono espressamente il referendum in materia fiscale per tagliare le unghie agli acchiappa voti che ci si sarebbero buttati a pesce.

01editoriale18FBNel 2007 il ministro Padoa Schioppa durante la trasmissione di Lucia Annunziata disse: ”Le tasse sono una cosa bellissima e civilissima”. Non ebbe successo, anzi, comunque nessuno pensò di cancellare l’articolo 75 della Costituzione e dopo di allora il primo sasso in piccionaia lo lanciò solo Federica Guidi nel giugno del 2010 a un convegno dei Giovani di Confindustria – ne era allora presidente – donna in carriera e parte di quel vivaio di imprenditori tanto caro al nostro Presidente del Consiglio dalle scelte spesso incaute. Allora la Guidi definì la proposta di abrogazione dell’articolo 75 come una “provocazione culturale”e i giovani imprenditori, non sempre contribuenti devoti, applaudirono: diventata ministro non ci riprovò.

A Milano sul tema della fiscalità il candidato Stefano Parisi la settimana scorsa è andato giù piatto: ridurrò le tasse! Guardando la tabella dell’aumento delle imposte locali pubblicato da La Repubblica domenica scorsa, lui fa piovere sul bagnato: viene da Confindustria, come la Guidi, cavalca un vecchio tormentone propagandistico berlusconiano. Nessuno stupore.

Giuseppe Sala ha un approccio più condivisibile, non parla di riduzione delle imposte locali ma rivendica maggiori trasferimenti da parte del Governo o, in alternativa, autonomia fiscale che è un po’ la stessa cosa per quest’ultimo che vedrebbe fermarsi sul territorio una parte del gettito destinato al centro. Rivendicazione più che legittima ma probabilmente senza esito, visto l’aumento del debito pubblico di questi ultimi tempi e i problemi con Bruxelles. Che i milanesi si sentano indebitamente sfruttati, è certo: ”Noi lavoriamo come matti e paghiamo le tasse (in molti ma non tutti) che in parte vanno a finanziare gli sprechi altrui”.

Dunque Stefano Parisi sembra essere per il taglio secco delle imposte ma per completare il suo discorso ci dovrebbe pur dire a quale dei suoi futuri assessori farà stringere la cintura o per meglio dire quali servizi taglierà. Non c’è scampo, le risorse disponibili sono quelle che sono, e non ha parlato di una spending review milanese, argomento difficile tra diritti pregressi, lobby sotterranee di beneficiari e valutazioni mai fatte tra somme investite e risultati ottenuti ma unico margine forse disponibile.

Giuseppe Sala è più cauto: sa benissimo che non si può promettere la riduzione delle tasse proprio perché allo stato attuale non sarebbe possibile ma nemmeno lui affronta il tema della spending review. Parla tuttavia di minor prelievo fiscale “stimolando investimenti privati per produrre beni collettivi” (vedi il suo programma). Per capire qualche esempio non farebbe male. Ma anche nel suo caso l’orizzonte non sembra chiaro. Nemmeno lui parla di spending review che pure sarebbe un terreno da esplorare, soprattutto nella gestione dei lavori pubblici.

Dei pochi argomenti che dai programmi dei candidati sono trasmigrati sulla stampa quotidiana in cerca di lettori, oltre al nodo fiscale, tiene banco quello degli investimenti fatti per Expo 2015 e del relativo bilancio e dei conti di Arexpo: continua il ping pong tra candidati che interessa quanto le accuse di ineleggibilità dell’uno o le impresentabili amicizie dell’altro, interesse zero.

Di cosa s’interessano allora gli elettori? Difficile a dirsi visto il panorama che hanno di fronte: lo illustra su queste numero Walter Marossi. Vale anche la pena di rileggere Stefano Rolando la settimana scorsa e, se è vero quel che dice, le elezioni le vincerà chi arriverà alla fine schivando la “giustizia a orologeria” e il fango relativo in televisione, Internet e sulla carta stampata. I veri arbitri del successo sono dunque i magistrati? Non mi piacerebbe ma se anche così fosse c’è chi si da da fare per offrir loro occasioni infinite!

 

Luca Beltrami Gadola



Condividi

Iscriviti alla newsletter!

Per ricevere in anteprima sulla tua e-mail gli articoli di ArcipelagoMilano





Confermo di aver letto la Privacy Policy e acconsento al trattamento dei miei dati personali




Ultimi commenti