12 aprile 2016

CITTÀ METROPOLITANA: LE CONDIZIONI PER L’AVVIO E LA CRESCITA


La proposta di piano per la Città Metropolitana di Milano cade in un momento affascinante ma difficile, affascinante per l’intensità delle innovazioni dirompenti che coinvolgono la gestione delle città, difficile a causa della rapidità e importanza dei cambiamenti.

06longhi13FBQuesta situazione in uno scenario dicotomico: uno straordinario affollamento nell’offerta di progettazione metropolitana accompagnato a una carenza sostanziale di creatività. Riguardo alla molteplice offerta di strumenti di pianificazione o di agende metropolitane essa ha partorito il risultato di generare una piattaforma asimmetrica, in cui confluiscono istituzioni diverse che operano, come si vedrà, con grandi difficoltà informative e conoscitive.

L’inflazione di offerta è testimoniata dalla presenza delle iniziative organizzate da Habitat intorno al tema dell’Agenda urbana, cui si accoda la Commissione dell’UE, Direzione generale per la politica regionale e urbana, con una programmazione straordinariamente ambiziosa dal titolo “No time for business as usual”, né si può dimenticare il Piano Operativo Nazionale Metropoli (PON Metro) dell’Agenzia nazionale per la coesione, con il corollario dei Piani Operativi Regionali, per finire con i  piani strategici delle singole aree metropolitane, elaborati da quel che resta delle provincie divenute metropoli per “decreto presidenziale”.

Si è creata, di fatto, una struttura complessa, la piattaforma, che sulla carta dovrebbe funzionare come sistema aperto caratterizzato da un’alta intensità di feedback fra le diverse istituzioni sopra citate, in modo da trasformare la complessità in moltiplicatore di sviluppo e di coesione. In realtà i soggetti della piattaforma si caratterizzano, con poche eccezioni, per rapporti formali, bassa interazione, bassa propensione alla creatività a causa delle asimmetrie conoscitive esistenti fra i soggetti delle diverse istituzioni.

Infatti le asimmetrie fra i diversi soggetti non sono solo informative e causate da difficoltà  nella circolazione delle informazioni, ma sono in gran parte conoscitive, in termini di differenziali di conoscenza sui processi di innovazione tecnologica, strategica e organizzativa, generati dai processi di rigenerazione metropolitana sostenibile (vedi Maurizio Baravelli, Knowledge Asimmetries, Gruppo di discussione “Crescita, Investimenti e Territorio”, Facoltà di economia, Firenze 19 febbraio 2016). Quindi il problema non è tanto superare l’incompletezza delle informazioni sui singoli progetti quanto il gap generale di conoscenza orizzontale e verticale, che separa i diversi mondi impegnati nella progettazione metropolitana; nella consapevolezza che mentre le asimmetrie informative sono colmabili in tempi relativamente brevi, attraverso l’acquisizione accelerata di informazioni, le asimmetrie conoscitive non sono facilmente superabili se non a condizione di inserire la pubblica amministrazione in network della conoscenza di alta qualità. Infatti, vi è una sostanziale differenza tra informazione e conoscenza: mentre l’informazione deriva dall’elaborazione di dati, la conoscenza è l’organizzazione di fatti e di idee.

In questa visione l’avvio della progettazione a scala metropolitana deve assumere come variabile chiave lo sviluppo del capitale umano, per aumentare l’efficacia collaborativa e la produttività delle piattaforme. Ciò richiede un forte cambiamento culturale, nuovi approcci e modelli operativi e, soprattutto, nuovi modelli di imprenditorialità pubblica. L’obiettivo ambizioso della progettazione metropolitana diventa di tipo organizzativo: far evolvere un corpo tecnico amministrativo educato a proporre progetti regolamentativi nella direzione di un corpo proattivo e industrioso impegnato a generare progetti creativi.

Questo processo, orientato alla creatività, deve compiersi a ritmo accelerato perché, come sostiene Michael Spence (premio Nobel per l’economia 2001) la risorsa più scarsa e più preziosa nell’attuale “seconda età della macchina”, guidata dalle tecnologie e dalle economie digitali, non sarà il lavoro ordinario, né il capitale ordinario, ma le persone che possono creare nuove idee e innovazioni.

Quindi il ruolo del Piano strategico della Città metropolitana è segnare il passaggio da una progettazione ordinativa, basata sul mito dell’efficacia redistributiva e sul contenimento dell’uso delle risorse a una progettazione in grado di stimolare nuovi processi innovativi dal punto di vista tecnologico, economico e sociale.

Questo principio implica l’avvio di un processo articolato in:

– progettazione di un’adeguata piattaforma, intesa come un ecosistema ad alta connettività, promosso dalla pubblica amministrazione e composto da sapere, cittadini, imprenditori, con il ruolo di  ‘acceleratore’, per accorciare le asimmetrie fra la metropoli policentrica di Milano e le altre aree metropolitane italiane, a partire da quella di Napoli (per sottolineare il ruolo fondamentale delle due metropoli maggiori come promotrici di una rinnovata idea di unità nazionale), e con le aree metropolitane europee;

– sviluppo di sinergie attive con il PON metropoli e integrazione con le opportunità finanziarie, dai finanziamenti a tasso 0 della BEI alle risorse private, per indicare al Paese un processo di innovazione che contribuisca a farlo uscire dalla crisi.

L’azione della BEI, infatti, sottolinea che con il costo del credito uguale a 0, e un costo del lavoro decrescente, il reale generatore della ventennale crisi di produttività italiana è la scarsità della materia prima creatività.

Di conseguenza la Città Metropolitana milanese deve con urgenza avviare il processo di sfruttamento della miniera costituita dai data base della pubblica amministrazione (ossia le attività di stoccaggio, la lavorazione e la libera trasmissione del flusso di dati generati da cittadini e settore pubblico). Essa è la materia prima del nuovo sviluppo industriale, basato su internet delle cose. Ugualmente, occorre promuovere nuove infrastrutture per l’allargamento della base delle conoscenze, che favoriscano anche l’importazione e lo scambio di ogni forma di sapere, per elevare le capacità delle risorse umane metropolitane.

Dilatare pensiero e relazioni sembra essere la mossa strategica per un piano di sviluppo metropolitano veramente efficace.

 

Giuseppe Longhi

 



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