20 aprile 2016
Stiamo smantellando il sito, si affacciano nuovi progetti, nel territorio l’orma di Expo ha decisamente lasciato i suoi segni, ma come definire “l’impronta culturale” che l’esposizione ha tracciato nelle idee e nelle pratiche, nelle scelte e nei comportamenti, a livello locale, nazionale e internazionale? Abbiamo ormai la giusta distanza per poterne tracciare un profilo e cogliamo una occasione: quella offerta dalla presentazione che il Comitato Scientifico del Comune di Milano per Expo 2015 ha fatto della sua pubblicazione “Dopo Expo: eredità e prospettive – Da Milano all’Italia il contributo del mondo scientifico, delle istituzioni e della società civile”.
É una restituzione alla città, in una sorta di indice ragionato, della fioritura di iniziative scientifiche e culturali che hanno accompagnato l’Expo e della rete di collaborazione nata tra centinaia di istituzioni, associazioni e imprese, a livello internazionale, nazionale e locale promossa dal Comitato. È una occasione anche per noi per cercare di mettere in ordine, di ricapitolare nel vero senso della parola, nel lascito di Expo alla città e non solo, individuando le cornici di senso emerse dal racconto dei protagonisti del Comitato Scientifico.
*Expo ha svolto una funzione di catalizzatore rispetto al sistema Milano, questa la considerazione che affiora in ogni ambito di riflessione, come acceleratore di processi, imponendo l’internazionalizzazione come prospettiva obbligata e le piattaforme di collaborazione come condizione di metodo.
*La scia che Expo ha lasciato nelle istituzioni italiane si legge in forma compiuta in parlamento in ambito legislativo: la legge sullo spreco alimentare, la messa a punto del piano strategico del biologico, l’educazione alimentare tra i contenuti della Buona scuola.
*Il consolidamento della dimensione internazionale di Milano, attraverso il Food Policy Pact: Expo è stata l’occasione per agganciare Milano al discorso pubblico politico sull’evoluzione del pianeta e ai grandi appuntamenti sulle prossime sfide, partecipando alla definizione dei Millennium goals dell’ONU degli accordi di COP 21. Il patto dei sindaci riguarda i sistemi locali di alimentazione in ordine alla sostenibilità ambientale e all’equità: raccomandazioni sulla governance generale, sulla sostenibilità delle diete, sull’accesso al cibo (equità sociale), sulla filiera produzione e distribuzione, sulla lotta agli sprechi.
Il patto è stato sottoscritto da 120 città: 12 italiane, 50 europee, e le restanti da tutti 5 i continenti. È una eredità concreta sui contenuti che presuppone un monitoraggio sui tempi e modi delle adozioni delle singole pratiche. La FAO ha sposato il progetto con la disponibilità del suo direttore generale a sostenere il monitoraggio, e organizzando come evento annuale la riunione dei sindaci: nel 2016 si terrà a ottobre a ridosso di Habitat 3, che detterà l’Agenda urbana mondiale.
*Milano ha riscoperto e reimmaginato i propri spazi dentro e fuori le mura, le sue piazze e i suoi territori di prossimità: il tema della agricoltura periurbana, il parco Sud e il distretto agricolo DAM promosso dai suoi fittavoli. Scoprirsi metropoli rurale e prendere coscienza che agricoltura e città soffrono gli stessi problemi, e quindi possono condividere un impegno comune verso la sostenibilità, è stato un salto cognitivo collettivo.
Notevole poi quello che potremmo chiamare il “cambio estetico” negli occhi di quegli stessi abitanti che l’hanno vissuta da sempre, ma che solo ora riconoscono Milano come oggetto del desiderio, una città bella.
La sensazione è quella di riuscire a cogliere ancora approssimativamente i contorni di questa impronta culturale, stante la profondità dei temi affrontati e la miriade di soggetti coinvolti tra società civile, istituzioni e soggetti di responsabilità pubblica. Resta soprattutto ancora da definire chi sia realmente in grado di fare sintesi: con quali strumenti? Chi indicizza i dati e le informazioni? Chi le raccoglie, aggrega e interpreta? Poniamoci la questione perché questa ricchezza non resti un giacimento inesplorato.
Giulia Mattace Raso