17 maggio 2016

sipario – BALLETTO ALLA SCALA: LA POLEMICA DEL NUOVO E DEL REPERTORIO


Lo scorso 10 maggio il Sovrintendente Alexander Pereira e il Direttore del Corpo di Ballo del Teatro alla Scala Mauro Bigonzetti hanno presentato nella prima conferenza stampa specificatamente dedicata al ballo la prossima stagione 2016/17. Il proposito è quello di dare maggiore spazio al balletto aumentando le recite annue dalle sessanta attuali a novanta anche attraverso le tournées, portando tre nuove produzioni ogni anno con la direzione d’orchestra di musicisti esperti anche di danza, come Felix Korobov, Michail Jurovskij, Zubin Mehta e Paarvo Järvi. Che cosa si vedrà la prossima stagione?

sipario18FBL’apertura a Natale 2016 sarà affidata a una nuova Coppélia di Bigonzetti con lo stesso staff della Cinderella di apertura della stagione 2015/16, cui farà da corona l’altra creazione del direttore a maggio-giugno 2017, Progetto Händel con Svetlana Zacharova (prima ballerina del Teatro Bol’šoj di Mosca ed étoile del Teatro alla Scala). Il repertorio classico e neoclassico vedrà le riprese del Sogno di una notte di mezza estate di George Balanchine (giugno-luglio), della versione filologica del Lago dei cigni di Aleksej Ratmanskij (luglio) e del Romeo e Giulietta di sir Kenneth MacMillan (settembre-ottobre) con la principal del Royal Opera House di Londra Marianela Núñez. Seguono i titoli novecenteschi del Sacre du printemps di Glen Tetley e di Petruška di Michail Fokin nella Serata Stravinskij di febbraio-marzo diretta per la prima volta alla Scala dall’esperto Zubin Mehta.

La novità ‘bigonzettiana’ è rappresentata dai titoli di aprile-maggio La Valse di Maurice Ravel e Shéhérazade di Nikolaj Rimskij-Korsakov, non tanto per i titoli in sé, che appartengono al repertorio Djagilev, ma per la produzione. Infatti, la coreografia è affidata a coreografi giovani o emergenti: sotto la supervisione del direttore la coreografia della Valse sarà affidata ai tre emergenti creatori interni alla compagnia scaligera Stefania Ballone, Marco Messina e Matteo Gavazzi, mentre curerà i ritmi orientali della Mille e una notte Eugenio Scigliano, coreografo cha ha a lungo collaborato con Bigonzetti quando dirigeva l’Aterballetto a Reggio Emilia.

Subito le polemiche. A una stampa interessata, anche se un po’ scettica, fa seguito il corpo di ballo, che ‘armato’ di punte e calzamaglie lamenta al Sovrintendente sostanzialmente l’eccesso di novità della stagione 2016/17. Il nodo della lamentela sta nella paura di «perdere l’identità» di compagnia di repertorio per la relegazione del balletto classico alla fine della stagione dopo produzioni per lo più contemporanee e la paura di diventare un «compagnia d’autore» del direttore.

Non è nuova la polemica sul nuovo. Anzi, è una costante algebrica della storia. Mettendo un attimo da parte l’autoreferenzialità tipica della cultura italiana, bisogna analizzare la situazione storicizzandola e contestualizzandola. La tendenza degli ultimi anni nei teatri mondiali è quella di affidare la direzione artistica dei corpi di ballo a coreografi, in modo da permettere anche nuove creazioni ‘ottimizzando’ i costi di fronte all’invito di coreografi ospiti. A questa tendenza si sono allineati molti teatri, dall’Opéra di Parigi negli anni di Benjamin Millepied, al San Francisco Ballet con il direttore-coreografo Helgi Tómasson, passando per l’Het Nationale Ballet di Amsterdam con Ted Brandsen, fino al coreografo Francesco Ventriglia alla direzione del Royal New Zealand Ballet; e se si torna indietro nel tempo gli esempi più brillanti di direttori-coreografi sono stati George Balanchine a New York e Rudol’f Nureev a Parigi.

A questa tendenza si è allineato pure il Teatro alla Scala, chiamando alla successione di Machar Vaziev il coreografo italiano Mauro Bigonzetti, il quale alla conferenza stampa ha espresso la volontà di dare maggiore spazio agli artisti della compagnia «elasticizzando il sistema», stringere il rapporto con la Scuola di Ballo per accogliere nella compagnia sempre più allievi diplomati alla Scala e «rinnovare il repertorio della Scala». Questo ‘manifesto programmatico’ si scontra con la domanda: che cosa si intende per repertorio? quale repertorio per il Teatro alla Scala?

Per repertorio non si può certo intendere il deludente coreograficamente e drammaturgicamente spoglio Schiaccianoci di Nacho Duato, a scapito di quello brillante e poetico di Nureev da sempre rappresentato alla Scala, perché non basta uno spartito di Čajkovskij per far il balletto di repertorio: balletti vuoti come l’ultimo Schiaccianoci rappresentato o il fioco Giardino degli amanti di Massimiliano Volpini rischiano forse molto di più di far perdere l’identità di un corpo di ballo.

Se si guarda un attimo indietro alla storia del repertorio del Teatro alla Scala, ci si può accorgere che il balletto Coppélia di Léo Delibes è stato presente fino alla stagione 2008/09 nelle varie versione di Petipa-Ivanov, di Martínez e di Derek Dean; che Petruška c’è stato fino al 2002 con Massimo Murru non ancora étoile; che il «tellurico ed energico» (Bigonzetti) Sacre di Tetley è andato in scena alla Scala nel 1981, perciò in sé repertorio scaligero, anche se non per gli artisti dell’attuale compagnia, perché non in scena a Milano da alcuni decenni; che Balanchine, MacMillan e Rimskij-Korsakov dalla Scala non se ne sono praticamente mai andati; e che il progetto di Ratmanskij è quello di restituire la versione filologicamente originale del Lago, in un’ottica di valorizzazione della tradizione.

Leggendo, quindi, con un occhio storico la stagione 2016/17 sembra quasi che Mauro Bigonzetti sia paradossalmente un ‘direttore di repertorio’ per il suo tentativo di recuperare e reinterpretare l’antico. Come nel rappresentare i drammi antichi, non basta mettere pepli e chitoni a degli attori per inscenare l’Orestea di Eschilo, serve capire l’insegnamento e trasmetterne il messaggio duemilacinquecento anni dopo. Qual è, allora, la vera paura: perdere l’identità o tentare di averne una?

Domenico Giuseppe Muscianisi

 

questa rubrica è a cura di Emanuele Aldrovandi e Domenico G. Muscianisi

rubriche@arcipelagomilano.org

 



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