10 maggio 2016

PROGETTI AL POTERE: PENSARE ALLA CITTÀ METROPOLITANA

Dobbiamo creare "visioni territoriali" condivise


La nuova città metropolitana, la costruzione del progetto strategico, i temi legati al contenimento dell’uso del suolo, il nuovo Piano territoriale della Regione Lombardia e le imminenti elezioni amministrative comunali hanno innescato un positivo dibattito sui temi che coinvolgono la trasformazione del territorio. Mi sembra però che l’attenzione sia sbilanciata verso le modalità di governo del territorio e la ricerca delle regole necessarie, o nella esplicitazione di obiettivi generici che, seppur ampiamente condivisibili, non sono in grado di fornire obiettivi strategici territoriali concreti: una città più giusta, più sicura, più sostenibile, più inclusiva, più creativa, intelligente.

08pomodoro17FBDefinire dei pacchetti regolativi finalizzati al raggiungimento di obiettivi generici non aiuta o comunque non è sufficiente per attivare processi di trasformazione o di rigenerazione del territorio di buon livello qualitativo. Forse diventa necessaria una cultura del progetto dove per progetto non si intende solamente una semplice rappresentazione visiva di ciò che si può realizzare, bensì un processo culturale, creativo e tecnico – insomma politico – attraverso cui i differenti soggetti coinvolti possono lavorare ed esprimersi proponendo visioni possibili del futuro.

Troppo spesso l’insieme regolativo degli strumenti normativi di cui disponiamo, i piani strutturali, i piani urbanistici regionali, provinciali e comunali, definiscono procedure e regole di trasformazione o conservative di stati attuali con lo scopo di difendere dalla speculazione selvaggia aree pregiate del territorio o generici e flessibili e comunque  orientati a mix funzionali urbani anodini.

Fino a oggi solamente a livello di pianificazione attuativa è stato possibile definire e progettare il territorio e le sue trasformazioni ma questo generalmente è avvenuto attraverso proposte di singoli operatori privati che hanno proposto progetti sulle proprie aree senza avere la possibilità di guardare un territorio più ampio e senza avere la possibilità di generare relazioni virtuose con il contesto territoriale. L’area metropolitana si è trasformata di conseguenza per pezzi disgiunti, più o meno interessanti, sulla base del caso per caso senza però mai poter affrontare quei temi di scala metropolitana che avrebbero potuto strutturalmente modificare sia il modo di vedere il territorio che il modo di progettarlo e di viverlo.

Occorre costruire una nuova visione strategica di medio-lungo periodo flessibile e condivisibile in grado di costruire un nuovo rapporto tra la città centrale e l’area metropolitana che potrà prendere forma attraverso un serrato e complesso processo di progettazione del suolo, costruito sul sapere dei fenomeni e sulla capacità di fornire progetti del territorio praticabili. I grandi temi sui quali confrontarsi sono già da alcuni anni sotto la luce di tutti noi: i sistemi infrastrutturali e tecnologici, l’ambiente, le funzioni produttive e strategiche, l’abitare, la logistica, il sistema agricolo.

È necessario spostare l’attenzione anche verso una più intensa attività progettuale, aperta e interagente con il variegato e ricco dibattito internazionale.

L’attenzione, le riflessioni e le attività progettuali vanno orientate non solo sulle buone pratiche già oggi presenti in molti luoghi della città ma sull’intero sistema dell’area metropolitana milanese. La ricerca delle aree strategiche non può passare solamente con l’individuazione delle  aree ferroviarie e le aree militari dismesse, bensì attraverso la lettura e l’indagine dell’intero territorio metropolitano; quali sono, ad esempio, le aree strategiche per la logistica, per la mobilità, per le funzioni produttive, per l’abitare e l’housing sociale; quali sono le aree strategiche per ripensare il nuovo sistema agricolo lombardo e le connessioni necessarie e quali sono le aree per le grandi infrastrutture.

Mi piacerebbe pensare il futuro della città metropolitana non più attraverso gli indici di edificabilità, il mix funzionale libero e con il centro commerciale, i vincoli sulle altezze degli edifici e le metà aree a parco, bensì attraverso visioni territoriali condivise, progetti capaci di interagire con realtà variegate e complesse, non settoriali ma integrati, che sappiano confrontarsi con la piccola scala e con la scala metropolitana.

 

Paolo Pomodoro



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