3 maggio 2016
Scrive Vito Antonio Airoldi ad ArcipelagoMilano – Gentile direttore, ottimo il suo ultimo editoriale, come sempre del resto. Ma, da cittadino romano, mi fa troppo onore. Roma, si direbbe in Puglia, “non c’ha più nemmeno gli occhi per piangere” e quindi non “guarda al passato” che non può tornare e manco al futuro. Roma aspetta, sospesa com’è tra un non più (capitale di uno Stato Nazione pienamente sovrano) e un non ancora. Domenica ho visitato la Crypta Balbi che fu il teatro di Lucio Cornelio Balbo, valoroso generale di Cesare. A pochi passi da lì si può immaginare la collocazione della porta Minucia frumenataria dove avvenivano le elargizioni gratuite di grano per i sudditi di Roma imperiale. Quella porta gli attuali residenti dell’Urbe ancora non ce la fanno a lasciarsela alle spalle. Del resto, non avendo gli occhi per riconoscerla non sanno come superarla. Una situazione magistralmente descritta in Cecità da Saramago. “È normale” direbbe Francesco Totti, moderno vate de ‘sta città che comunica co i piedi e ragiona de panza. Milano e Roma sono due città incommensurabili. La prima è oggi una gigantesca fabbrica di beni fittizi la seconda un cimitero su scala metropolitana disseminato di punti di ristoro.
P.S. Registro da Il Sole24ore che l’Università di Milano ha saggiamente deciso di abbandonare il progetto di trasferimento da Città studi a Expo. Tutte quelle panzane sulle sinergie tra Università ed enti privati di ricerca determinate dalla vicinanza fisica di cui si è discusso con grande sfoggio di retorica svaniscono dotate come erano della stessa consistenza logica della tipica fuffa milanese.