3 maggio 2016

arte – IL SIMBOLISMO TRA BELLE ÉPOQUE E GRANDE GUERRA


IL SIMBOLISMO, O DELLA PRIMAVERA SPIRITUALE DELL’ARTE

È una giovane donna che emerge dalle tenebre con un libro aperto tra le mani colei che accoglie i visitatori e li introduce in un mondo soggettivo e onirico fatto a volte di luci soffuse, colori scuri e immagini demoniache e talaltre di luce e chiarore per una realtà di perenne primavera. Il Simbolismo. Arte in Europa dalla Belle Époque alla Grande Guerra è la grande mostra inaugurata all’inizio di febbraio a Palazzo Reale e mette per la prima volta a confronto i simbolisti italiani con quelli stranieri grazie a dipinti, sculture e un’eccezionale selezione di grafica, provenienti da importanti istituzioni museali italiane ed europee oltre che da collezioni private. Davvero si può parlare in questa occasione di grande mostra: oltre 2000 mq, con 24 sale per 21 sezioni che analizzano e offrono differenti declinazioni per un movimento a diffusione europea che ha segnato l’epoca a cavallo tra ‘800 e ‘900. Accomunate da una continua fuga dal quotidiano e dalla ricerca del superamento della realtà, ogni nazione trova la propria declinazione e i propri caratteri mantenendo come comuni denominatori, tra gli altri, la dimensione onirica, il mondo eroico della mitologia, l’amore erotico, la spiritualità.

arte16FBCome all’epoca, anche nella mostra, letteratura, poesia, teatro e pittura sono continuamente intrecciate: testi, citazioni e frasi escono da cornici disegnate su pannelli come a creare immaginari collegamenti tra le opere e i visitatori, o come a suscitare aggiuntive suggestioni per facilitare l’immersione nell’atmosfera a cavallo tra i due secoli.

Tema ricorrente nel percorso, accentuato in alcune sezioni, è quello dell’acqua, metafora della vita: elemento primario in riti e rappresentazione magiche nell’800 trova nuova forza acquisendo un ruolo speciale. Apprezzata dagli artisti sul piano decorativo e luministico, ma soprattutto per le molteplici suggestioni evocative: sfuggente, cristallina o torbida, sorgente di vita ma anche pericolo letale, rivelatrice di paure inconsce o creatrice di stati ipnotici con il suo moto ondeggiante. Tra le altre La sirena (1893) di Giulio Aristide Sartorio, raccoglie in sé l’essenza del periodo: protagonista una giovane sirena dai fulvi capelli rossi mollemente abbandonata in un’onda verde, e un fanciullo bruno che la cinge; poco oltre alcuni teschi che suggeriscono la fine che la giovane vittima farà tra le braccia della donna.

Una delle sezioni più scenografiche della mostra saranno poi le sale dedicate alla Biennale del 1907: una straordinaria vetrina di confronto tra l’arte italiana più evoluta, cresciuta anche dal confronto con le grandi mostre della Secessione di Berlino e di Vienna. Giulio Aristide Sartorio è presente con l’imponente ciclo pittorico Il poema della vita umana, realizzato per la Biennale del 1907, la stessa dove venne allestita la famosa Sala dell’Arte del Sogno che ha rappresentato la consacrazione ufficiale del Simbolismo in Italia.

A conclusione del percorso espositivo lo spettatore attraversa l’atmosfera orientaleggiante e fantastica delle Mille e una notte, il ciclo decorativo realizzato da Zecchin alla vigilia della Grande Guerra, che lo lascia ancora più trasognante e spaesato quando superata la tenda nera si trova catapultato un secolo dopo nel bookshop della mostra.

Il Simbolismo. Arte in Europa dalla Belle Époque alla Grande Guerra fino al 5 giugno 2016 Palazzo Reale piazza Duomo Milano orari lunedì 14.30 – 19.30 / martedì, mercoledì, venerdì e domenica 9.30 – 19.30 / giovedì e sabato 9.30 – 22.30 biglietti € 12/ 10 / 6

 

UN BOCCIONI D’ARCHIVIO, SOLO PER SPECIALISTI

Per festeggiare il primo centenario dalla morte di Umberto Boccioni (1882-1916), il Comune di Milano celebra l’artista con una mostra che mette in luce il percorso artistico dell’artista, con particolare riguardo per la sua attività milanese, presentando circa 280 opere tra disegni, dipinti, sculture, incisioni, fotografie d’epoca, libri, riviste e documenti. “Umberto Boccioni (1882 – 1916). Genio e Memoria” è una mostra che è concepita dai curatori con un originale taglio critico che offre un percorso selettivo sulle fonti visive che hanno contribuito alla formazione artistica e all’evoluzione dello stile dell’artista.

Per la prima volta Milano riunisce il ricchissimo patrimonio di Boccioni dalle collezioni e dagli archivi dei suoi musei (Camera di Commercio, Castello Sforzesco, Galleria d’arte Moderna, Gallerie d’Italia, Museo del Novecento, Pinacoteca di Brera) il primo al mondo per consistenza e rappresentatività. Le opere, messe in dialogo con le nuove fonti, sono esposte insieme al corpus integrale dei 60 disegni del Castello Sforzesco; si tratta di un nucleo di eccezionale qualità che riassume le linee essenziali del percorso artistico di Boccioni tra il 1906 al 1916, anno della sua morte. Insieme al corpus di 60 disegni del Castello Sforzesco, l’esposizione, sviluppata in ordine cronologico e per nuclei tematici, fonda la sua struttura anche su scritti e documenti identificati e catalogati di recente alla Biblioteca Civica veronese: in particolare una rassegna stampa futurista riunita a partire dal 1911, alcuni libri, appunti sciolti e fotografie e una raccolta di ritagli di riproduzioni artistiche.

Il percorso di mostra è suddiviso in due ampie sezioni: la prima dedicata alla formazione mentre la seconda sezione del percorso indaga l’applicazione dei principi teorici espressi dall’artista nei suoi interventi.

La mostra è interessante, profonda e accurata ma eccessivamente specialistica: il visitatore medio, il curioso che entra a Palazzo Reale attratto dal nome conosciuto rimarrà deluso. Il percorso espositivo ripercorre sì la formazione e la storia del grande artista milanese ma, a mio avviso, non esplica in nessuna maniera il ruolo divulgativo che una mostra celebrativa come questa dovrebbe avere. Il corpus di materiali raccolti è oggettivamente ingente, ma, soprattutto per quello che riguarda la paternità delle opere, sembrano essere presenti più quelle di altri artisti rispetto quelle dello stesso Boccioni.

Umberto Boccioni (1882 – 1916). Genio e Memoria fino al 10 luglio 2016 Palazzo Reale Piazza Duomo Milano orari: lunedì 14.30-19.30 martedì, mercoledì, venerdì e domenica 9.30-19.30 giovedì e sabato 9.30-22.30 Prezzo: € 13 /11 / 6

 

 

LA FOTOGRAFIA DI HERB RITTS, TRA SOGNO E REALTÀ

La nuova mostra ospitata al Palazzo della Ragione è una vera sorpresa: poco conosciuto ai non addetti ai lavori, Herb Ritts, ha il dono di rendere in fotografia il concetto di leggerezza. Corpi umani, tessuti, elementi naturali e paesaggi si intersecano e nelle immagini vengono elevati fino a perdere tangibilità per assumere un’aura astratta. Ritts inizia la sua carriera fotografica sul finire degli anni settanta guadagnandosi la reputazione di miglior fotografo sia in campo artistico che commerciale. Oltre a produrre ritratti per riviste di moda (fra gli altri Vogue, Vanity Fair e Rolling Stones) Ritts realizza le campagne pubblicitarie per Calvin Klein, Gianfranco Ferrè, Gianni Versace, Giorgio Armani, Levi’s, Pirelli, Polo Ralph Lauren, Valentino e altri. Ma non solo: dal 1988 dirige alcuni video musicali e commerciali, per i quali ricevette anche numerosi premi. È un maestro di straordinaria sensibilità artistica.

Il percorso espositivo si sviluppa attorno alle tematiche più presenti nel suo lavoro: in primo luogo i ritratti, che hanno contribuito a creare la mitologia di alcune delle celebrità più acclamate dello star system mondiale. Da quelle della musica: da Madonna a Michael Jackson, da David Bowie a Tina Turner, fino ad arrivare a Jennifer Lopez e Britney Spears; alle icone del cinema, come un giovanissimo Richard Gere, fotografato ancor prima del suo esordio sul grande schermo, o Reese Witherspoon, Brad Pitt, Penelope Cruz, Elizabeth Taylor. Inoltre, i paesaggi e le suggestioni africane: il continente nero ha sempre esercitato un enorme fascino su Herb Ritts, al punto da dedicargli numerosi viaggi, anche a pochi giorni dalla sua morte. Le forti sensazioni che quella terra era in grado di comunicargli trovano spazio in sorprendenti reportage, tra volti e deserti.

Così come recita il titolo della mostra, le immagini di Herb Ritts vivono in perfetto equilibrio grazie al dosaggio attento degli elementi naturali, l’esaltazione del corpo in movimento, l’evidenza dei volti, in un ambiente dominato dalla luce naturale. Nella sua fotografia c’è tanto equilibrio quanta fragilità, portati dall’incontro con la realtà, dal peso delle cose e del tempo: il mondo di Ritts non è reale, ma è un racconto di come l’autore (e noi con lui) vorrebbe (vorremmo) che fosse. Herb Ritts è questo, assenza di tempo, assenza spazio: solo leggerezza ed equilibrio.

Herb Ritts In equilibrio fino al 5 giugno 2016 Palazzo della Ragione Fotografia Piazza dei Mercanti Milano; martedì, mercoledì, venerdì e domenica 9.30 – 20.30; giovedì e sabato 9.30 – 22.30; biglietto € 12/10/6

 

IL MONDO FANTASTICO DI CARSTEN HÖLLER ALL’HANGAR BICOCCA

Una visita alla mostra appena inaugurata al Pirelli Hangar Bicocca equivale a vivere un’esperienza a metà tra l’immersione in un sogno e la visita in un mondo parallelo: tra giostre luminose, passaggi al buio e installazioni colorate, la realtà viene messa in discussione e il dubbio, “Doubt” appunto, regna sovrano. Nel grande hangar di via Chiese sono presentate oltre venti opere, tra le più iconiche dell’artista, che includono sculture, video, fotografie e ambienti, insieme a installazioni che invitano alla partecipazione attiva del visitatore stimolando la percezione del pubblico.

La mostra si sviluppa nello spazio delle Navate di Pirelli HangarBicocca lungo due percorsi, simmetrici e paralleli, accessibili da due diversi ingressi. Passando dentro a un tunnel luminoso lo spettatore si trova davanti a una scelta: verde o giallo? Lui non lo sa, ma la decisione determinerà l’intero percorso di visita. Tornare indietro non è possibile, ma si potrà poi ricominciare da capo. Dal bivio iniziale si determina la fruizione della mostra sia come vissuto individuale, fondato sulle sensazioni e sulla memoria di ciascun visitatore in relazione allo spazio, sia come esperienza collettiva che permette al visitatore di osservare le altre persone mentre interagiscono con le opere. Come afferma l’artista: “Puoi avere la sensazione di perderti qualcosa perché c’è sempre un’altra possibilità, o c’è sempre un altro modo di percorrere la mostra”.

I visitatori sono, dunque, parte integrante dell’esposizione sia attraverso il loro coinvolgimento diretto nell’attivazione delle opere, sia nel ruolo di osservatori e osservati da parte del restante pubblico.

HangarBicocca ospita fino al 31 luglio “Doubt”, la mostra personale di Carsten Höller, artista tedesco tra i più riconosciuti a livello internazionale per la sua approfondita riflessione sulla natura umana. La pratica di Höller è fondata sulla ricerca di nuovi modi di abitare il mondo in cui viviamo e prevede il coinvolgimento diretto del pubblico con l’opera d’arte. Höller concepisce la mostra come un’installazione unica che si sviluppa attraverso diversi momenti – divisione, duplicazione, unione, ribaltamento – in un percorso in cui i confini tra inizio e fine diventano sempre più labili.

Una volta usciti dal grande Hangar la sensazione è strana: non sembra di aver visitato una mostra, non è appagata la sete di conoscenza ma si ha addosso uno strano stato di euforia, divertimento e la percezione che Carsten Höller abbia una profonda conoscenza dell’animo umano, che in questa occasione ci sbandiera sottilmente.

Carsten Höller Doubt fino al 31 luglio Pirelli Hangar Bicocca Via Chiese 2, Milano Orari di apertura Giovedì – Domenica, 10.00 – 22.00 Ingresso Libero

 

 

VULCANI: ORIGINI E SEGRETI DELLE MONTAGNE DI FUOCO

Dal 16 marzo all’11 settembre 2016 al Museo di Storia Naturale di Milano sono i vulcani a fare da padroni, con una mostra tutta dedicata alle affascinanti quanto misteriose “montagne fumanti”. Curata del vulcanologo Marco Stoppato, la mostra “Vulcani” è promossa e prodotta dal Comune di Milano – Cultura, dal Museo di Storia Naturale di Milano con l’Associazione di divulgazione scientifica Vulcano Esplorazioni e Silvana Editoriale.

Quello al Museo di Storia Naturale è un percorso espositivo che, grazie al largo impiego di tecnologie innovative come il mapping, la realtà aumentata e i diorami, guida chiunque, anche i visitatori meno appassionati, alla scoperta delle montagne di fuoco raccontandone l’origine, l’evoluzione e i segreti. Grazie alle immagini fornite dalla NASA, i vulcani della Terra sono messi a confronto con i vulcani presenti nell’intero Sistema solare, alcuni dei quali ancora attivi. Immagini spettacolari, filmati, ricostruzioni computerizzate, ologrammi, mapping, realtà aumentata, diorami in grandezza naturale, insieme a una straordinaria collezione di campioni di rocce, minerali e meteoriti, sono gli strumenti attraverso i quali vengono illustrati i tipi di eruzione e i prodotti che si originano durante l’attività effusiva o esplosiva. I vulcani attualmente in attività sono quasi 500 nel mondo e milioni sono le persone che vivono alle pendici di queste particolari montagne.

Il percorso della mostra porta il visitatore, attraverso sette sezioni, alla scoperta e alla comprensione dei segreti del nostro pianeta, della sua struttura interna e dei processi geodinamici che portano alla nascita dei vulcani. Uno sguardo indietro nel tempo e nello spazio per osservare la Terra consente di scoprire i meccanismi e i fenomeni geologici che ne regolano l’attività e una visione della Terra in movimento e privata degli oceani consente di osservarne la struttura, la crosta fratturata, i rilievi e le depressioni. In “Come è fatto un vulcano” la struttura geologica del vulcano è introdotta e analizzata mediante diorami in scala, e una sorta di radiografia di queste inquiete montagne ne illustra gli elementi principali. Qua sono presentati in maniera più specifica e precisa gli ambienti “geodinamici”, ovvero quei luoghi della Terra dove possono manifestarsi i fenomeni vulcanici e quelli sismici.

Nella terza sezione, attraverso una sorta di radiografia, sono rivelate le differenti forme dei vulcani – non sono tutte montagne a forma di piramide – che dipendono dai luoghi, dalla composizione chimica delle lave e dai processi geologici. Qua un tablet e un grosso QR code a terra consentono una visione 3d dell’Etna, la possibilità di girarci attorno e di osservare i suoi crateri principali e secondari. Tra fotografie spettacolari e campioni di rocce la quarta sezione racconta “Le eruzioni e i prodotti dell’attività vulcanica”. Ci sono poi le ricostruzioni in scala1:1 di momenti simbolo di vita vissuta di alcune fra le più famose e terrificanti eruzioni del passato, dal Mont Pelee in Martinica, al vulcano Pinatubo in Filippine, dal Kilauea alle Hawaii al Mount St. Helens negli USA.

In mostra è possibile anche vedere anche una sorta di campo base dedicato al lavoro dei vulcanologi dove sono presentati alcuni degli strumenti utilizzati dagli scienziati per investigare lo stato fisico del vulcano nel tentativo di predirne le eruzioni future. Con immagini e video si indagano infine i fenomeni vulcanici secondari, quelli legati alle aree geotermiche.

Anche per i più scettici la mostra vale la pena, non serve spolverare le nozioni di geologia sepolte in qualche remota parte della mente: la mostra appaga la curiosità senza oltrepassare la sottile linea dello specialismo, mantenendo un carattere di generalismo senza però banalizzare. Un buon divertissement per un pigro pomeriggio primaverile.

Vulcani fino al 11 settembre 2016 Museo di Storia Naturale corso Venezia Milano orari: da martedì a domenica 9- 17.30 costo del biglietto:10 / 7 / 5 €

 

 

L’IMAGE VOLÉE

Chi cerca un approccio innovativo all’arte e una declinazione anticonvenzionale di “mostra”, non può non visitare Fondazione Prada a Milano. Quelli che all’inizio del Novecento erano spazi industriali, ospitano oggi gallerie ampie e modernissime, che nulla hanno a che fare con il tradizionale “museo”. Qui le mostre si destrutturano, sviluppandosi attraverso ambienti non contigui, intersecandosi tra loro e divenendo tutt’uno con gli spazi aperti: percorsi rebus lungo i quali il visitatore insegue il significato delle opere o della loro assenza.

È questo ciò che avviene in L’image volée, la mostra collettiva curata dall’artista Thomas Demand, che fino al 28 agosto occuperà i due livelli della Galleria Nord e lo spazio cinema dell’ex distilleria Sis. Il progetto accoglie più di 90 opere realizzate da oltre 60 artisti tra il 1820 e i giorni nostri, e nasce dalla riflessione del curatore sul tema del “furto”, inteso sia come sottrazione fisica o mutilazione di un’opera artistica, sia come appropriazione dell’originalità altrui attraverso l’imitazione, la copia, il plagio, sia infine come frutto di una violazione dell’intimità umana.

I “furti” qui rappresentati possono essere reali” (come testimonia la cornice vuota del Ritratto del Dottor Gachet, di Vincent van Gogh, 1890), fittizi (come nel caso di Stole Rug, il tappeto persiano rubato “su richiesta” di Richard Artschwager nel 1969) o addirittura riguardare un’opera inesistente (come quella di cui Maurizio Cattelan denunciò il furto nel 1991, per poi incorniciare ed esporre Untitled, il verbale redatto dai carabinieri). A un’altra forma di “furto” sono ricondotte le pratiche di contraffazione, copia, collages di “immagini” decontestualizzate provenienti da diversi media (cinema, web, cartoni animati): tecniche che mettono in discussione i concetti stessi di “autore” e di “opera finita”.

Infine vi sono furti che non riguardano l’arte (o l’”artisticità”) bensì i momenti privati di individui sconosciuti, sottratti alla vita quotidiana con un atto di “spionaggio” che trasforma l’operazione artistica in violazione di intimità. È ciò che succede nella serie The Hotel (1981), in cui Sophie Calle immortala gli oggetti degli ospiti dell’albergo in cui lavora, o nell’installazione video Blue Line (Holbein) (1988) con cui John Baldessari dimostra che anche gli spettatori ripresi a loro insaputa possano trasformarsi in soggetti d’arte. Insomma quest’ultima parte della mostra (che si chiude con l’esposizione di una serie di strumenti di intercettazione russi e tedeschi) suggerisce come qualsiasi oggetto comune possa elevarsi a opera d’arte se guardato esteticamente, estratto dal suo contesto abituale e trasformato in spunto di riflessione.

Che scaturisca dal desiderio di possedere materialmente un oggetto o dal bisogno di superare i limiti dell’originalità creativa rappresentati dai modelli iconografici preesistenti, il “furto” dell’arte ha sempre un effetto distruttivo, poiché riduce l’opera a mero oggetto senza scopo (non fruito né interpretato pubblicamente) e mortifica il genio tanto di chi “crea” quanto di chi “ruba”.

Paradossalmente sembra che solo i dettagli della vita quotidiana, strappati all’anonimo privato di individui qualsiasi, sappiano conservare un’originalità genuina e farsi inconsapevolmente arte. Mentre l’“autore” non è osservatore, interprete e intermediario di esteticità del reale che si fa da sé e che egli deve solo “cogliere”. Ad essere “rubato” è, in definitiva, l’atto creativo stesso.

Chiara Di Paola

L’image volée fino al 28 agosto 2016 Fondazione Prada, Largo Isarco 2 Milano Biglietto Intero – 10 € Ridotto – 8 € orari: lunedì / mercoledì / giovedì, 10 – 19 ; venerdì / sabato / domenica, 10 -21

 

 

AL LAC, MARKUS RAETZ VISTA LAGO

A Lugano, a settembre, è stato inaugurato uno spazio che, per chi si occupa di arte e cultura, si avvicina molto all’idea di paradiso terrestre. Si chiama LAC (Lugano Arte e Cultura) ed è il nuovo centro culturale dedicato alle arti visive, alla musica e alle arti sceniche; ha meno di un anno ma già si candida a diventare uno dei punti di riferimento culturali della Svizzera.

Al LAC, incredibile edificio a tre piani pieno di luce e affacciato sul lago, hanno sede il Museo d’Arte della Svizzera italiana (MASI), nato dall’unione tra il Museo Cantonale d’Arte e il Museo d’Arte della città di Lugano, e una sala concertistica e teatrale da 1000 posti, interamente rivestita in legno e dotata di una speciale conchiglia acustica modulare e rimovibile, che accoglie un ampio calendario di spettacoli performativi e concerti.

La prima mostra monografica ospitata dal MASI è dedicata a Markus Raetz, poco conosciuto ai più, è uno dei protagonisti della scena artistica svizzera contemporanea e artista sorprendente. L’esposizione nasce da una collaborazione con il Kunstmuseum di Berna e il Musée Jenisch di Vevey che ne hanno ospitato le prime tappe nel 2014; quella a Lugano assume particolare rilevanza non solo perché è la prima personale dedicata all’artista in Ticino, ma soprattutto perché include l’installazione intitolata “Chambre de lecture”, mai presentata al pubblico fino a ora.

Oltre 150 opere guidano il visitatore nel percorso artistico di Raetz dagli anni Settanta a oggi: tra parole, paesaggi e vedute, volti e fisionomie si segue il pensiero dell’artista come guardando un filo di fumo che corre, si arrotola e si sfugge via. Grazie a un approccio al tempo stesso ludico e concettuale questi soggetti, in apparenza semplici e accessibili, rivelano nelle creazioni di Raetz la complessità della realtà che ci circonda. Ampio spazio è dedicato all’opera incisa, ambito prediletto dall’artista che negli anni ha esplorato le varie tecniche calcografiche alla ricerca di una sempre maggiore libertà creativa. Le sperimentazioni grafiche di Raetz sono accompagnate da una parallela ricerca in ambito plastico come testimoniano le numerose sculture incluse nell’allestimento: si tratta sovente di opere che si trasformano sotto lo sguardo dello spettatore mutando aspetto e significato a seconda del punto di vista scelto. Una parola può quindi trasformarsi nel suo esatto contrario o il profilo del celebre artista Beuys apparire al tempo stesso come la sagoma di una lepre: nelle sculture di Raetz coesistono gli opposti e niente è come appare di primo acchito.

Presentata in uno spazio dedicato e distinto rispetto all’allestimento della mostra, la Chambre de lecture costituisce un ideale punto di partenza per avvicinarsi alla poetica di Markus Raetz. L’installazione è composta da 432 profili in filo di ferro modellati dall’artista e sospesi ordinatamente davanti alle pareti di una stanza. I profili si animano al più lieve spostamento d’aria, dando vita a una serie di affascinanti dinamiche. Contemplando il movimento delle teste si è portati al contempo a sorridere e riflettere. Come spesso avviene nelle opere di Markus Raetz, il passaggio dalla dimensione più universale a quella intimistica della fruizione è senza soluzione di continuità.

Lugano dista meno di 80 km da Milano e la proposta culturale del LAC è tale per cui il viaggio vale davvero la pena. Se questo può incentivare: il prossimo weekend è previsto brutto tempo, e la prima domenica del mese l’ingresso è gratuito.

LAC Lugano Arte e Cultura Piazza Bernardino Luini 6, Lugano Orari: Ma – Me, Do: 10:30 – 18:30 / Gi – Sa: 10:30 – 20:00 Intero: chf 15.- / Ridotto AVS/AI, over 65 anni, gruppi, studenti 17-25 anni: chf 10.- /Ingresso gratuito <16 anni, la prima domenica del mese

  

 

questa rubrica è a cura di Benedetta Marchesi

rubriche@arcipelagomilano.org

 


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