17 maggio 2016

LEGGE SULLE UNIONI CIVILI: CONQUISTA DI CIVILTÀ

Dopo il Parlamento le amministrazioni locali facciano la loro parte


La Camera, in data 12 maggio ha approvato in via definitiva la legge sulle unioni civili. A distanza di ventisette anni dalla Danimarca, che per prima ha approvato una legge sulle coppie omosessuali, l’Italia chiuderà la serie dei paesi occidentali, che ormai riconoscono tutti, con modalità e sistemi differenti, le unioni tra persone delle stesso sesso. Senza dubbio una vittoria per chi ha a cuore i diritti civili: se da un lato si trattava di un passo non più rinviabile, l’Italia ha mostrato più di una volta che tutto si può sempre rimandare, e anche a lungo.

03livigni18FBOra il Parlamento approva una legge che riconosce alle coppie omosessuali gran parte dei diritti delle coppie sposate, di fatto equiparando i diritti e doveri dei coniugi ai diritti e doveri di quanti sono civilmente uniti. Rimane il problema, di cui si è tanto discusso nei mesi antecedenti l’approvazione della norma, dell’elisione, nel disegno di legge, della cosiddetta “stepchild adoption”, ovvero quell’istituto giuridico che consente al figlio di essere adottato dal partner (unito civilmente o sposato) del proprio genitore.

Al di là di complesse considerazioni di fondo, sembra di poter dire che tale ambito, ovvero l’adozione del figlio del convivente, potrebbe creare un indubbio vuoto di tutela di cui il legislatore, volente o nolente, dovrà farsi carico nei prossimi anni. Troppi i casi di minori presenti in famiglie “arcobaleno” e troppo delicata la loro necessaria tutela. Anche la giurisprudenza, italiana ed europea, continua a indicare con forza la strada, ovvero l’interesse prioritario del minore a vedersi riconosciuti legalmente entrambi i genitori che lo crescono e che lui riconosce come genitori.

Questa norma è, insomma, un buon punto di partenza, non certo un punto di arrivo. Ma almeno – e questo va riconosciuto con plauso alla proponente Monica Cirinnà e alle forze politiche che hanno votato la legge – ha posto fine a un vuoto di tutela che durava da troppi anni. Ricordiamo la questione dei Registri cittadini delle unioni civili che avevano interessato il Consiglio di Stato nel novembre scorso. Argomento di cui molto si era parlato anche a Milano, prima città in Italia per numero di trascrizioni su Registri comunali di matrimoni tra persone dello stesso sesso contratti all’estero.

La Magistratura Amministrativa superiore, ne abbiamo anche scritto su questo giornale, aveva sostanzialmente accolto l’argomentazione del Ministero degli Interni che i matrimoni omosessuali non possono essere trascritti per lo stesso motivo per cui in Italia non possono essere celebrati, con ciò ribaltando precedenti sentenze dei Tribunali Amministrativi Regionali. Oggi, essendoci una legge che rende legittime le unioni civili, il problema dovrebbe essere superato.

Rimane, oltre alla questione dei figli, un problema culturale, sempre di civiltà: ovvero l’accettare, da parte delle istituzioni e dei cittadini, effettivamente l’unione civile tra persone dello stesso sesso al pari del matrimonio, anche in un’accezione culturale. Solo in questo modo la nuova legge, con le ovvie difficoltà applicative che necessariamente avrà, potrà davvero costituire “diritto vivente” della nostra comunità, estendendo i diritti e radicando i doveri. Come è giusto che sia.

Il Parlamento, pur magari in parte e con qualche necessaria mediazione politica, ha preso la sua posizione; per la questione culturale dipende anche da ciascuno di noi.

 

Ilaria Li Vigni

 



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