11 maggio 2016

LE ISOLE DI WENDY. DAL BASSO UNA RISPOSTA AI BISOGNI DELLA MATERNITÀ

Un progetto per il crowfunding civico


La maternità, scrive Riccarda Zezza, è un Master: insegna nuove competenze, fa scoprire talenti, ridefinisce le priorità e rivoluziona il concetto di multitasking. Per alcune è una voragine di solitudine, per altre una scoperta di socialità e sorellanza. Per molte è foriera di problemi mai affrontati prima, ma anche un momento di scoperta delle proprie risorse. Infine, è continuità e crescita o crisi professionale. Più spesso crisi che opportunità, purtroppo.

06lenzi17FBTutto questo vale anche per le donne e le mamme del quartiere San Luigi di Milano: un angolo di città dalla dimensione di paese, stretto fra lo Scalo di Porta Romana, che affaccia al centro, e il Corvetto, quartiere di pessima fama ereditata, ma in grande fermento. Sono donne e mamme come tutte le altre, in gran parte lavoratrici, spesso immigrate, da altre parti d’Italia o del mondo. Dal punto di vista di una mamma cambia poco: non hai le nonne vicine a darti una mano con la prole.

Molte di queste mamme si sono conosciute al Consultorio di Via Oglio, un’oasi di transito durante i primi mesi di vita dei loro bambini, dove puericultrici con una dedizione che rende felici di pagare le tasse le hanno aiutate ad allattare o si sono ritrovate per esperienze che in altri momenti della loro vita avrebbero trovato banali, come il “tempo mamma – bambino”, poche ore la settimana dove sedersi su un tappetone e scambiarsi dubbi, problemi, gioie mentre i neonati rotolano beati.

Grazie ai social media molte di queste donne si sono tenute in contatto e la loro rete – una fragile pagina Facebook puntellata di incontri al parchetto di zona – si è intrecciata con le pagine private degli asili nido, i gruppi what’s up delle classi, con i nodi più ampi di un paio di popolate social street e con le maglie “lunghe” – si fa per dire, perché vanno solo oltre il ponte di Corso Lodi – dei corsi preparto della Mangiagalli. Questa condivisione è uscita in fretta dal solo tema biberon-pannolini: le donne nelle notti insonni dei primi anni di vita dei figli discutono di problemi, di progetti e di futuro.

Soprattutto tre grandi temi hanno animato le discussioni: le questioni familiari e personali, quelle sulla propria vita professionale, il bisogno di una socialità cambiata con il diventare genitori. Il primo problema è la conciliazione: come mettere insieme tutti i bisogni, ugualmente impellenti, che una donna ha senza lasciarci un intero stipendio, se c’è, oppure senza rinunciare all’idea di cercare di ottenerne uno, se non c’è? Il secondo è appunto il lavoro, che c’è ed è duro da gestire, che non c’è ed è duro da trovare. La voglia di inventarsene uno è tanta, ma difficile da mettere in pratica.

Infine invece di trovarsi a chiacchierare solo negli angoli di costosissime “locations” di feste di compleanno per pargoli, hanno scoperto di desiderare qualche sguardo attraverso il vetro di un bicchiere di birra, non nel riflesso dello smartphone. Perché i social network sono belli, eh, ma vuoi mettere una serata di primavera all’aperto ridendo delle rispettive occhiaie? La risposta a tutti questi temi sembra una sola: costruirsi dei luoghi fisici, dove poter trasformare le pacche sulle spalle che si sono date di notte in progetti, in servizi, in una rete di auto-aiuto capace di stringere davvero i nodi di quella sorellanza che sentono.

Un appuntamento a colazione, una domenica mattina, dopo un appello sulle social street fa il resto. In poche ore entrano a far parte del gruppo avvocate disponibili a offrire un primo orientamento legale a donne in difficoltà, un’associazione di psicologi volontari, una libraia per bambini pronta a creare una “libreria ambulante” che passi periodicamente dal quartiere, gruppetti di mamme disposte a condividere una baby sitter o a organizzare laboratori e cene, mentre qualche nonna comincia a offrirsi per dare una mano a fare i compiti ai bambini e qualche attore a studiare spettacoli per i più piccoli.

Arriva anche il nome, Le Isole di Wendy. Plurale, perché le mamme hanno in mente tanti punti della città da unire per soddisfare quello che sanno essere un bisogno diffuso. Dedicato all’amica di Peter Pan, che diventa grande e mamma, ma che si ricorda sempre di com’è essere bambine.

Si trova anche il posto. Da pochissimo tempo il più antico Circolo ACLI di Milano, fondato nel 1946, è stato preso in gestione dai volontari dell’ONG IPSIA in Via Don Bosco 7, con l’obiettivo di offrire uno spazio multifunzionale e aperto a tutta la comunità. Quando le “mamme di Wendy” lo vedono rimangono subito colpite: un grande cortile con un pergolato di vite, diverse sale interne, da dedicare al gioco come a servizi che richiedono spazi privati e riservatezza, altri locali tutti da ristrutturare, ma con enormi potenzialità. In più un bar a prezzi popolari, per la birretta sotto la luce primaverile. Silvia – Presidente del Circolo – mette subito le cose in chiaro: “non faremo di questo posto un asilo”, dice, “perché è di tutti, vostro come degli anziani che vengono a giocare a carte o di quelli che vorranno venire a bersi un caffè con il loro cane”. Le mamme ridono: non cercano un luogo solo loro, ma anche loro, che fa una bella differenza.

Adesso nella storia entra in ballo il Comune di Milano, che proprio in quel periodo ha lanciato il primo bando per il cosiddetto crowdfunding civico. Serve un video per descrivere il progetto, alcune si improvvisano attrici davanti alle telecamere di un’agenzia che regala loro il suo lavoro. Tutto è presto online sulla piattaforma Eppela, con l’obiettivo di raggiungere la metà della cifra che serve per mettere a posto il Circolo, 15.000 euro, perché se si arriverà a quella somma il Comune metterà il resto. Ci sono anche Spazio Aperto Servizi, una impresa sociale disposta a coordinare il bando, la Fondazione Eni Enrico Mattei, che con SAS collabora sui temi del welfare di comunità, Controprogetto, un collettivo di artisti capaci di trasformare i luoghi attraverso il riuso e il riciclo, organizzando il lavoro con tutti i volontari che trovano disposti a sporcarsi le mani e imparare a farci qualcosa di utile.

La storia delle Isole di Wendy non ha un lieto fine: le mamme arrancano nel guado del crowdfunding, appese alle donazioni e all’attrattività delle ricompense che hanno messo in piedi con altre amiche per sapere se il loro sogno diventerà realtà subito e intero, o dovrà pazientare e darsi tappe intermedie (perché abbandonarlo non è in discussione). A meno di dieci giorni dall’inizio della campagna, però, una cosa è chiara: che al di là del valore economico che riusciranno a generare su Eppela, stanno già creando una quantità incredibile di valore sociale nella comunità in cui vivono, una circolazione di idee, energia, proposte, collaborazioni fra enti e organizzazioni diversi talmente grande che nessuna piattaforma potrà mai quantificarla.

Andatela a vedere con i vostri occhi: seconda stella a destra dopo il Ponte di Corso Lodi … e poi dritto…

Ilaria Lenzi
mamma e ricercatrice della Fondazione Eni Enrico Mattei

 

 



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