12 aprile 2016

 A PROPOSITO DEL PIANO STRATEGICO DELLA CITTÀ METROPOLITANA


Città metropolitana di Milano si appresta ad approvare il suo primo Piano strategico, quello che secondo le aspettative più generali dovrebbe dare il segno della nascita di questa una nuova istituzione. Quello che dovrebbe indicare la strada forte e chiara della politica pubblica alla scala dell’area metropolitana. Ma in una situazione paradossale.

07biscardini13FBLa Città metropolitana nata debole, inserita dal governo all’interno di un provvedimento più generale di spending review, nata con un’elezione di secondo grado negando a tre milioni di cittadini il diritto di voto per l’elezione diretta del suo Sindaco e del suo Consiglio Comunale, senza la partecipazione diretta dei cittadini e con una debolissima partecipazione dei comuni che la compongono, ha subito nel corso di questi primi due primi anni di vita un’ulteriore indebolimento politico.

Lo stato centrale che l’ha istituita le ha subito fatto mancare le risorse per partire, comprese quelle per mantenere un livello decente di personale per lo svolgimento delle funzioni fondamentali, peggiorando la sua efficacia amministrativa anche rispetto alle così tanto vituperate province. La Regione ha avuto paura che la Città metropolitana nascesse riducendo il suo potere politico ed è corsa ai ripari con provvedimenti sovraordinati e mortificanti.

Il Comune di Milano, che avrebbe dovuto sentire la responsabilità di contribuire a far nascere questo nuovo ente facendosi capitale e capoluogo dell’area metropolitana, ha deciso di tirarsi fuori, qualche volta persino contrapponendosi e lavorando contro, in generale non svolgendo neppure quel ruolo di coordinamento che in fondo gli spettava dalla coincidenza del Sindaco di Milano con quello della Città metropolitana. Pisapia non ci ha mai creduto e si è dedicato ad altro.

In questo clima politicamente perverso si approva un Piano strategico sostanzialmente inutile. L’esatto contrario di ciò che avevamo bisogno. Un piano senza strategia e senza visione. Una sorte di piano manutentivo dell’esistente, mezzo analitico e mezzo shopping list, che nulla ha di strategico e nulla ha di sintetico. Quella sintesi, tanto necessaria sul piano dei contenuti e dei valori, perché potesse essere spesa anche sul piano politico, come espressione di volontà per non morire.

La Città metropolitana aveva bisogno di esprimersi attraverso una proposta semplice ed esplicitabile nei modi più chiari possibili a tutti (non con 200 e rotte pagine di testo). Una visione politica forte almeno su quattro grandi questioni: la strategia territoriale, la strategia ambientale, la strategia economica per una nuova politica industriale e produttiva, l’individuazione degli strumenti per recuperare le risorse necessarie a realizzazione ciò che si vuol fare.

Il piano é invece tutto il contrario. Anzi è l’espressione di tutto ciò che non doveva essere. Una somma di aggettivi buoni per fare la pubblicità di un prodotto per la casa, che non parte dall’idea che l’area metropolitana milanese c’è già, (non è una “amalgama” indistinto), ha una sua struttura insediativa, economica e infrastrutturale forte, ma va perfezionata e costruita partendo dalle grandi questioni sul tappeto. E soprattutto non è un area con un buco in mezzo, Milano.

È possibile che il piano strategico della Città metropolitana sottovaluti che sul tappeto bisogna dire la propria sul dopo Expo? Sui milioni di metri quadri di aree non utilizzate anche nella città di Milano? È possibile che non si dica pressoché nulla di chiaro sul sistema universitario e della ricerca e non si dica nulla sul sistema sanitario? Nulla sul recupero e sul perfezionamento della rete idraulica a partire anche dal progetto di riaprire i Navigli in Milano. E nulla sulle linee strategiche per uscire dalle crisi economica con l’obiettivo di più lavoro e meno disparità di reddito e di ricchezza.

È possibile che non colga il bisogna di guardare anche oltre i propri confini verso il sistema policentrico della grande area metropolitana milanese e lombarda? Quindi non coglie il problema di fondo, che solo le città sono il motore della ripresa economica e Milano potrebbe ancora essere il motore della ripresa economica del paese. Insomma una piano strategico vuoto, persino sbagliato nel titolo. “Milano” e non Città metropolitana; “metropoli” e non sistema policentrico della area metropolitana milanese, “possibile” e non quella che vogliamo.

Tutte parole che la dicono lunga sul basso livello di proposta e di prospettiva che un Piano in un momento così delicato della situazione politica avrebbe dovuto consigliare. Un Piano che avrebbe dovuto essere “un urlo” disperato per evitare l’agonia di questa nuova istituzione. Un Piano di lotta contro chi vuole una Città metropolitana debole e subalterna e un Piano di governo per fare le cose che occorre fare, poche ma importanti.

È stato fatto invece l’esatto contrario di quello che doveva essere fatto nel merito e nel metodo, per costruire almeno quella cultura metropolitana ancora tutta da impiantare. Come ai bei tempi andati quando molti piani, anche nella prima repubblica, soprattutto quelli regionali e provinciali, si facevano tanto per farli, l’importante era non dire niente, così i manovratori non venivano di certo disturbati. Quindi un occasione persa. Speriamo che almeno dalla elezione del nuovo consiglio comunale di Milano si possa cambiare registro.

Roberto Biscardini
Capogruppo Lista Civica Costituente per la Partecipazione
Consiglio Metropolitano



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