12 aprile 2016

“OSEZ!”: L’AMBIZIONE DELLA PIANIFICAZIONE STRATEGICA ALLA FRANCESE E MILANO


I manifesti della stagione in corso all’Opera di Parigi, che per mesi hanno colpito gli sguardi di chi ha camminato per i grandi boulevard della capitale francese, declamavano, al modo imperativo, un solo motto: «Osez!». Ed è proprio con questo stesso spirito appassionato e determinato a un tempo che le istituzioni parigine, e ancor meglio quelle francesi, hanno costruito negli ultimi anni un serio piano di crescita sostenibile per il territorio dell’Ile-de-France.

10cadenazzi13FBIl progetto Grand Paris per la capitale francese si sviluppa infatti su un orizzonte ultradecennale e fissa l’obiettivo di rendere tutta la région parisienne un polo di eccellenza mondiale in termini di innovazione e sostenibilità, oltre che secondo criteri di attrattività di investimenti e di livelli di competitività. Lanciato nel 2007 dall’allora Presidente della Repubblica francese Nicholas Sarkozy, tale progetto è il risultato di un accurato processo che ha previsto una consultazione avviata nel biennio 2008-2009 e condotta sotto la supervisione dell’allora Governo Fillon II, alla quale ha fatto seguito, nel 2010, l’istituzione della Société du Grand Paris (SGP) e dell’Atelier International du Grand Paris (AIGP).

Questi enti hanno rappresentato i veicoli essenziali per la concezione, la pianificazione e la realizzazione delle infrastrutture, materiali e di concetto, adatte a permettere all’area metropolitana parigina di essere annoverata fra le prime cinque global cities del mondo per attività economiche e per livelli eccellenti di sviluppo sostenibile. In particolare, l’AIGP, composto di rappresentanti dello Stato, del Governo, della regione e dell’associazione dei sindaci dell’Ile-de-France, ha avuto il merito fondamentale di consentire l’avvio di una concertazione costruttiva fra tutti gli attori coinvolti, perché potessero dibattere e vagliare, insieme, ipotesi di trasformazione dell’area urbana parigina e del territorio che la circonda.

L’Atelier è stato dotato anche di un comitato scientifico, al quale hanno preso parte diversi esperti di sviluppo urbano non soltanto francesi, ma provenienti da tutta l’Europa, chiamati a effettuare analisi e studi per la valorizzazione della città, per sperimentare soluzioni innovative e per mettere a punto un percorso di crescita per il territorio. Il progetto ha continuato a prendere forma anche nel momento in cui François Hollande è stato eletto Presidente della Repubblica francese nel 2012, ovvero nel periodo dei due Governi Ayrault e dei due Governi Valls. Ed è stato proprio il Primo Ministro attualmente in carica, Manuel Valls, considerando il progetto un volano essenziale dello sviluppo dell’Ile-de-France e dell’intero Paese, a confermare, tra luglio e ottobre 2014, la volontà di darvi piena attuazione, creando un comitato interministeriale ad hoc per il Grand Paris, invitando parallelamente il Parlamento a rivedere gli statuti territoriali, per permettere un’accelerazione dei tempi di realizzazione.

Emerge dunque chiaramente l’approccio inclusivo usato dalle istituzioni francesi, e in particolare dalle due Presidenze, per quanto di colore politico opposto, che si sono succedute a partire dal 2007, nel delineare un programma di sviluppo coerente per la capitale del Paese e maggiore città di Francia. A monte è stata presa una decisione inderogabile: la costituzione di un gruppo di lavoro di alta competenza che potesse definire una visione di lungo periodo, ovvero all’orizzonte 2030, per la città di Parigi e per la sua area metropolitana. Le riflessioni, i dibattiti e il clima di confronto costante fra le parti hanno permesso di definire nel dettaglio tre leve principali intorno alle quali costruire le azioni concrete che dovranno permettere di ottenere i risultati previsti dal progetto Grand Paris: un programma di riorganizzazione del territorio metropolitano, declinato nella realizzazione di nuovi quartieri intelligenti (70.000 nuovi edifici l’anno), il completamento e l’estensione dei trasporti urbani e periurbani (70 nuove stazioni e 4 nuove linee metropolitane), e, allo stesso tempo la nuova struttura del sistema di governance da applicare. Ciò ha portato alla definizione concreta di sette cluster strategici per il territorio, tutti collocati alle porte di Parigi: per la ricerca e l’innovazione tecnologica, per i commerci e le esposizioni internazionali, per le scienze mediche, per l’innovazione digitale, per la finanza, per l’industria aerospaziale e per la città sostenibile.

È curioso osservare come, secondo un approccio totalmente innovativo, l’istituzione della metropoli del Grand Paris, in vigore dal 1° di gennaio di quest’anno, non sia stata ritenuta una precondizione necessaria alla successiva messa a punto di un piano strategico, ma come piuttosto, nel rispetto di una logica pienamente inclusiva, la concezione dell’organizzazione e delle funzioni sia stata ritenuta essa stessa parte integrante del piano strategico, cosicché il nuovo ente potesse essere meglio disegnato per meglio rispondere ai bisogni metropolitani.

La Città Metropolitana di Milano ha appena approvato il piano strategico metropolitano per il triennio 2016-2018. In effetti, nel pieno rispetto dello statuto, il piano si sviluppa su un periodo di tre anni: è un intervallo molto ridotto, che non permette né la crescita né il lancio della città sulla scena internazionale, figuriamoci poi l’attrazione degli investitori e l’incremento dei livelli di competitività per l’intera area urbana. Una metropoli come Milano necessita e ancor più merita un cammino molto più ricco e profondo, che supera le logiche limitate della politica di breve termine e che deve risultare da un incontro fra le più interessanti iniziative “dal basso”, quelle della società civile in tutte le sue forme, e le politiche – nel senso di policies – “dall’alto”, concepite dalle migliori amministrazioni pubbliche e declinate secondo procedure e performance chiare e puntuali.

Il piano strategico metropolitano milanese, invece, pur ispirandosi a principi notevoli di progettualità, creatività e coesione, manca di definire in modo mirato e concreto le azioni specifiche per il territorio, e non descrive con la dovuta precisione le leve e gli strumenti che consentiranno nel tempo di accrescerne i livelli di attrattività e di competitività. Sull’esempio dell’esperienza francese del progetto Grand Paris, Milano può permettersi di osare molto e di più: nel dialogo con gli altri livelli istituzionali per il reperimento di maggiori risorse – è indispensabile battersi per riaffermare il primato di Milano quale capitale economica italiana e ottenere di conseguenza il giusto sostegno dal governo di Roma – nella pianificazione di infrastrutture metropolitane, così come nella fissazione di ambiziosi obiettivi di performance che consentano di fare di Milano una delle maggiori realtà nell’ambito delle reti economiche, scientifiche e socio-culturali europee e internazionali.

Audentes fortuna iuvat, proclamava Virgilio: immaginare, credere e ancor più osare, ecco l’atteggiamento che Milano deve adottare nel suo entusiastico proiettarsi verso il domani.

Matteo Cadenazzi
Direzione Affari pubblici di ERDF, Électricité Réseau Distribution France, Parigi

 



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