5 aprile 2016

“COME IN UN ISTANTE DÉJÀ VU…”. UNA MATTINA AI TAVOLI DI SALA


Magari lo fosse veramente, tutto sommato, bello e malinconico come nella canzone di Guccini … . La giornata organizzata sabato scorso al Siam dal candidato sindaco Sala per lavorare sui temi della campagna elettorale sa invece di già visto nella forma, mentre nella sostanza non fa rivivere lo spirito le Officine per Pisapia del 2011, e non è difficile percepirlo. È qualcosa di diverso, eppure ricalca il passato, forse nell’intento – non del tutto esplicitato – di rassicurare ostentando continuità anche di metodo. Gli argomenti da sviscerare ci sono tutti, come sempre, dalla partecipazione all’abitare, dalla mobilità al design, scuola e ambiente, con quindici tavoli la mattina e altrettanti il pomeriggio, distribuiti nelle spaziose aule della storica scuola nel centro di Milano; i cittadini ci sono, i candidati in pectore delle diverse liste pure, così gli assessori, e i giovani volontari dalle magliette bianche.

03poli12FBSpuntano, attaccati alle giacche, i primi simboli delle liste, spicca l’arancione della neonata Sinistra x Milano. È allora che non capisci più, se la differenza che si coglie nell’aria rispetto al già vissuto dipenda da te – vale a dire da disposizioni personali cambiate nel tempo – oppure dalla circostanze stesse, al di là dell’involucro rimasto pressoché immutato. L’Aula Magna dove si svolge il tavolo (molto allargato) sulla rigenerazione urbana è piena fino al livello più alto; quasi quaranta, nelle quasi tre ore, gli interventi che si susseguono, tra architetti, collaboratori delle istituzioni, rappresentanti di associazioni e semplici cittadini. Al centro, come in altre occasioni, i temi delle periferie, degli scali ferroviari, l’edilizia residenziale pubblica, gli spazi recuperati e da recuperare.

I discorsi fanno emergere competenze, sono puntuali nei tempi, spesso propositivi e concreti, a volte astratti, offrono linee e spunti di sicuro interesse per il candidato sindaco che deve ancora costruire e conoscere molto della città. Non mancano i fiori all’occhiello sparsi dei risultati già raggiunti. Un limite di fondo pervade tuttavia i contributi: quel tono “espositivo”, da assemblea di primi della classe dove ognuno dice la sua. Pareri e soluzioni operative non si incrociano e non si confrontano mai direttamente. Inevitabile forse, con tanta gente … .

Rompono però le righe le poche parole del professor Battisti che, controcorrente, domanda alla platea e ai coordinatori a che titolo ci si ritrovi tutti lì a portare idee e fare emergere contenuti. Esatto, a che titolo e con quale autorevolezza o possibilità di influire: questo andrebbe chiarito, fin da questo nuovo inizio. Perché, altrimenti, investire energie che rischiano di cadere nel vuoto? E questo non per errori o uno scherzo del destino, bensì sulla base di uno schema stabilito in partenza, ormai rodato. Anche Battisti ha già partecipato all’esperienza delle Officine ed è forse per questo che, anche lui, ha un mezzo déjà vu quando parla del “lutto di un impegno che non ha avuto poi nessun seguito”; similitudini e differenze si intersecano, nel bilancio di passato e presente, lasciando in sospeso dubbi in serie. Fatto sta che, con Battisti, i partecipanti un po’ assopiti per tanti racconti e proposte già sentiti si risvegliano e, almeno in una certa misura, si identificano nelle critiche espresse; già, perché le perplessità dell’architetto si potrebbero traslare anche ad altri tavoli.

Si gira in libertà, cogliendo frammenti di idee: giornata gratificante, questa, per soddisfare il desiderio di partecipazione che anima ancora la cittadinanza attiva e non manca di coinvolgere, ci mancherebbe, nuove persone; cresciute in questi anni, si affacciano per la prima volta alla scena politica cittadina. Per altri, che tutto questo l’hanno già attraversato, rimane invece un senso di inutilità e di amaro, come non potessero fare a meno di leggere, disincantati, la strumentalità di eventi così funzionali, sia dal punto di vista mediatico sia nel soddisfare la voglia di esserci, individuale e collettiva.

È in questo momento che viene allora di ricordare a quanti tavoli ci siamo seduti, fisicamente o idealmente, dal 2011 in poi: le Officine hanno fatto scuola, poi ci sono stati i tavoli nelle zone, le due giorni dei Comitati, la “Milano domani” del PD che ha costituito comunque un punto di riferimento per la giornata al Siam … . La vita politica è tutta un tavolo! Chiunque abbia partecipato a questi tipi di incontri non può fare a meno di porsele, alcune domande. Per esempio, benché non sia dato saperlo con certezza, se Sala e il suo staff credano veramente in questa formula abusata del confronto aperto per costruire il programma; o se non si tratti piuttosto di un cliché, una prassi, un modo per tentare di accontentare i più, cioè la cosiddetta politica “dal basso” e chi la rappresenta. Quasi tutti sanno che le decisioni si prendono altrove, altri i sistemi. Le variabili nella scelta dei progetti che un’amministrazione porterà avanti sono altri e dipendono da aspetti che vanno dalla politica stessa alle risorse economiche disponibili. Certo, gli spunti non si buttano via, neppure le competenze, ma sono sempre subordinati ad altro.

Per tutta la mattina il candidato Sala gira anche lui da un’aula all’altra, ascolta. All’ora di pranzo fa una sintesi, ma viene da pensare che avrebbe potuto dire le stesse identiche cose in qualunque caso, anche senza l’apparato di quest’evento. La giornata vede tra i partecipanti presenze costanti e intramontabili, più qualche inaspettato ritorno, forse in vista del prossimo impegno elettorale. Ma anche tante assenze. Il ricambio è normale, generazionale, addirittura auspicabile, eppure colpisce la defezione di persone che avevano condiviso un percorso e tanti piccoli percorsi, nei Comitati, nelle zone, nei quartieri. Niente da fare, i più entusiasti sono i nuovi. Gli altri, i vecchi, non capiscono bene se si sentono così scettici e disillusi appunto perché sono invecchiati o perché è invecchiata la formula, quest’idea un po’ limitata di partecipazione estratta dal cilindro ora che la campagna elettorale entra nel vivo e sempre pronta a essere ripescata nei momenti critici in cui si cerca il coinvolgimento unanime.

Non si tratta di pregiudizi nei confronti di Sala, né di pensieri nostalgici rivolti al passato anziché al futuro; potrebbe in fondo essere anche il migliore dei sindaci possibili, Sala (se non fosse che buona parte della sinistra milanese si è trovata invece a doverlo accettare a forza, poco a poco …). Si è critici semmai verso un sistema di coinvolgimento che non appare più così fresco e convincente. Nei cortili del Siam, nei momenti di pausa, c’è chi confida agli amici che comunque non sarebbe mai mancato all’appuntamento, nonostante l’entusiasmo in calo; chi invece punta tutto su Sala con decisione e ottimismo. Si discute quasi meglio “fuori dai tavoli”, è l’occasione , come sempre, per lavorare un po’ dietro le quinte, cominciare a capire che volto avranno le liste.

Eppure, la consapevolezza che il processo decisionale segue un altro corso non può non attraversare e pervadere come un’ombra i pensieri dei presenti. Per vincere occorrono emozione e impegno, senza trascurare però la realtà. Sala ora ha tutto l’interesse – e questo non è un male se si vuole ottenere un buon risultato – a riprodurre l’atmosfera e i punti di forza dell’era Pisapia. Con la differenza che, cinque anni fa, i neofiti della politica potevano sognare, ora hanno i piedi ben piantati per terra.

 

Eleonora  Poli

 

 



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