3 maggio 2016

IL GENIO DI LEONARDO A MILANO, IL DOCUFILM DI LUCINI E MALASPINA


È un giorno di fine dicembre del 1482 quando Leonardo, figlio di ser Piero e Caterina, giovane toscano nato a Vinci trent’anni prima, arriva a Milano e si presenta alla corte di Ludovico Sforza, detto il Moro. Si fa anticipare da una lettera di presentazione, molto simile a quello che oggi chiamiamo curriculum vitae e in cui Leonardo, che è già artista riconosciuto, ma che ancora non è il genio totale che conosciamo, spiega al signore di Milano in che cosa gli può essere utile.

09linkiestaÈ l’inizio di un periodo che durerà 17 anni, fino al 1499, un periodo importante per la vita e la carriera di Leonardo, così come della città di Milano, che sotto Ludovico il Moro conobbe grande lustro mondano e architettonico. Ed è proprio questo il centro del docufilm di Luca Lucini e Nico Malaspina intitolato “Leonardo da Vinci. Il Genio a Milano”, prodotto da Rai Com, Skira e Codice Atlantico con la partecipazione di Maremosso e in collaborazione con Pirelli e Confagricoltura; un docufilm che, nell’ambito della stagione de “La Grande Arte al Cinema” sarà proiettato nelle sale per tre giorni, dal 2 al 4 di maggio.

«Il punto di partenza è stato l’organizzazione della mostra che Skira gli ha dedicato e che ha organizzato a Palazzo Reale l’anno scorso durante l’Expo», spiega Piero Maranghi, uno dei produttori del docufilm, nonché direttore della Vigna di Leonardo e editore di Classica TV. «Ci ha spinto a questo progetto la coscienza di quanto il periodo milanese sia stato centrale per Leonardo da Vinci, un formidabile genio che ha avuto l’occasione di collaborare alla grandezza di questa città lavorando per Ludovico il Moro in un momento speciale per l’Italia e per Milano in particolare».

Il documentario, realizzato con la supervisione di Pietro C. Marani e la collaborazione dei più grandi esperti del genio vinciano, Claudio Giorgione, Maria Teresa Fiorio, Richard Schofield, Vittorio Sgarbi, Daniela Pizzagalli e Jacopo Ghilardotti, ripete la formula del docufilm, già sperimentata con successo da Luca Lucini con Silvia Corbetta registi di “Teatro alla Scala – Il Tempio delle Meraviglie”.

«L’uso della fiction è prima di tutto un modo per evitare di mostrare il passato soltanto come reperto e come didascalia», racconta sempre Maranghi, che ha anche curato il soggetto dell’opera, «e, in secondo luogo, voleva essere un modo per dare ritmo e leggerezza che rende fluido l’apporto storico e documentario. Abbiamo scelto di proseguire con una formula vincente, già sperimentata con il docufilm sulla Scala, un formato dettato dalla funzionalità, che non è mai un esercizio di stile»… Per continuare a leggere su Linkiesta clicca qui

redazione Linkiesta



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