19 aprile 2016

EDUCARE PER IL PRESENTE E IL FUTURO DEI BAMBINI DI MILANO


Milano è una città che cambia, che spesso anticipa i cambiamenti che poi si diffondono nel Paese, cambia il lavoro e le sue modalità, cambiano i sistemi di vita e di relazione tra le persone e gli affetti, tra genitori, in particolare le madri, e i figli piccoli. A Milano l’occupazione femminile è tra le più alte in Italia, una volta lavorare per una donna era più spesso eccezione che regola: ho vissuto da bambina gli anni Sessanta, in una famiglia tradizionale dove entrambi i genitori lavoravano, ma dove la mamma aveva tempi complessi dettati dai turni ospedalieri.

05bocci14FBAllora le categorie occupazionali femminili più diffuse erano caratterizzate da tempi di lavoro stabili per le donne (insegnanti dipendenti pubblici, impiegate), pensando a loro le amministrazioni locali avevano investito sui servizi educativi per l’infanzia. Anche oggi, ai tempi del precariato, del lavoro anomalo e saltuario, le scuole per i più piccoli, sono lette come strumento che risponde a un bisogno di conciliazione delle famiglie e delle donne, indicatori e cartina di tornasole di ricadute positive sul loro contesto e sulla vita familiare (si vedano gli “Obiettivi di Barcellona. Lo sviluppo dei servizi di cura della prima infanzia in Europa per una crescita sostenibile e inclusiva“).

Ma è una motivazione sufficiente ad investire più risorse su nidi e scuole d’infanzia? Chiediamoci se un asilo nido deve nascere e essere progettato soprattutto in risposta e su misura delle necessità degli adulti oppure confrontarsi con i desideri e i bisogni dei bambini e delle bambine, soggetti non indifferenti e indifferenziati portatori di istanze proprie e specifiche.

L’educazione dei più piccoli non può avere solo un significato strumentale in relazione al benessere di qualcun altro, ma è un diritto e un’opportunità per tutti loro, non uno di meno. Ed è responsabilità di tutti, di chi governa e della comunità intera farsi carico di promuovere il benessere, la crescita di saperi e conoscenze e lo sviluppo delle capacità di relazione di tutti i suoi cittadini, a partire dai più piccoli.

Non è allora sufficiente allora dire che l’obiettivo è aumentare i posti e ridurre i costi, per procurare benessere alla comunità intera. Non deve essere sufficiente, bisogna continuare a occuparsi della qualità del servizio e aggiornarlo con i nuovi stimoli che arrivano dai bambini e dal contesto, investendo costantemente sulla formazione di chi educa. Perché quei bambini stiano meglio ‘adesso’, oltre che per sviluppare in loro maggiori capacità che li attrezzeranno per la vita adulta, ad avere maggiori opportunità di successo formativo e quindi di lavoro.

Milano spende per le sue scuole infanzia circa 130 milioni di euro (considerando anche costi di gestione manutenzione delle sue strutture edilizie, e di funzionamento) il contributo dello Stato è minimo: 10 milioni più 8 in contributo all’assistenza ai bambini disabili. Milano è all’avanguardia in Italia con 175 scuole dell’infanzia e 104 Nidi comunali direttamente gestiti, 34 Nidi e 2 Centri Prima Infanzia affidati alla gestione delle cooperative e 143 nidi privati accreditati.

In tutto sono 33.000 i bambini accolti nei nidi e scuole d’infanzia comunali, coprendo il 30% della domanda sotto i 3 anni e il 70% tra i 3 e i 6 anni. 3000 sono le educatrici coinvolte. Il Comune ha aumentato del 19 % i posti acquistati in convenzione dai privati nell’ultimo anno, e investito 1/5 in più dell’anno precedente sul sostegno alla disabilità. Un impegno importante, teso ad eliminare croniche liste d’attesa.

Occorre uno sforzo più grande, e la destinazione di risorse ancora maggiori all’educazione per l’infanzia, ripartendo l’impiego dei fondi in parti uguali tra l’incremento della disponibilità di posti e il miglioramento della qualità del servizio. Qualità che è proporzionale all’investimento sul personale, che dovrà essere adeguato per numero e formazione, di partenza e in itinere, per educare al meglio, senza rinunciare a sperimentare perché i bambini sono troppo numerosi.

Qualità che è il risultato di possibilità e intersezioni tra esperienze e competenze diverse: educative relazionali, creative e laboratoriali dentro e fuori le mura delle scuole. La vita quotidiana dei bambini tra asili nido e scuola dell’infanzia è diretta alla costruzione di un senso che ha valore di per sé, valore materiale di conoscenza di cose e dell’altro, di apprendimento fatto di interazioni di saperi e linguaggi diversi, di sviluppo e abitudine alla relazione, al confronto tra pari. Il nido e la scuola materna non sono solo un luogo dove stare, ma un luogo dove fare: esperienza, comunità, scoperta.

Estendere quantitativamente l’accesso ai servizi educativi 0/6 non è garanzia sufficiente di buona scuola, perché sono gli standard qualitativi che fanno la differenza, i contenuti e la continuità della formazione del personale, a cui deve essere riconosciuto il valore di un compito educativo prezioso e unico. Chi governa e decide dovrà avere sempre più la capacità di creare costanti momenti di confronto tra tutti gli attori che si occupano di educazione per l’infanzia a Milano e oltre i propri confini, tra chi lavora nei servizi e chi ricerca, esterno imparando e capitalizzando le esperienze formative ed educative che Milano ha sperimentato negli ultimi decenni.

Su questi aspetti si è ricominciato ad investire, promuovendo riflessioni articolate (Dire, Fare, Educare) e ospitando a Milano iniziative nazionali di approfondimento e scambio di buone pratiche come in occasione del convegno Nidi e Infanzia “Curriculo è responsabilità” dello scorso febbraio. Un necessario momento di confronto articolato di esperienze per educatori, formatori, amministratori, e famiglie, ha introdotto e definito i livelli essenziali e la continuità del percorso educativo 0/6 anni. Completa la svolta positiva la riapertura del Centro di Documentazione che raccoglie materiale pedagogico didattico e legislativo, e ha funzione anche di centro di incontri, di ricerca e consulenza, collettore delle esperienze passate e presenti a Milano, in Italia e all’estero.

Tanti passi in una direzione giusta, che hanno contribuito al riconoscimento di Unicef a Milano come città amica dei bambini, secondo nove passi che tra gli altri comprendono la partecipazione attiva dei bambini, un impegno adeguato di risorse e strutture permanenti che assicurino attenzione prioritaria alla prospettiva dei bambini. Questo dobbiamo fare: metterci nella loro prospettiva per definire politiche e investimenti, allargando lo sguardo oltre le nostre necessità, per rispondere alle loro aspettative, proprio a partire dall’offerta dei servizi educativi. “I bambini pensano grande” scrive un grande maestro, Franco Lorenzoni. Proviamo a farlo anche noi, ascoltandoli con attenzione.

Paola Bocci

 



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