26 aprile 2016

MILANO AL VOTO. I CANDIDATI SON COME DRONI


Le ultime schermaglie tra Beppe Sala e Stefano Parisi su Expo ci dicono che in questa campagna elettorale (a Milano ma anche a Roma) si guarda più al passato delle città e non al futuro. La strategia è di fare le pulci all’avversario, sia nella sua vita privata sia nel suo passato pubblico. Per stare al gioco domandiamoci: quanto incide la vicenda Expo dal punto di vista dei bilanci delle due società – Expo2015 SPA e Arexpo SPA – sul futuro di Milano? Poco anzi pochissimo, altri sono i veri problemi: eppure quasi solo di questo si parla. La vicenda ha poi connotati così incerti che legarvi il futuro di Milano è miopia o ancor peggio stupidità. Basti pensare grossolanamente che in un caso – Expo 2015 – si tratta di una sociètà indubbiamente in liquidazione, avendo raggiunto ed esaurito il suo oggetto sociale – l’Esposizione – e quindi il compito di una valutazione è relativamente più facile, dovendo risponder quasi solo a una domanda: crediti più patrimonio – e quest’ultimo è già un interrogativo di per sé -, sono sufficienti a pagare i debiti? Avanzerà qualcosa per i soci? Dovranno svalutare la loro partecipazione?

01editoriale15FBPer Arexpo SPA il problema è analogo ma trattandosi di una società che parrebbe essere destinata a sopravvivere, il problema, fatti i conti, è: ha le risorse per continuare? I soci dovranno immettere altri capitali? Se sì, con quale obiettivo? Gli stessi capitali ma investiti altrimenti darebbero risultati migliori o peggiori? Per finire: si vuole solo salvare la faccia di un’operazione nata male e nel luogo sbagliato? La responsabilità di tutto questo dovrebbe ricadere sulle spalle di Beppe Sala? Parisi avrebbe fatto meglio? E su questo dilemma che dovremmo votare? Viene da ridere.

Dobbiamo andare a votare per decidere chi guiderà il Comune nei prossimi cinque anni, chi ha il profilo migliore per farlo, chi lo farà pensando al bene comune con onestà intellettuale e morale, una persona responsabile capace di scegliere tra interessi diversi nell’interesse della città, chi avrà il background di cultura e di saperi per gestire il pubblico e chi, infine, un programma lo ha in mente. Per ora nessuno.

I candidati volano sulla città come dei droni giocattolo, incapaci di alzarsi di poco sopra la testa della gente. Vanno nei mercati, nei quartieri, nelle “periferie”, nei circoli, nella migliore delle ipotesi visitano le associazioni di categoria: una parola per tutti, una stretta di mano, una promessa. Qua una riduzione di Area C, là un allargamento di Area C, qui un semaforo, qui una scuola, qui una bonifica di amianto, qui un asfalto da rifare, là un giardinetto, qui un fracasso da movida da contenere, là uno spazio di dehors sui marciapiedi da allargare, forse il vigile di quartiere per la sicurezza: la vecchia favola. Di tutto un po’, a ciascuno il suo.

E i grandi temi? Slogan. Tutti vogliono una città inclusiva, bella, dinamica, accogliente, attrattiva, giusta, sicura, sostenibile, ecologica e chi più ne ha più ne metta. Ma come? Con quali provvedimenti? Con che risorse? Inutile porsi le domande, questa città come sia “ciascun lo dice, dove sia nessun lo sa”. Uno sparuto drappello di elettori, veri rompicoglioni, vorrebbero anche sentir parlare di progresso economico, di rapporti con l’Europa, di collaborazione (non di competizione) con le altre città europee per risolvere le sfide del futuro e persino di Città Metropolitana, magari di urbanistica non di vicinato. Vorrebbero una “visione”! Non visionari ma visio-maniaci. Per fortuna son quattro gatti, pochi voti. Non danno fastidio, in qualche consesso un po’ sotto tono lasciarli sfogare è come mettere la ciliegina sopra la torta.

Ma un tema batte tutti: la “legacy” di Expo, come si dice ora (per gli anglomani che non conoscono l’italiano: il “lascito”). Stefano Parisi, per non essere da meno parla di un lascito negativo, fastidi e soprattutto poche ricadute per gli esercenti di bar e ristoranti: tutti in Expo soprattutto la sera disertando la città. Il massimo per un liberista a tutto tondo: ma il consumatore non va dove l’offerta è migliore?

Beppe Sala rivendica il successo di Expo. Sui conti dovrebbe stare tranquillo: i bilanci in Italia sono come la gomma da masticare, finché non c’e una dichiarazione di fallimento del tribunale si può dire di tutto, in bene e in male. Se però Renzi candidandolo gli ha detto “Beppe sta sereno” mi preoccuperei, soprattutto se il Pd dovesse perdere a Milano. Ma almeno lui dovrebbe dirci cosa pensa di fare perché la famosa “legacy”non vada dispersa. Ognuno per conto suo finché c’è slancio? I più forti e organizzati fanno la mietitura? Se non ci si pensa sul serio, tra qualche tempo la legacy somiglierà al mercato di Viale Papiniano quando le bancarelle vanno via e arriva l’Amsa.

Mancano cinque settimane alle urne. Sarebbe una bellezza avere risposte e programmi, ma questi ultimi sembra proprio nessuno li voglia fare, soprattutto sconsigliati dagli spin doctor: verba volant et scripta manent. Proprio così.

 

Luca Beltrami Gadola

 



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